La strage senza fine
Gaza è il cimitero dei bambini: ogni 10 minuti ne muore uno, quasi 8mila neonati rischiano la vita nella Striscia
Condizioni igienico-sanitarie disastrose, niente cibo e poca acqua, ospedali bombardati. Sono già 15mila i bambini uccisi da Israele nella Striscia
Esteri - di Umberto De Giovannangeli
Gaza, l’infanzia cancellata. Un neonato è morto per ipotermia nella Striscia di Gaza; è l’ottava vittima del freddo nelle ultime settimane. Ne ha dato notizia il ministero della Sanità di Gaza.
Yousef Anwar Klubb, di soli 35 giorni, è spirato al Mawasi, nel sud della Striscia, “in conseguenza delle difficili condizioni climatiche e del freddo intenso”, si legge in una nota. Altri sei bambini e un giovane sono morti nella stessa zona, dove migliaia di profughi vivono in condizioni precarie. Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unrwa), sono 7.700 i neonati a rischio. Oltre alla difficilissima situazione dovuta al clima, come si diceva sopra – è bene ripeterlo – un neonato è morto per ipotermia nella Striscia di Gaza; è l’ottava vittima del freddo nelle ultime settimane.
Unrwa è anche tornata a denunciare gli attacchi continui contro le strutture sanitarie. Dalla settimana scorsa, quando l’esercito israeliano aveva fatto irruzione e arrestato oltre 200 persone fra cui medici e infermieri, è fuori uso l’ospedale Kamal Adwan di Beit Lahia, il più grande del nord dell’enclave. “Da ottobre 2024, la zona attorno alla struttura è stata obbiettivo di oltre cinquanta attacchi”, ha riferito sempre Unrwa. Secondo un recente rapporto dell’Unicef, sono oltre 160 i bambini uccisi a Gaza in poco più di un mese. Si tratta di una media di quattro bambini al giorno dall’inizio di novembre. Si tratta di una media di quattro bambini al giorno dall’inizio di novembre. Ogni dieci minuti, dice l’Onu, a Gaza muore un bimbo. E due restano feriti. Oltre 15mila i bimbi uccisi su un bilancio complessivo di quasi 46mila morti nella Striscia. Ci sono 800mila bimbi sfollati e tutte le mamme gazawi hanno imparato a scrivere nome-cognome-cellulare sulle manine dei piccoli, con la biro, perché è un attimo perderli e non ritrovarli mai più.
Cinque neonati palestinesi sono stati lasciati morire nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale pediatrico Al-Nasr di Ga-za: tutti i medici e gli infermieri della struttura erano stati obbligati ad andarsene dall’esercito israeliano, che sosteneva all’interno del nosocomio si nascondessero miliziani di Hamas. A renderlo noto l’Euro-Mediterranean Human Rights Monitor, che ha chiesto l’istituzione di una commissione d’inchiesta internazionale indipendente per fare piena luce sull’ennesima tragedia che ha visto protagonisti dei minori all’interno della Striscia di Gaza. A Gaza più del 40% della popolazione ha meno di 14 anni.
“A Gaza – dichiara la Direttrice generale dell’Unicef, Catherine Russell – non c’è uno spazio sicuro, né un senso di stabilità per i bambini, che non dispongono di beni di prima necessità come cibo, acqua potabile, forniture mediche e vestiti caldi mentre le temperature invernali scendono. Le malattie prevenibili continuano a diffondersi rapidamente, tra cui più di 800 casi di epatite e più di 300 casi di varicella. Migliaia di bambini soffrono di eruzioni cutanee e infezioni respiratorie acute. Il clima invernale aumenta le sofferenze dei bambini. Il mondo non può distogliere lo sguardo quando così tanti bambini sono esposti quotidianamente a spargimenti di sangue, fame, malattie e freddo. Chiediamo con urgenza a tutte le parti in conflitto, e a coloro che hanno influenza su di esse, di intraprendere un’azione decisiva per porre fine alle sofferenze dei bambini, di rilasciare tutti gli ostaggi, di garantire il rispetto dei diritti dei bambini e di aderire agli obblighi previsti dal diritto internazionale umanitario”.
Si muore di freddo e di fame. È l’allarme lanciato da Save The Children: “I bambini di età inferiore ai cinque anni e le donne incinte o che allattano sono più vulnerabili alla malnutrizione poiché i loro corpi hanno un maggiore bisogno di sostanze nutritive. Un bambino affetto da malnutrizione acuta ha 11 volte più probabilità di morire per malattie infantili comuni, inclusa la polmonite, e quasi la metà dei decessi tra i bambini sotto i 5 anni a livello globale sono legati alla malnutrizione. Tuttavia, questa rischia di essere solo la punta dell’iceberg: le difficoltà nella raccolta e nella verifica dei dati nella Striscia a causa di problemi di sicurezza, di restrizioni di accesso e distruzione delle infrastrutture, rendono impossibile verificare il numero esatto dei soggetti a rischio o che soffrono già di mal-nutrizione. Somayya*, 37 anni, madre di sette figli, e la sua famiglia sono dovuti fuggire dal Nord di Gaza lo scorso anno e adesso vivo-no in un rifugio per sfollati a Deir al-Balah, nel centro della Striscia. Il figlio più piccolo, Ali*, ora in cura presso una clinica di Save the Children, è così gravemente malnutrito che ha sviluppato l’osteomalacia o “malattia delle ossa molli”, che lo rende incapace di muoversi o camminare. “Mio figlio ha un anno e mezzo ed è malnutrito. I suoi fratelli alla sua età camminavano ed erano ben nutriti. Ora non c’è cibo, né altro. Ali* non riesce a camminare, né a stare su una sedia, non riesce nemmeno a gattonare. Non mangia uova, né carne, né latte. Non abbiamo nulla”, ha detto Somayya*.
“Quanto accaduto nell’ultimo anno ha distrutto le fondamenta stesse della vita a Gaza e minaccerà il futuro dei minori palestinesi per le generazioni a venire. È straziante vedere bambini così piccoli privati di ogni speranza. Infortuni che cambiano la vita, fame, crisi sanitaria ed educativa. L’impatto cumulativo di tali danni, a tutti i livelli, non mette a rischio solo la vita dei bambini ogni giorno, ma anche il loro futuro. Stiamo facendo tutto il possibile per rispondere ai bisogni dei più piccoli, continueremo a chiedere il rispetto dei diritti dei bambini e del diritto internazionale, per tutto il tempo necessario, e che vengano accertate le responsabilità quando ciò non avviene. Occorre un cessate il fuoco immediato e definitivo. Ogni giorno senza cessate il fuoco diventa sempre più difficile aiutare i bambini a rimettere insieme i frammenti delle loro vite. Per migliaia di loro è già troppo tardi”, ha dichiarato”.
Shaymaa, 8 anni, racconta ad una operatrice dell’Unicef: “Ero a casa quando è iniziato il bombardamento e stavo giocando con i miei fratelli. Mio padre era fuori a preparare il fuoco perché mia madre ci voleva cucinare la pasta. All’improvviso la casa accanto alla nostra è stata bombardata e un pezzo di metallo mi è caduto addosso, tagliandomi il braccio. Mio pa-dre ha fermato un’auto e mi ha portato in ospedale. Sulla strada per l’ospedale, c’è stato un altro bombardamento e lì ho perso una gamba. Vorrei riavere il mio braccio, la mia ma-no e la mia gamba per giocare ancora con i miei amici”. Ramadan, 11 anni: “Stavo dando da mangiare alle mie anatre e alle mie galline, e all’improvviso è stata bombardata una ca-sa di fronte alla nostra, sono svenuto. Quando mi sono svegliato non avevo più la mia gamba. Come andrò a scuola? Come correrò? Come giocherò con i miei amici? Mi vergogno”.
Jason Lee, responsabile di Save The Children nei Territori palestinesi, dice di aver visto «medici e infermieri completamente sopraffatti mentre i bambini arrivavano con ferite da esplosione. L’impatto nel vedere i piccoli soffrire così tanto e non avere le attrezzature e le medicine per curarli o alleviare il dolore è troppo forte anche per i professionisti più esperti». Così si vive e si muore a Gaza. E il mondo sta a guardare.
(*I nomi sono stati modificati per esigenze di protezione).