Il Quirinale bacchetta la destra

Migranti e Palestina, Mattarella sferza Meloni e il suo governo: “Il diritto d’asilo è sacro”

Rivolto agli ambasciatori Mattarella esalta i trattati a tutela degli stranieri. Ma Meloni fa spallucce: “Farò funzionare l’hub in Albania ad ogni costo”

Politica - di David Romoli

17 Dicembre 2024 alle 08:00 - Ultimo agg. 17 Dicembre 2024 alle 11:05

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Foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica
Foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica

Il presidente della Repubblica, nel discorso di ieri agli ambasciatori, sembra bacchettare il governo. Alcuni passaggi sembrano sferzare le posizioni dell’esecutivo, in particolare la scelta di sottolineare l’importanza del “diritto di asilo per lo straniero cui venga impedito nel suo Paese l’esercito delle libertà democratiche”. Oppure l’esaltazione delle Convenzioni internazionali e delle “Corti di giustizia che ne sono derivate, a tutela dell’applicazione degli ordinamenti”.

In realtà il capo dello Stato, stavolta, non intendeva prendere di mira il governo, neppure nelle sue forme sempre estremamente diplomatiche e attente a non esorbitare dalle proprie sfere istituzionali di competenza. L’obiettivo era anzi ricondurre, anche a costo di alcune forzature, la politica estera del governo in carica nel solco di quella tradizionale della Repubblica. Però, per quanto ci si possa sforzare, quelle forzature non possono bastare e lo scarto finisce per emergere. Questione di accentuazione e di scelta dei punti da evidenziare perché nel discorso di Mattarella di ieri non c’è niente che il ministro degli Esteri e neppure la presidente del Consiglio non rivendicherebbero come proprie. Quando mai si sono schierati contro il diritto d’asilo in sé?

Ma certo a nessun ministro sarebbe venuto in mente di citarlo come elemento eminente della politica estera italiana, come fa invece Mattarella. E la Corte di giustizia che il presidente esalta per palazzo Chigi è invece oggi l’ostacolo che rende fallimentare il protocollo italo-albanese. Una spina nel fianco della premier che, nel comizio conclusivo di Atreju, non ha mancato di citarlo e con i toni più bellicosi: “I centri in Albania funzioneranno dovessi passarci ogni notte sveglia di qui alla fine del governo”. Il problema è che quando Chigi e il Colle parlano di diritto d’asilo o di rispetto per le Corti di Giustizia europea non intendono la stessa cosa, non attribuiscono a quei princìpi la stessa importanza e inevitabilmente si vede.

Lo si vede anche nei passaggi del discorso di Mattarella nei quali, in apparenza, la convergenza è invece piena. Il presidente, come aveva già fatto dopo l’incontro con Abu Mazen, è molto esplicito e drastico nel sottolineare la necessità urgentissima della nascita dello Stato palestinese: “Guardando alla Palestina va ribadito fermamente che, per la Repubblica Italiana, l’autentica prospettiva di futuro risiede nella soluzione a due Stati. È un obiettivo privo di alternative. Perseguire l’obiettivo, ravvicinato, della statualità palestinese significa offrire al popolo della Cisgiordania e di Gaza un traguardo di giustizia e una convincente prospettiva di speranza per il futuro, condizione irrinunziabile anche per una finalmente solida garanzia di sicurezza per Israele”. Sulla carta è anche la posizione del governo, che però non è mai stato così perentorio e drastico, quasi ultimativo. Né ha mai fatto seguire all’esortazione quasi doverosa alcun atto concreto, alcun tentativo reale di forzare la mano a Netanyahu per spingerlo a sospendere l’offensiva su Gaza e permettere la nascita dello Stato palestinese.

Su un punto la convergenza, almeno per ora, è reale. Nonostante i toni non siano bellicisti, al contrario, e nonostante tutto il discorso sia dedicato a esaltare l’importanza della diplomazia in contrasto con il ricorso alle armi, sull’Ucraina la posizione di Sergio Mattarella non è mutata di una virgola nel corso di questi tre anni, così come non è mutata quella di Giorgia Meloni. Il presidente lo dice forte e chiaro: “L’Italia, continuerà a lavorare affinché siano rispettati parametri essenziali, quali il rispetto del diritto internazionale; l’integrità territoriale ucraina; il principio della sicurezza nucleare; il rilascio dei prigionieri di guerra; la restituzione alle famiglie dei bambini ucraini rapiti e condotti in Russia; l’accesso sicuro ai porti del Mar Nero e del Mar d’Azov, anche a beneficio della sicurezza alimentare al livello globale”.

È letteralmente impossibile immaginare che un leader con l’esperienza di Mattarella non si renda conto che una posizione del genere non lascia spazio alcuno alla diplomazia. Sia lui che la premier sono però decisi a insistere, almeno per il momento, su questa linea di fatto rigida. Non è un particolare irrilevante. Le critiche del capo dello Stato al governo possono essere implicite e a volte quasi apertamente esplicite. Ma lo schieramento dell’Italia a favore della linea intransigente sull’Ucraina, in contrasto con quasi tutto il resto della destra europea, fa scudo a Giorgia Meloni soprattutto a Bruxelles ma un po’ anche nei rapporti con il Colle.

17 Dicembre 2024

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