La figuraccia d'Albania

Cosa afferma il decreto per deportare i migranti in Albania: solo fuffa dal governo da zero in diritto

Il ministro Nordio ci ha regalato due perle. In primo luogo ha spiegato che il dl anti-migranti risolve il contrasto con il diritto internazionale: peccato che il diritto internazionale, come sa uno studente del primo anno di legge, prevale sempre sulle leggi nazionali. In secondo luogo il ministro ha detto che di fronte al contrasto tra norme nazionali e internazionali, il giudice dovrà rivolgersi alla Consulta. Falso anche questo. La Corte ha stabilito già dal 1984, che il giudice può disapplicare la fonte interna senza rivolgersi a nessuno

Politica - di Salvatore Curreri

25 Ottobre 2024 alle 08:00 - Ultimo agg. 25 Ottobre 2024 alle 09:48

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Foto Mauro Scrobogna / LaPresse
Foto Mauro Scrobogna / LaPresse

1. Il decreto legge (n. 150/2024) approvato lunedì scorso dal Governo effettivamente supera le criticità emerse a seguito della sentenza del Tribunale di Roma? Oppure, com’è stato scritto, è un decreto inutile? Quali saranno i suoi effetti sui giudici che dovranno pronunciarsi sulle domande di protezione internazionale dei migranti? Si possono ipotizzare nuovi contrasti tra governo e magistratura? Su queste domande cerchiamo di fare chiarezza, anche perché molte sono state le (volute) inesattezze propagandate dal Governo.

2. Il punto di partenza è la cosiddetta procedura di frontiera applicata ai migranti provenienti dai Paesi ritenuti sicuri e che, per questa ragione, prevede l’esame – meglio: il respingimento – in tempi rapidi delle loro domande di protezione internazionale (rifugio politico e protezione sussidiaria). La definizione di Paese sicuro è prevista dall’Unione europea (art. 37 direttiva 2013/32) ma sono i singoli Stati europei a identificarli. Da qui la paradossale conseguenza che un Paese ritenuto sicuro da uno Stato non lo è per un altro. Nel nostro Paese la lista dei paesi sicuri era fino a lunedì scorso stabilita con decreto interministeriale, da ultimo aggiornato lo scorso 7 maggio.

3. La Corte di giustizia dell’Unione europea, con la ormai famosa sentenza del 4 ottobre, interpretando la normativa europea, ha sancito che un Paese non può essere considerato sicuro se una parte del suo territorio non lo è. In forza di tale pronuncia, il Tribunale di Roma, con sentenza del 18 ottobre, ha ritenuto che i migranti provenienti dall’Egitto e trasportati in Albania non potevano sottostare alla suddetta procedura accelerata di frontiera lì applicata perché provenienti da Paesi non sicuri, non perché – si badi – provenienti da parti insicure del territorio di quei Paesi ma perché personalmente perseguitati, come ammesso dallo stesso Governo. Di conseguenza, la decisione dei giudici romani riguarda non solo il protocollo con l’Albania ma la procedura accelerata applicata a tutti i migranti provenienti da paesi che, ancorché ritenuti per legge sicuri, alla prova dei fatti sicuri del tutto non sono: insomma riguarda la provenienza dei migranti, non la loro destinazione.

4. A seguito di tale sentenza il Governo ha approvato il citato decreto legge perché – Nordio dixit – elevando il livello della disciplina che identifica i Paesi sicuri da secondario (decreto interministeriale) a primario (decreto legge) si sarebbe risolto il contrasto con la fonte europea per come interpretata dalla Corte di Lussemburgo. Una affermazione che il Ministro si è consentito di esprimere in conferenza stampa ma che se fatta ad un esame di diritto costituzionale non gli avrebbe risparmiato una sonora bocciatura perché – come qualunque studente di giurisprudenza sa – le fonti dell’Unione europea direttamente applicabili prevalgono sempre sulle fonti nazionali, primarie o secondarie che siano. È scritto in Costituzione all’art. 117.1 (“La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”, corsivo nostro) e, guarda caso, in materia specifica proprio riguardo al trattamento giuridico degli stranieri, dall’art. 10.2 secondo cui “La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali”.

5. Se il contrasto permane, allora perché è stato approvato il decreto legge? Siamo di fronte ad un decreto inutile perché i giudici potrebbero comunque disapplicarlo, continuando a non convalidare il trattenimento dei migranti soggetti alla procedura accelerata di frontiera? Scriviamo disapplicarlo perché – ed è la seconda perla che il Ministro ci ha regalato – non è vero che di fronte ad un contrasto tra normativa nazionale e normativa europea il giudice debba sollevare questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale. Come stabilito fin dal 1984 dalla Corte costituzionale, infatti, affinché in caso di contrasto il diritto nazionale si adegui immediatamente a quello dell’Unione europea, il giudice non deve adire la Corte costituzionale (il che comporta inevitabilmente l’attesa della decisione, con conseguente trascorrere del tempo) ma può immediatamente disapplicare la fonte interna. Come esattamente ha fatto il Tribunale di Roma.

6. Ma tutte queste cose il ministro Nordio le sa bene, forse meglio di chi scrive. Se ha voluto fare quelle affermazioni è solo per propaganda politica, per dimostrare cioè che il Governo aveva resistito a Bruxelles riaffermando la propria sovranità. Del resto l’attuale presidente Meloni nella scorsa legislatura aveva presentato un disegno di legge costituzionale (ripreso in questi giorni sotto forma di emendamento da alcuni parlamentari leghisti) per sancire la supremazia del diritto sovrano nazionale su quello europeo. In realtà, il Governo non poteva che adeguarsi alla decisione della Corte di giustizia europea, peraltro espressamente richiamata in premessa del decreto legge per motivarne la straordinaria necessità e urgenza richiesta dalla Costituzione. Per questo ha soppresso il riferimento che consentiva di applicare la procedura accelerata di frontiera ai migranti provenienti da Paesi considerati sicuri anche se parti del territorio non lo erano. D’ora in poi quindi un Paese deve essere sicuro in tutto il proprio territorio.

7. Invece il decreto legge non ha soppresso il riferimento che consente di considerare sicuro un Paese anche se non lo è per determinate categorie di persone. È questo sarà con molto probabilità il nuovo fronte di scontro con la magistratura. Infatti il Tribunale di Roma, come evidenziato, interpretando estensivamente la sentenza della Corte di Lussemburgo, ha ritenuto che un Paese non è sicuro non solo se una parte del suo territorio è insicura ma anche quando perseguita determinate categorie di persone per motivi lesivi del principio d’eguaglianza: sesso, razza, lingua, religione, etnica, opinioni politiche, condizioni della persona. Motivi che danno diritto alla singola persona di ottenere il rifugio politico giustappunto perché perseguitato.

Il Governo, insistendo nel definire sicuro un Paese che perseguita tali minoranze, provocherà quasi sicuramente la reazione dei giudici i quali dovranno a questo punto, per sciogliere il nodo interpretativo, rivolgersi alla Corte di giustizia UE per chiedere conferma della conformità di tale interpretazione governativa al diritto UE. In attesa che la Corte si pronunci passerà del tempo; il tempo esattamente che occorre al Governo per negoziare in sede europea la modifica della definizione di Paese sicuro: sia quella vigente, sia quella prevista dal nuovo Patto per l’immigrazione che la sostituirà dal 12 giugno 2026 e che, alla luce della sentenza della Corte UE, dovrà essere necessariamente rivista almeno laddove fa riferimento alle parti del territorio statali non sicure.

8. Ecco allora a cosa serve il decreto legge: a prendere tempo. L’ha intuito, con acutezza, la collega Sileoni, su la Stampa. Ma in vicende come queste, in cui sono in gioco i destini delle persone, il tempo non è una variabile indipendente. Il rischio, infatti, è che in tutto questo tempo i migranti che avrebbero diritto ad una valutazione specifica della loro situazione, rischiano di essere sommariamente respinti. Ma questa non è una novità per il Governo disposto a tutto purché i migranti se ne vadano.

 

25 Ottobre 2024

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