Il responsabile immigrazione Pd

Intervista a Pierfrancesco Majorino: “Questa è una destra alla Dottor Stranamore, va sconfitta sui diritti”

«Il punto non è la rissa sfiorata nel consiglio regionale lombardo, quanto il Ddl Sicurezza, che andrebbe chiamato “Ddl Repressione”. Si rischia un indebolimento della democrazia. Bisogna sfidarli sul terreno sociale. Schlein che va a Pomigliano è il racconto di quello che stiamo costruendo»

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

10 Dicembre 2024 alle 08:00

Condividi l'articolo

Photo credits: Alessandro Amoruso/Imagoeconomica
Photo credits: Alessandro Amoruso/Imagoeconomica

Pierfrancesco Majorino, responsabile Politiche migratorie e Diritto alla Casa nella Segreteria nazionale del Partito Democratico e capogruppo PD Alla Regione Lombardia: lei è stato nei giorni scorsi protagonista di una quasi rissa nell’aula dell’Assemblea regionale della Lombardia con Romano La Russa, fratello della seconda carica dello Stato. Un fatto politico non derubricabile a cronaca. Cosa racconta questa vicenda?
Premesso che tecnicamente io non ho messo le mani addosso a nessuno, cosa che non posso dire per altri come mostrano le immagini, il punto per me è semplicemente questo: qual è il limite invalicabile? Mi spiego: da mesi nel Consiglio regionale lombardo, e sinceramente ho l’impressione che ciò accada anche altrove, siamo di fronte ad aggressioni verbali continue da parte della destra, nonché da gesti che raccontano di una certa cultura autoritaria. Penso ad esempio ad un fatto che ha destato molto poco rumore e certamente non quanto ne meritava: nel settembre del 2023 la maggioranza della destra, appoggiandosi ad un cavillo regolamentare, ha dichiarato inammissibile una raccolta firme promossa da esponenti della società civile per un eventuale referendum regionale concernente la sanità pubblica. In pratica attraverso un gesto arrogante – ovviamente ora la cosa è materia di un ricorso – la destra ha detto ai cittadini: non vi facciamo nemmeno partire con la vostra mobilitazione che aveva al centro il diritto alla salute. Non potete neppure raccogliere le firme. Parto da qui perché poi il filo è lo stesso.

Qual è questo filo?
Siamo di fronte ad una certa fibrillazione autoritaria che io leggo nelle parole di Romano La Russa – personalità che viene dalla storia del Movimento Sociale e dal passato abbastanza discutibile – che si è concretizzata in quella sua accusa ripetuta in più occasioni nei nostri confronti. Ancora una volta, e ripeto, non era la prima, La Russa ci dice che siamo legati ad una storia di violenza politica. Lo fa esplicitamente. Si potrebbe perfino sorridere in modo compassionevole verso persone che invecchiano male, visto la fama consolidata riguardante lui e il Presidente Senato, e il fatto che questa accusa fosse rivolta a persone come me ed altri che manco andavamo all’asilo quando loro in piazza facevano di tutto, ma in realtà se ci pensiamo bene siamo di fronte ad accuse brutte e gravi. Ecco che allora nel mio gesto non c’è stata, come ho letto qua e là, una sorta di “perdita di controllo” o nemmeno l’aver ceduto ad una “provocazione”, ma semmai la volontà di far capire che per l’appunto il limite era stato superato. Il mio è stato un gesto assolutamente consapevole realizzato per il decoro delle istituzioni.

Non crede che a sinistra e più in generale nell’opinione pubblica progressista vi sia una non comprensione piena dei marcati tratti identitari della destra che governa l’Italia?
Sì, lo credo. Ne sono pienamente convinto e non penso che si tratti di una questione solo italiana. La destra di oggi, a differenza di quella liberale di anni fa, nel mondo è quella del Dottor Stranamore. Fa mille sforzi per sembrare accettabile e ben educata ma poi le scatta il braccio teso. Del resto, questa cosa proprio l’Unità la racconta oramai quotidianamente lanciando allarmi sulle scelte vergognose relative alla repressione del dissenso, o alla gestione della deportazione dei migranti. La destra di oggi è nazionalista e solo apparentemente sociale, desiderosa di ricercare il capro espiatorio. Perché sta in piedi e costruisce consenso, quando ce la fa, alimentando la sensazione di insicurezza che favorisce la paura e il rancore. E questo porta da che mondo è mondo alla legittimazione della risposta autoritaria. Ciò non significa che ci troviamo di fronte ad un “regime” perché grazie al cielo proveniamo da forti tradizioni democratiche, ma certamente stiamo conoscendo un indebolimento progressivo della democrazia e del sistema della rappresentanza. Guardate, il punto non è tanto la rissa sfiorata nel consiglio regionale lombardo, alla fine anche una piccola cosa, quanto il Ddl Sicurezza, che preferisco chiamare Ddl Repressione grazie a cui perfino dei lavoratori che bloccano il traffico per qualche ora per aver perso il proprio posto di lavoro possono finire in carcere. O ancora quel che si è sentito dire il segretario Cgil Landini, che ha posto un tema essenziale di legittimità del conflitto nel gioco democratico, per non parlare, lo ripeto, della narrazione atroce che accompagna i migranti. Tutto questo, che avviene in una sorta di piano inclinato apparentemente indiscutibile, per me porta ad un processo di indebolimento della democrazia italiana.

La Costituzione repubblicana è nata dalla resistenza antifascista. Eppure, a distanza ancora oggi a destra, anche nei suoi massimi vertici, dirsi antifascista è tabù.
Questo è vero, indiscutibilmente. Del resto, “loro” sono quelli che si vestivano da nazisti a carnevale come ci ricorda il loro album fotografico di famiglia. E oggi non sono cambiati, magari aggiungono giusto qualche lacrima di coccodrillo versata in occasione del Giorno della Memoria. Credo che siamo dalle parti della cronaca molto nera ed oggettiva. Anche se, a dirla tutta, la cosa che mi preoccupa di più non è tanto la relazione con il fascismo e l’antifascismo di ieri quanto la regressione civile nel dibattito di oggi. Torno al consiglio regionale lombardo: lì siede, assolutamente indisturbato, Vittorio Feltri. Il quale, cito testualmente, ha detto che “sparerebbe in testa agli extracomunitari” e che i musulmani sarebbero “una razza inferiore”. Come opposizioni abbiamo preparato una mozione che lo invita a farsi da parte, mozione che ovviamente ancora non ci è stato possibile mettere ai voti, ma vi pare possibile che tutto ciò venga trattato come un fatto di battutine inopportune? Non è un signore che passa per caso. È uno dei punti di riferimento della destra culturale ed è persona che ha portato pure un bel po’ di voti a Fratelli d’Italia. Feltri non è dunque una scivolata. È il racconto perfetto della spirale dell’odio con la quale siamo chiamati a fare i conti.

Securitarismo, aggressività verbale, e non solo, l’avversario come nemico… È allarme nero?
Diciamo la cultura autoritaria. La quale, peraltro, produce i suoi danni maggiori non tanto nei confronti degli esponenti politici delle opposizioni quanto rispetto alle lotte sociali e civili che stanno crescendo sotto la pelle del racconto ipocrita di Giorgia Meloni, la quale mostra una propensione piuttosto sviluppata alla criminalizzazione di qualsiasi forma di dissenso.

Si dice: demonizzare questa destra non aiuta a sconfiggerla. Parliamo di proposte concrete etc. Ma contro questa destra non è fondamentale anche una battaglia culturale?
Come mi è già capitato di dire sul vostro giornale la battaglia culturale, anche proprio quella riguardante quali modelli sia giusto promuovere, è essenziale. E va intensificata. Poi la destra di oggi va sfidata sul terreno sociale. Diritto ad una sanità pubblica ed efficiente, diritto ad un salario dignitoso e alla difesa del lavoro, diritto alla casa, allo studio. Questi per me sono i terreni su cui far crescere l’alternativa alla destra, direi proprio il “discorso dell’alternativa” intesa come ricerca comune di proposte e parole che tengano assieme lo schieramento più ampio possibile. Che poi, a dirla tutta, più che armi per sfidare la destra queste sono le ragioni che motivano l’esistenza stessa nel nostro Paese della Costituzione, nonché il ruolo storico della sinistra. Non gioco con le parole ma vado alla sostanza. Dobbiamo difendere il decoro delle istituzioni, contrastare l’uso osceno delle parole – e delle Leggi – ma soprattutto dobbiamo promuovere un discorso in positivo, di cambiamento netto, audace, radicale, che metta al centro la persona. Per me l’immagine di Elly Schlein che va a Pomigliano abbraccia le lavoratrici e i lavoratori, difende il lavoro e chiede fondi per la conversione ecologica è il racconto di quello che stiamo costruendo e dobbiamo essere sempre di più. Il nostro corpo a corpo con la destra, che è la destra peggiore e più pericolosa che il Paese ha conosciuto dal dopoguerra ad oggi, deve essere fatto promuovendo i diritti sociali, i diritti civili e innanzitutto il diritto al futuro. Negli occhi di tante ragazze e di tanti ragazzi, di tante e tanti cittadini, c’è incertezza e sensazione di precarietà. La sensazione di insicurezza si può affrontare in due modi…

Quali?
Da questa sensazione si può uscire a destra, con la spirale insicurezza, paura, subdola repressione o a sinistra, promuovendo l’estensione dei diritti. Perché questo accada serve intensificare la lotta alle diseguaglianze. Il che richiede coraggio e concretezza. E le nostre proposte vanno tutte in questa direzione, da quelle riguardanti il salario a quelle su sanità o diritto all’abitare.

Che anno è stato quello che sta finendo e quali le speranze per quello che sta arrivando?
È stato un anno di crisi globali e grandi incertezze. L’insicurezza permanente è ciò che ci sta segnando. Facciamo di tutto perché il 2025 sia l’anno del diritto al futuro.

10 Dicembre 2024

Condividi l'articolo