Parola al parlamentare dem

Intervista a Roberto Morassut: “Schlein ha aperto il Pd, la gente ti ferma per strada per chiedere alla sinistra di stare unita”

«La protesta cresce e fa bene la Cgil a interpretarla con lo sciopero generale che raccoglie e incanala una rivolta che può proporsi in forme rabbiose. L’assenza dalla partecipazione e dalla democrazia è un carburante inerte che può essere infiammato dal populista di turno»

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

3 Dicembre 2024 alle 08:00

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Photo credits: Sara Minelli/Imagoeconomica
Photo credits: Sara Minelli/Imagoeconomica

Incontriamo Roberto Morassut, parlamentare e membro delle Direzione nazionale del Partito democratico.

Se dovesse scattare una fotografia della sinistra oggi, cosa vedrebbe?
La fotografia è mossa. Tutto è aperto a ogni esito. C’è una fase nuova, indubbiamente. La schiacciante preponderanza della destra sancita dal voto politico del 2022 non c’è più. C’è stata una reazione nel Paese e anche nel campo politico delle opposizioni. Si è rimessa in moto una coscienza antifascista e la strada dell’unità tra le forze di opposizione ha ritrovato un suo percorso abbastanza definito. Questo anche grazie ad Elly Schlein che ha ricollocato il ruolo del Pd, ha riaperto canali di interlocuzione con la società e con le parti più in difficoltà del mondo del lavoro, delle professioni e dell’impresa. Il Pd si presenta meno chiuso nelle istituzioni e cerca tenacemente e pazientemente, come Elly ha fatto in questi mesi, la strada per unire le opposizioni in una coalizione che aspiri presto a governare. Il voto nelle tre regioni – poteva essere un 3-0 anche con la Liguria ma lì, nonostante la straordinaria prestazione di Orlando, la coalizione non era unita – si deve a questo nuovo clima, ad ottimi candidati e il Pd sale nelle percentuali perché interpreta meglio di tutti il ruolo guida e il ruolo di forza unitaria. La gente ti ferma per strada, in queste settimane. È ti dice una cosa sola: state uniti.

Le affluenze al voto continuano ad essere basse, in Emilia sotto il 50%: in questa condizione si può parlare di vittorie elettorali o di svolte?
Sì, si può parare di vittoria. Vanno a votare quelli più motivati, quelli che hanno convinzione e restano a casa i dubbiosi, gli scontenti. Stavolta le parti si sono invertite. Questo va colto. In generale, certamente, viviamo in una democrazia “a bassa intensità” ma questo è un dato mondiale, direi epocale e sarebbe miope, come vedo fare e sorrido, dare spiegazioni italiche perché è il modello delle democrazie liberali a soffrire, a scricchiolare. Questo mondo di oggi somiglia a quello del XVII secolo: grandi progressi scientifici e tecnologici e classi dirigenti sclerotizzate, chiuse nel loro potere e nella loro ricchezza. È un mondo che non può durare così. Non vi sarebbero i populismi, i sovranismi, gli echi di guerra che viviamo, la povertà dilagante. Nessun grande magnate della finanza e dell’informazione si permetterebbe di dichiarare morto uno Stato o di irridere ai Parlamenti se la democrazia fosse forte e radicata. Anzi il contrario, la democrazia soffre in tutto il mondo proprio perché appare non utile, non in grado di garantire una sufficiente giustizia sociale e di opportunità per tutti e non in grado di organizzare il coro chiassoso e indistinto di voci e di opinioni, di sentimenti e di volontà che lo sviluppo dei social ha prodotto. È un problema mondiale che a livello nazionale si può attenuare in modo molto molto relativo anche se qualcosa si può fare riformando profondamente gli istituti parlamentari, l’organizzazione dello stato nei territori, la forma dei partiti. La sinistra deve però interpretare questa nuova epoca ritrovando una forma di coordinamento internazionale, non solo europea, e muovendo intelligenze critiche, pensiero. Una cosa scomoda, che mette in discussione le élites esistenti, ma inevitabile, sennò si muore….

La destra, in Italia, in che parte della fotografia può essere collocata?
La destra sta “scollinando”, per dirla in gergo ciclistico. Nel senso che la sua ascesa è finita o per lo meno rallentata o sembra tale. Tutto è aperto, quindi aspetterei a dare giudizi definitivi. Però è certo che inizia a vivere difficoltà importanti sia sul piano elettorale, sul piano dell’azione di governo e sul piano dell’unità tra i vari partiti della coalizione la cui colla interna sembra sgretolarsi. Questo è in parte fisiologico, in parte è il risultato di due anni di governo nei quali non ha prodotto alcun cambiamento positivo reale nella vita del paese, anzi le cose sono peggiorate dal punto di vista della crescita economica e delle condizioni di vita delle fasce più deboli. La protesta cresce e fa bene la Cgil ad interpretarla con iniziative di massa, con lo sciopero generale che, diversamente da quanto si dice, raccoglie e incanala una rivolta che può proporsi in forme rabbiose. Del resto, vediamo che la violenza attraversa il corpo sociale in tante forme: negli stadi, nella cronaca quotidiana… C’è tanta rabbia in giro. E poi non dimentichiamo che quella assenza dalla partecipazione e dalla democrazia è un carburante inerte ma che può essere infiammato dal populista di turno. Perché in questo mondo di specchi e di riflessi abbacinanti la demagogia è una serpe che cambia la pelle ma non il veleno e si ripresenta stagione dopo stagione in forme nuove e diverse.

Quindi va bene la piazza?
Va bene la piazza, va bene la protesta, va bene fare fronte contro la destra e contro le ingiustizie. Si deve fare. Ma non basta perché deve esserci la pars costruens in ogni movimento sociale. Qui c’è da lavorare ancora molto. Tra le opposizioni deve nascere un “patto di unità d’azione” – se vogliamo restare alle terminologie usate agli albori dell’antifascismo. Non basta un “fronte popolare” o “repubblicano”. Punterei a costruire un momento unitario delle opposizioni, gli “Stati Generali” di un’alleanza democratica che faccia intravvedere un programma di governo e un “idem sentire” fatto di idealità comuni seppure composto di accenti diversi. Servono chiarimenti di fondo su alcuni nodi: la nostra idea di regionalismo oltre il no all’autonomia differenziata, la nostra idea di democrazia repubblicana oltre il no al premierato, come vogliamo unire davvero transizione ecologica e giustizia sociale – questo è il punto centrale di tutto -, come le nuove tecnologie aiutano la democrazia a crescere e la ricchezza a redistribuirsi. Tutto questo conduce alla necessità di un grande ritorno in campo del “pubblico” nazionale e europeo, non burocratico, ma forte di risorse e norme chiare. Risorse che derivino da una politica fiscale più giusta – non esclusa una patrimoniale sulle grandissime ricchezze – e da riforme in campi strategici. Ne cito solo una: il governo del territorio. Qualcosa di molto più importante della sola “rigenerazione urbana”. Quanto accaduto in Parlamento sul “Salva -Milano” non è una cosa da poco. Io non l’ho votato. Il totem della “semplificazione” oltre certi limiti, in questi settori, diventa totalitarismo urbano. Chiedo da anni si faccia un lavoro serio su questo ordine di questioni. Altrimenti l’impegno sulle “aree interne”, le periferie diventa un flatus vocis….

Saltiamo oltre Oceano: il ritorno di Trump cosa può cambiare e cosa c’è da temere?
Trump sarà un presidente che cambierà il mondo e radicalizzerà le tendenze attuali di involuzione delle democrazie liberali, produrrà un modello tecnocratico e divisivo. Serve una svolta nel mondo socialista e democratico a livello mondiale. Questo mondo mobile e fluttuante non può essere regalato a chi lo usa per schiacciare i deboli, calpestare chi e “diverso” dai modelli dominanti, accumulare ricchezze. Dobbiamo elaborare quella che Remo Bodei definiva una “Geometria delle passioni” o un “Ordo amoris”. Stare nel mobile flusso del mondo, che non è più strutturato come a noi piacerebbe, ma ondeggia continuamente, spinto dalla critica rovente delle nuove tecnologie che mettono in discussione tutto, elaborando una rotta, una navigazione che non perda di vista i valori essenziali del socialismo, dell’amore cristiano, dei fondamenti democratici e liberali centrati sui diritti dell’uomo liberati dal dominio assoluto della merce, secondo l’etica di Spinoza. Trump lavorerà per una pace “Westfalica” o alla Yalta fondata sulla divisione del mondo tra superpotenze sulle spoglie dell’Europa e dei suoi valori. Una pace fragile perché fatta sulla testa dei popoli e delle nazioni. Noi vogliamo invece una pace durevole che riconosca un nuovo ordine mondiale tra protagonisti anche diversissimi da noi ma con una trama di valori umani. Ecco il ruolo dell’Europa, ecco la necessita delle sue riforme, della difesa comune che evocava anche Ernesto Rossi. Abbiamo fatto bene a votare la proposta di Commissione di Von der Leyen perché sennò tutto sarebbe crollato ma guai a sedersi ora, serve una nuova spinta unitaria delle forze democratiche e socialiste per impedire che l’Europa sia ridotta a comprimario.

Lei è vicepresidente della Commissione parlamentare d’ inchiesta sulle scomparse di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Come procedono i lavori?
Si sta lavorando per audire molte persone e raccogliere molti documenti nel rispetto di un lavoro che le procure italiana e vaticana stanno conducendo. Questo organismo non è un ufficio di polizia. Dobbiamo ricostruire una cornice che aiuti a leggere meglio queste e altre vicende. Nel 1983 scomparvero molte ragazze e ragazzi minorenni. In misura maggiore di quanto normalmente accade ogni anno. Si può pensare all’esistenza di un’organizzazione dedita ad attività di “prelevamento” di minori per i più diversi fini? Per quali fini? C’erano o ci sono state o ci sono ancora, reti e organizzazioni che fanno questo? Organizzazioni che funzionano come tali. Con adescatori professionali, distributori criminali, utilizzatori per i più diversi fini e obbiettivi, capaci di mettere in campo capacità di depistaggio, di ricatto di snodi importanti…? Dare dei volti a queste caselle spetta alle magistrature. A noi, organo parlamentare, sicuramente spetta capire se c’è stato, come personalmente credo, un pezzo di storia italiana che ha conosciuto la presenza di tumori simili. Insomma, non lavoriamo per risolvere un giallo o uno o due casi specifici ma ben altro.

3 Dicembre 2024

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