I cocci del Movimento
Conte e Grillo alle prese con la Costituente bis: dalle (5) Stelle alle beghe di condominio (e sondaggi in calo)
Che risposte darà il voto bis nella nuova Costituente? Ripicche, disincanti, maledizioni, mentre i sondaggi sembrano mostrare la fine di un consenso già plebiscitario inimmaginabile quando il Fondatore si accaniva ancora a martellate sui computer
Editoriali - di Fulvio Abbate
Chissà cosa penserà della contesa terminale tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte il militante, appunto grillino, vestito da moschettiere D’Artagnan, spada al fianco, bandiera col simbolo del movimento fieramente in spalla, intravisto tempo addietro al Circo Massimo durante un raduno del Movimento 5 Stelle non ancora boccheggiante?
Nel mondo dei musei e delle mostre d’arte esistono due forme di concessione: “prestito temporaneo” e “prestito permanente”. Presumibilmente, agli occhi di Grillo, il “Garante”, l’“Elevato”, la presenza, il ruolo, seppure apicale, dell’avvocato Conte erano da considerarsi transitorie, il tempo di ritenerlo adeguato alla narrazione politica istituzionale, salvo poi riprendere possesso della propria creatura, in nome della storia fondativa di sua esclusiva pertinenza, Grillo dunque come Cristo Pantocratore e motore immobile. Gli altri, Conte compreso, figuranti, attrazioni. Adesione all’ortodossia degli Inizi: nata forse per azzardo, tra suggestioni coltivate insieme al suggeritore, a sua volta dinamo immobile, Gianroberto Casaleggio. Quando forse neppure i diretti interessati supponevano che il Movimento si ritrovasse a farsi forza di governo, destinato ad occupare il Palazzo, sia pure con l’intento di “aprirlo come una scatoletta di tonno”.
Il tempo, osservate le ambizioni dei singoli, del Fondatore e del Cooptato, ha mostrato che all’atto pratico una realtà assai più problematica; cosa complessa. Non si tratta adesso di ironizzare su questa o quell’altra attitudine comunicativa, ora dell’attore Beppe ora del professionista di studio legale Giuseppe Conte. La storia ondivaga dell’impresa fa sì che, nel tempo e lo scorrere dei governi, risulti ormai impossibile perfino rintracciare il valore semantico, politico-strategico, il significato stesso delle cinque stelle che figurano in un simbolo comunque iconicamente anodino; forse, sì, giusto l’acqua bene comune e poi quel “uno vale uno”. Il simbolo, già. Grillo lo reputa “cosa sua”, probabilmente nella certezza doxastica che quel contrassegno elettoralmente valga un significativo 3%.
Conte, in verità, vorrebbe sostituirlo, quasi che il cambio corrisponda all’affermazione piena del suo volto, del suo mandato, fuori da ogni stato di signoria altrui. Un po’ come quando, si perdoni l’esemplificazione prosaica, un locale di ristorazione cambia insegna e soprattutto innalza il cartello “nuova gestione”, affinché non si pensi che il menù iniziale scadente abbia continuità; cancellare così perfino memoria e volto del precedente titolare. Sebbene quest’ultimo, sia pure nella sua improbabilità professionale, ed è il caso di Grillo, custodisse un tratto carismatico, autoclave mobile della riuscita, almeno iniziale, dell’intera impresa. Irrilevante, nella situazione data, baruffa personale e personalistica, perfino chiedersi quanto il nuovo arrivato, Bruto-Conte, rispetto a Cesare-Grillo, voglia accostare il suo oggetto, trasfigurato adesso in “partito”, a una vera o presunta prospettiva di alleanze a sinistra, accostamento al già vituperato, almeno nella propaganda dei prodromi grillini, Partito democratico di Elly Schlein e alla coppia Bonelli-Fratoianni.
Perché con l’ascesa possibile definitiva di Conte, spezzate le catene della tutela da parte del Garante, sembra essere questa, la postura da segretario di partito pieno che l’uomo si voglia dare. Perfino a dispetto delle resistenze, sia pure flebili, all’interno di ciò che rimane del Movimento stesso legato all’ortodossia dei “vaffa” e d’ogni altra suggestione mutuata dall’attitudine istrionica e informale di Grillo. Sia detto altrettanto, fuori di metafora e rinunciando anche a ogni ulteriore considerazione sul pittoresco, che lo stesso Conte, per postura e incerta dialettica, non sembra mai pienamente essere pervenuto alla piena credibilità dialettica e politica. Si direbbe infatti che nel romanzo delle ambizioni personali l’uomo, l’avvocato, il pervenuto agli onori e agli agi del Palazzo interpreti un ruolo, un po’ come gli agenti immobiliari quando si applicano nel risultare “convincenti”, dove il blazer completa il quadro, la credibilità, la pienezza professionale infine conquistata o quasi.
Grillo, nonostante da settimane ormai dia l’idea di rimanere leader stanco e tutto sommato disinteressato, dunque “in sonno”, l’intento neppure tanto segreto di fare ritorno al suo lavoro primario di mattatore, performer della scena spettacolare, corroborato narcisisticamente dai titoli ulteriori conquistati nella versatilità perfino politica, vuoi per dispetto semplice vuoi per orgoglio proprietario, appare riluttante a lasciare campo libero all’altro, un po’ come chi metta a disposizione il pallone per una partitella tra amici casuali al campetto e poi, irritato dall’ingratitudine dei semplici conoscenti, a un certo punto, piccato, se lo riporti via sotto braccio… Grillo, non si è detto, tra questioni private familiari appresso a un presunto figlio scapestrato, c’è da dubitare fortemente che oggi come oggi, tornerebbe ad attraversare a nuoto lo stretto di Messina del presidio quotidiano della politica in nome del già suo Movimento.
Molte cose sono cambiate, altre forme di populismo potrebbero avere surclassato, risultando assai più convincenti, la comunicazione grillina propria del Fondatore, che tuttavia insiste nell’affermare che il “vero” Movimento 5 stelle è morto, tradito, obliterato, infranto dall’attuale gruppo dirigente composto da “traditori” dei valori, forse anche ingrati; il volto fantasmatico di Dino Grandi e del suo “ordine del giorno” sostituito dalla faccia e dalla prima firma di Conte durate l’assemblea per la modifica dello Statuto, il limite dei due mandati. Nel “Che fare?” di Lenin-Grillo sembra esserci ora la battaglia legale per l’utilizzo del simbolo e forse la creazione di un nuovo soggetto politico? O la provvigione perduta? O forse dovrà essere “Mago di Oz-Conte” a traslocare? Che risposte darà il voto da ripetere nella nuova Costituente? Ripicche, umani dissapori, rabbia, disincanti, maledizioni, mentre i sondaggi sembrano comunque mostrare la fine di un consenso già plebiscitario, inimmaginabile quando il Fondatore si accaniva ancora a martellate sui computer.
“Grillo ha ragione, il movimento pensato da lui e Casaleggio, non c’è più, è morto”, replica Giuseppe Conte, insistendo sulla strada accidentata della rifondazione dopo il “funerale” del M5s celebrato da Grillo, quanto al simbolo “appartiene alla comunità degli iscritti. Se la comunità vorrà cambiare il simbolo, lo farà. Ma il simbolo non è nella disponibilità di Beppe Grillo, è stato registrato da Di Maio a nome del M5s, come giusto che sia”. Poi la colpa di Conte d’essere venuto a patti con Draghi nella requisitoria dell’altro. Se fosse ancora fra noi padre Pio, le sue doti da veggente, di cui il presidente Conte è risaputo devoto, dovremmo chiedere al santo di Pietrelcina cosa brilla adesso nel futuro, quali stelle vive ancora, e soprattutto le reali intenzioni future di “Peppiniello Appulo”, come lo chiama Dagospia, e dello stesso Grillo intronato nel “cupio dissolvi” dei suoi video. Padre Pio però dorme nell’eterno del sarcofago faraonico che gli ha preparato Renzo Piano, dunque a noi, spettatori dei cocci, resta nient’altro che fare caso alle suggestioni, ai fuochi fatui della filodrammatica già pentastellata. Con Marco Travaglio, lì sullo sfondo, a tumulare a sua volta “quel comico che aveva un blog”. È vero, tutti gli amori finiscono male, ma chi glielo dirà al militante in costume da moschettiere D’Artagnan che le stelle si sono infrante sul piccino tema condominiale dei millesimi che danno diritto al pieno usufrutto dell’immobile?