Divorzio sempre più vicino

Il piano segreto di Grillo: rifare il Movimento con Raggi e Di Battista

Intanto volano stracci, ma il comico progetta di portare il Movimento contiano in tribunale, per ricreare il partito delle origini con Raggi e Dibba

Politica - di David Romoli

5 Dicembre 2024 alle 14:00

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Foto Fabio Cimaglia / LaPresse
Foto Fabio Cimaglia / LaPresse

Per ora volano ancora solo gli stracci. Tanti e fradici di acqua melmosa, scagliati con livore e rancore da una parte e dall’altra del fossato incolmabile che divide il M5s, ma nulla più che stracci. Continuerà così fino a domenica sera. L’ora delle carte bollate e dei tribunali arriverà subito dopo e arriverà anche, almeno per Beppe Grillo, il momento di prendere una decisione ancora molto incerta.

Oggi iniziano le votazioni ripetute su istanza del garante, che aveva il potere di imporre una seconda votazione. “È l’ultima volta che si applicano clausole che la comunità ha voluto cancellare”, pontifica un Conte molto più inviperito di quanto non lasci trasparire. Sull’esito ci sono ben pochi dubbi. Grillo si è già dichiarato sconfitto, pur dicendosi “ottimista” sul voto quasi solo per dovere d’ufficio, e lo è davvero. Il rivale già disserta su come e perché si sia prodotta la frattura tra il padre fondatore e la sua creatura: “A Grillo sfugge la rottura che si è prodotta quando ha deciso di appoggiare Draghi in base a un rapporto personale”.

Se la ridevano quei due e lo prendevano in giro: “La definizione Mago di Oz viene da quel rapporto personale…Mi sfottevano”. Quanto l’ex premier, tipo permaloso e vendicativo, se la fosse legata al dito è chiaro. Su un punto però i due concordano: il Movimento è morto. I suoi “valori e princìpi” sono però trasmigrati nel nuovo partito secondo Conte. Traditi e rinnegati, al contrario, secondo Beppe. Sin qui gli stracci, anche se ancor più del livore, del resto corrisposto, di Conte a segnalare quanto l’ex capo abbia perso ogni appeal almeno nel gruppo dirigente vale anche di più il gelo di una dirigente universalmente stimata come la governatrice della Sardegna Todde: “A me di Grillo non interessa nulla”. Lapidaria, tombale.

Stracci e votazioni: cosa succederà al M5S

Che cosa succederà dopo il voto però non è ancora chiaro anche se alcuni elementi sono facilmente prevedibili. L’Elevato si abbasserà fino a ingaggiare strenua battaglia legale. L’immagine del Movimento certo non se ne gioverà ma questo a lui fa solo piacere. Il danno per il Campo di Elly rischia di essere grosso e anche questo per l’ira funesta del fondatore detronizzato non è certo un problema. L’avvocato è altrettanto agguerrito. Entrambi hanno passato le ultime settimane consultando codici e legali, pronti a trasformare l’avventura politica del M5s in una bega di condominio.

Grillo vuole il simbolo per toglierlo a Conte ma anche per adoperarlo. Come usarlo però non sa. La tentazione principale è dar vita a un’associazione, o a una fondazione, per poi cercare di farne il nucleo di un nuovo movimento. Può contare sulla vecchia guardia già messa alla porta, peraltro spesso proprio per essersi opposta al governo Draghi. Ma sono nomi quasi non più spendibili, dimenticati nel giro di un paio d’anni appena. Con due rilevanti eccezioni: Virginia Raggi e Alessandro Di Battista. La prima, soprattutto a Roma, ha un seguito reale e non scalfito dal crollo del Movimento. Il secondo ha costituito una sua fondazione, Schierarsi, e con quella, eventuale, di Grillo, potrebbe provare a creare una sorta di rete.

Ma al momento né il partito normalizzato di Conte né l’eventuale movimento privo di struttura partitica che avrebbe in mente Grillo sembrano in grado di raccogliere l’eredità del M5s defunto. Quel Movimento, che ha segnato un decennio della vita italiana condizionandola e dunque anche modificandone in parte la cultura politica, era nato essenzialmente come nemico e antagonista della democrazia rappresentativa, individuata come fonte di ogni male. È possibile che quella tendenza ancora effettivamente sussista, l’humus a cui alludeva Grillo nel suo messaggio dal carro funebre.

In questo senso non ha torto il comico quando sostiene che eliminare la regola del doppio mandato significa smantellare la ragion d’essere stessa del M5s per come lo avevano pensato e voluto lui e Casaleggio. Il nuovo M5s, dato e non concesso che riesca a mantenere nome e simbolo, non può reclamare quell’eredità per il fatto stesso di essere diventato un partito, “del capo” certo ma del tutto inserito nella logica della democrazia rappresentativa. Una galassia di sconfitti, come sarebbe la rete di Grillo anche se ci fosse Di Battista in campo porterebbe comunque le stimmate di chi è stato sconfitto non da un nemico esterno ma dai propri limiti interni. Della parabola del M5s restano gli stracci in volo, le carte di tribunale e uno dei molti partiti del capo che affollano la scena.

5 Dicembre 2024

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