La vittoria in Emilia-Romagna e Umbria
Municipalismo e radicamento: perché la sinistra deve ripartire dalle vittorie alle Regionali
Le vittorie in Emilia e Umbria dicono che l’ascolto del territorio, e la capacità di rappresentare le istanze civili sono le armi per battere la destra
Politica - di Claudio Marotta
Le recenti elezioni in Emilia-Romagna, Umbria e Liguria hanno messo in evidenza, con estrema chiarezza, i limiti e le contraddizioni, ma anche le potenzialità del centrosinistra. Da un lato, dimostrano che il centrosinistra rappresenta un’alternativa credibile nei numeri al centrodestra; dall’altro si evidenzia una crisi strutturale che non possiamo più ignorare: il drastico calo dell’affluenza elettorale e l’incapacità di coinvolgere una larga fetta dell’elettorato.
Il dato più preoccupante non riguarda chi vince o perde, ma chi sceglie di non partecipare. Una democrazia con oltre il 50% di astensionismo non può dirsi in salute. I numeri non mentono: vince chi è radicato sul territorio. Le vittorie in Emilia-Romagna e in Umbria sono l’esempio lampante di questa dinamica. Sindaci di esperienza, già conosciuti e apprezzati nei territori, sono riusciti a guidare coalizioni ampie e inclusive, capaci di rappresentare le istanze della società civile e così un’alternativa alla destra. Il loro successo non è un caso, ma il frutto di un lavoro di ascolto e presenza sul territorio. Questa lezione vale per tutti noi. È da qui che dobbiamo ripartire.
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La politica nazionale, troppo spesso intrappolata in logiche mediatiche e distanti dalla realtà, dovrebbe prendere esempio dal municipalismo, dal pragmatismo e dalla capacità di costruire relazioni autentiche con le comunità. Il cosiddetto “campo largo” è un progetto che, se correttamente interpretato, ha dimostrato il suo potenziale. Tuttavia, non possiamo più permetterci alleanze di facciata, basate su compromessi al ribasso. L’unità del centrosinistra non deve essere un artificio elettorale, ma il frutto di un percorso comune, ancora meglio di una mobilitazione popolare che richiami il protagonismo di tutte le forza politiche, civiche e sociali. I risultati del centrodestra evidenziano alcuni segnali di crisi.
La Lega perde terreno, Forza Italia sembra aver esaurito la spinta, e persino Fratelli D’Italia fatica ad espandersi oltre la figura di Giorgia Meloni. Questo ci offre una opportunità, ma non dobbiamo sottovalutare la capacità della destra di riorganizzarsi. La loro forza a livello nazionale rimane intatta come il loro impianto ideologico ben saldo nel Paese. Per contrastarla serve una visione di società e una strategia chiara e determinata. Se c’è una strada che possiamo percorrere con convinzione, è quella del municipalismo. I laboratori di governo locale, i processi di autogoverno, le reti sociali e gli amministratori locali rappresentano una sponda per il futuro della politica progressista. Dobbiamo investire su questa tendenza, dare spazio e protagonismo a chi lavora ogni giorno per migliorare le comunità.
È nelle città, nei comuni e nei quartieri che si costruisce la fiducia nella politica e si combattere la disillusione. Tornare a essere una forza che nasce dai territori, che ascolta le persone e che risponde ai loro bisogni. Questo è il compito che ci aspetta e non possiamo permetterci di fallire. C’è tanto lavoro da fare, ma abbiamo anche tante risorse su cui contare. Perché vincere non è solo una questione di numeri: è una questione di radicamenti, di ascolto, di partecipazione. E di classe dirigente con piedi a terra e visione ambiziosa.