La strage dietro le sbarre
Suicidi in carcere, il 2024 si avvia verso nuovo record: “Emergenza nazionale”
In due giorni altri due detenuti si sono uccisi (a La Spezia e Cagliari). L’anno peggiore è stato il 2022 con 84 casi. La Uilpa: “Chi potrebbe agire non lo fa”. Serracchiani: “Carcere emergenza nazionale”
Giustizia - di Angela Stella
“Per contrastare il fenomeno dei suicidi abbiamo investito molto sul potenziamento della rete di assistenza psicologica e sull’opera di reclutamento di adeguato personale specializzato per rispondere a queste crescenti esigenze”: così due giorni fa il Ministro della Giustizia Nordio rispondeva ad una interrogazione parlamentare circa gli atti di autolesionismo negli istituti di pena.
Peccato che ieri siamo arrivati all’83esimo suicidio in carcere, come reso noto dalla Uilpa. “44 anni, spezzino, detenuto per resistenza, violenza e minaccia a pubblico ufficiale e in attesa di primo giudizio, si era impiccato nella sua cella il 12 novembre scorso. Immediatamente soccorso, era stato condotto in ospedale in fin di vita. Nel pomeriggio di ieri (due giorni fa, ndr) sono terminate le sue sofferenze”. Solo il giorno prima se n’era stato un altro in Sardegna: “27 anni, cagliaritano, si era impiccato nella sua cella del carcere del capoluogo sardo la settimana scorsa. Subito soccorso, era stato condotto in ospedale in condizioni disperate. Nella notte è deceduto”. Siamo dinanzi ad una spirale di morte, ad una strage senza fine che perdura nell’indifferenza di chi potrebbe agire e non lo fa. “Nel 2022, anno tristemente record, i suicidi furono 84. Mancano 33 giorni alla fine dell’anno – rileva Gennarino de Fazio (Uilpa) e, nostro malgrado, il periodo delle festività natalizie è spesso connotato dalla recrudescenza dei fenomeni autolesionistici e autosoppressivi”.
“Il carcere ormai è una vera e propria emergenza nazionale” ha sottolineato la responsabile giustizia del Pd, Debora Serracchiani, a margine di una conferenza stampa a Montecitorio organizzata dal Coordinamento nazionale comunità accoglienti. “Riteniamo – ha aggiunto – che ci siano delle persone che non devono neanche entrarci: sono quei detenuti che hanno un disagio psichiatrico, hanno una dipendenza o addirittura una doppia diagnosi sia psichiatrica che di dipendenza. In carcere non solo non possono essere curati, ma non riescono neppure a migliorare quelle che sono le loro condizioni. A queste persone dobbiamo fare una proposta alternativa”, ossia “l’affidamento in prova e l’ingresso nelle comunità terapeutiche. Quest’ultime oggi ci dicono che hanno posti a disposizione”. Tuttavia, “manca la volontà politica di far sì che queste persone invece di stare in carcere possano andare in quelle comunità. Questo è un problema di sicurezza anche per noi che siamo fuori. Prima o poi quei detenuti escono, se escono peggio di come sono entrati è un problema di sicurezza anche per noi”, ha concluso Serracchiani. E anche su questo aspetto le parole del Guardasigilli in Aula sono apparse inutili e svincolate dalla realtà nel momento in cui ha detto “Sono stati previsti, e questo è importante, nuovi percorsi di comunità per i detenuti di disagio psichico e i tossicodipendenti”.
Insomma tante promesse, pochi fatti ma purtroppo troppe morti nelle mani dello Stato. Intanto il deputato di Italia Viva, Roberto Giachetti, ha presentato una interrogazione parlamentare, sottoscritta dai partiti di opposizione insieme a Forza Italia e Lega, rivolta proprio a Nordio e al Ministro della Salute Schillaci per fare luce su tutte le morti che ci sono state in carcere dall’inizio dell’anno, tra suicidi, omicidi, problemi di salute. Il tutto parte da una proposta, accolta dall’Unione Camere Penali, avanzata da Rita Bernardini, presidente di Nessuno Tocchi Caino, volta alla promozione di una campagna di ricerca e conoscenza sulle condizioni di salubrità delle strutture penitenziarie “che, ai sensi dell’art. 11, commi 13 e 14, OP, devono essere attestate dalle ASL territoriali competenti per ogni istituto”.
Infatti, “ogni direttore generale dell’ASL deve disporre, almeno due volte l’anno, una visita degli istituti penitenziari, ricadenti nel territorio di sua competenza, finalizzata ad accertare, anche in base alle segnalazioni ricevute, ‘l’adeguatezza delle misure di profilassi contro le malattie infettive e le condizioni igieniche e sanitarie degli istituti’”. Ma questo avviene davvero si chiedono Bernardini, Giachetti e l’Ucpi, guidata da Francesco Petrelli? Come si sa anche dalle numerosi visite effettuate si assiste a “evidenti fenomeni di infiltrazione d’acqua, di ammuffimento dei locali, specie di pernottamento, rilevante degrado degli arredi e dei servizi igienici, vergognose infestazioni di cimici, scarafaggi e topi, carenze e disfunzioni del servizio sanitario intra moenia incidono pesantemente sulla qualità della vita, sull’aria che si respira all’interno degli istituti e sulla condizione di salute di tutti i detenuti e degli operatori penitenziari”.
In un periodo, come quello attuale, in cui si registra, tra l’altro, un sovraffollamento disumano (133,25%) con 62.323 detenuti presenti su una disponibilità effettiva di 46.759 posti secondo i proponenti “il diritto alla conoscenza e alla trasparenza diffusa sulle condizioni igienico-sanitarie delle nostre carceri rappresenta per noi un ulteriore tassello per riaffermare l’indifferibile urgenza di interventi davvero incisivi”.