Parla l'europarlamentare Pd

“Il Pd guiderà la sinistra italiana in Europa”, parla Matteo Ricci

“Le elezioni in Francia e in Gran Bretagna stanno avendo un risvolto anche nel nostro Paese. Per noi e tutta l’opposizione è il momento di creare una vera alternativa alle forze di destra”

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

13 Luglio 2024 alle 07:00

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“Il Pd guiderà la sinistra italiana in Europa”, parla Matteo Ricci

Matteo Ricci, europarlamentare Pd, già sindaco di Pesaro e coordinatore nazionale dei sindaci Dem, qual è il messaggio politico di fondo che viene dal voto in Gran Bretagna e in Francia?
In questi giorni si parla molto del confronto tra lo scenario politico italiano e gli sviluppi post-elettorali in Francia e Inghilterra. Io credo che sia giusto farlo, ma con una certa cautela. Intanto perché siamo davanti a sistemi elettorali diversi, i cui risultati non sempre sono sovrapponibili. E poi perché le situazioni, le sfumature e le variabili sono tantissime. È evidente, però, che in Inghilterra i conservatori abbiano pagato 10 anni di scelte sbagliate, a iniziare dalla Brexit. Non solo, si è fatta una scelta che ha isolato dal punto di vista internazionale il Regno Unito, che oggi non ha più un ruolo primario nello scacchiere mondiale. Al tempo stesso si è indebolita anche l’economia britannica. Credo che gran parte degli abitanti del Regno Unito siano molto delusi dalla Brexit e che addebitino questo risultato ai conservatori. Quindi, il voto nel Regno Unito ci dice che c’è stata proprio una reazione a molti anni di malgoverno e di pessimi risultati. Penso che anche in Italia, pian piano, stia crescendo il malumore sulle politiche di governo di Giorgia Meloni. Se non sai dare risposte concrete, prima o poi la propaganda non basta più.

Passiamo alla Francia.
Nel caso della Francia, i cittadini francesi hanno dimostrato ancora una volta di avere una cultura democratica e repubblicana che, grazie a un sistema elettorale col secondo turno, è riuscita a mettere un argine all’estrema destra. Le vicende politiche francesi però dimostrano anche che la politica di Macron è stata miope, perché il Presidente si è illuso che si possa governare la Francia esclusivamente dal centro. Senza la sinistra non si riesce a governare, è palese, e adesso si ritrova davanti a una situazione non facile da gestire, con il Nuovo fronte popolare di Mélenchon che chiede spazio e prova a imporre visioni radicali. Ora in Francia la sfida non è solo costruire un governo con un’alleanza di centrosinistra, ma anche quella, per Macron, di costruire un centrosinistra che sappia imporsi alle prossime elezioni presidenziali. Non guardare gli scenari di lungo periodo rischia di rafforzare Le Pen, far sì che continui a crescere e quindi ritrovarsi nella stessa posizione scomoda alle prossime elezioni presidenziali, che si terranno tra due anni. Questo Macron lo sa e spero stia già studiando la prossima mossa.

La grande maggioranza dei francesi ha dimostrato di avere ben viva la memoria storica. Hanno detto, come ha titolato a tutta pagina l’Unità, siamo tutti antifascisti. Non crede che questo tema in Italia sia alquanto sottovalutato?
È chiaro che in Francia la cultura democratica repubblicana ha prevalso ancora una volta. In Italia c’è stata meno possibilità di farlo, anche perché il sistema elettorale non è col doppio turno, è un sistema secco, a turno unico. Quindi non possiamo paragonarci alla Francia. Noi non dovremmo costruire un fronte repubblicano “contro” qualcuno. Sicuramente dovremmo tenere insieme le opposizioni. In questo, la battaglia contro l’autonomia differenziata e contro il premierato ci aiuterà molto, soprattutto nella costruzione di un percorso comune. Abbiamo davanti a noi due anni per immaginare e concretizzare un nuovo centrosinistra, un’alternativa di governo a questa destra che si sta dimostrando inadatta. Finora hanno provato a far reggere questo schema con ambiguità e propaganda, ma non basta più. Da qui parte la riscossa, che deve essere il comune denominatore delle forze di opposizione in questo momento.

Sulla Gran Bretagna. C’è già chi ha etichettato il leader del Labour party e neopremier Keir Starmer come un “moderato” di sinistra, e chi, vedi Renzi, ha subito affermato che la “lezione inglese” è che si vince solo al centro.
Situazionismo puro, siamo un popolo di opinionisti. Dopo anni di sconfitte per il Labour party, finalmente gli inglesi hanno voluto far pagare i disastri compiuti al partito conservatore. In primis la Brexit, perché l’uscita dall’Unione europea è stato un disastro totale per il Regno Unito. E poi tante altre politiche inefficaci messe in atto nel corso degli anni. Quel che è certo è che un Labour party con una guida riformista è riuscito ad avere un risultato straordinario, sopra il 40%, con una maggioranza schiacciante che non c’era da decenni. Però credo che questo risultato sia anche il frutto di una stanchezza dei britannici verso le politiche fallimentari dei Tories al governo negli ultimi 15 anni. Un mix di cose, sulle quali non dovremmo tirare somme e provare ad abbozzare semplificazioni.

Guardando agli equilibri nel nuovo Parlamento europeo e alla partita aperta sulle nomine più importanti nelle cariche europee, che avrà un passaggio cruciale il prossimo 18 luglio con il voto sulla nuova commissione all’Europarlamento, anche alla luce dei risultati delle elezioni francesi, l’Italia ne esce indebolita?
La spallata all’europeismo che la destra di Meloni e Salvini immaginava di dare è fallita miseramente. Il loro obiettivo dichiarato era quello di spostare il peso e la maggioranza del Parlamento, puntando ad un accordo fra le destre ed il Partito popolare europeo. Questo non è avvenuto, difatti la maggioranza che si sta formando – con il patto fra il Partito popolare europeo, Socialisti e Democratici e liberali di Renew Europe – è fieramente europeista e porterà alla riconferma di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione. Nel contempo, Giorgia Meloni ha fallito anche l’obiettivo di ottenere la leadership dell’estrema destra in ambito europeo, perché è stata scavalcata a destra dai suoi stessi alleati. Meloni esce, dunque, doppiamente sconfitta dalla partita europea, il che porta l’Italia al pericoloso rischio dell’isolamento. Tuttavia, se guardiamo all’operato del Partito democratico, notiamo che il buon risultato ottenuto è stato sufficiente a impedire che le destre cambiassero gli equilibri del Parlamento europeo. E che gli italiani si attestano come la prima componente dentro il gruppo S&D, con 21 parlamentari. È un punto fondamentale, una prova di forza importante che ha aiutato a portare Antonio Costa alla guida del Consiglio europeo.

Le europee, la stagione delle amministrative. Come ne esce il Pd e quali le sfide più impegnative che l’attendono, in Italia e in Europa?
Oggi ogni voto per il Partito democratico è un voto per l’unità del nuovo centrosinistra, perché è chiaro che la politica è fatta di rapporti di forza e, se noi avessimo avuto ancora un Partito democratico troppo debole, non avremmo avuto l’imprimatur per costruire una nuova coalizione della quale il Pd è l’architrave. Il nuovo centrosinistra oggi ce l’abbiamo grazie al risultato ottenuto da noi Dem alle elezioni europee. Quel 24% è il punto d’inizio sul quale dobbiamo costruire un’alternativa di governo. Abbiamo, in questo momento, un’esigenza interna. Noi non dobbiamo costruire un fronte popolare “contro” qualcuno, ma “per” qualcosa come dice giustamente la segretaria Elly Schlein. È ovvio che un’alternativa di governo la si costruisce intanto mettendo insieme le opposizioni sulle battaglie comuni. E il fatto, ad esempio, che si sia creato un comitato referendario contro l’autonomia differenziata, con quasi tutte le forze e le opposizioni dentro, è una grande notizia. Dobbiamo farci trovare pronti anche in vista della prossima legge di bilancio, che per colpa della destra sarà tutta tagli, lacrime e sangue. Tuttavia, non sarà sufficiente condurre battaglie comuni contro i provvedimenti della destra al governo dell’Italia. Bisognerà anche, gradualmente, comporre un programma di governo con il quale presentarci alle prossime elezioni politiche. Rafforzare la nostra presenza e rappresentanza sui temi economici, dare sempre più sostegno e vicinanza ai lavoratori e alle imprese, costruire un nuovo piano industriale italiano ed europeo. Dovremo, dunque, lavorare a proposte per il Paese che siano alternative alla visione della destra di governo. Questo è lo scenario che ci attende. Lo affronteremo con grande energia, con l’ascolto e, io personalmente, tenendo stretto lo slogan della mia campagna europea: alla riscossa, con democratici ed europeisti. In questa prospettiva lavoreremo alla composizione delle forze interne al nuovo centrosinistra, che avrà il Pd come elemento trainante, ma che dovrà avere in sé sicuramente il Movimento 5 stelle, che ci auguriamo mantenga la guida di Giuseppe Conte, la cui leadership è compatibile con la visione del Pd. Allo stesso tempo, il nuovo centrosinistra deve abbracciare anche Verdi e Sinistra italiana, ottimamente piazzatisi alle elezioni europee. Infine, mentre lavoriamo al rafforzamento del Pd, dobbiamo anche lavorare alla composizione dell’area liberal moderata che non ha ottenuto rappresentanza nel Parlamento europeo, a causa dei personalismi di Matteo Renzi e Carlo Calenda. Quell’area conta circa un milione e mezzo di elettori in cerca di rappresentanza che non possono essere abbandonati e non vanno regalati al centro di Forza Italia. In sintesi, immagino un nuovo centrosinistra che poggi su quattro pilastri: il Pd, il M5s, la sinistra ambientalista e l’area liberal moderata. Nostro compito, dunque, nelle prossime settimane, sarà quello di mettere in campo iniziative volte a supportare la nostra segretaria Elly Schlein nel percorso verso il nuovo centrosinistra.

13 Luglio 2024

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