Intervista al professore
“Starmer vince per i disastri Tories, in Francia la sinistra è un’ammucchiata: serve progettualità”, parla Cacciari
Il professore raffredda gli entusiasmi per i successi dell’Nfp e dei Labour: “In Gran Bretagna Starmer vince per i disastri dei Tories, e in Francia trionfa un’ammucchiata. Ma senza progettualità non si va lontano”
Interviste - di Umberto De Giovannangeli

A lezione, politica, di francese e inglese. Con ricadute italiane. La parola a Massimo Cacciari.
Professor Cacciari, quale il messaggio politico di fondo che viene dal voto in Gran Bretagna e in Francia?
Le due elezioni, e i loro risultati, non sono comparabili da nessun punto di vista. Nel Regno Unito, dopo oltre 14 anni di governo Tories che ha portato a scelte assolutamente sciagurate, a partire dall’uscita dall’Unione Europea, di cui tutti i britannici stanno subendo le conseguenze, era del tutto evidente che ci sarebbe stato un cambiamento di linea. Nel sistema elettorale britannico questi cambiamenti sono radicali, perché lì le maggioranze sono sempre garantite. Si tratta di un cambio fisiologico dopo un periodo di governo Tories così lungo.
In Francia è tutt’altra questione, completamente diversa. A partire dal sistema elettorale, un sistema per cui puoi vincere soltanto se ti presenti al secondo turno con una coalizione. Questa coalizione è qualcosa di più e di diverso di un’ammucchiata? Questa è la domanda che dovrebbero porsi i “vincitori”.
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Domanda più che pertinente e di stringente attualità. La sua, di risposta?
Mi pare di capire che si tratti di un’ammucchiata. Non mi sembra che ci sia alcuna possibilità di formare un governo di coalizione tra Macron e Mélenchon. Il rischio grande che si corre in Francia è che si determini una situazione d’incertezza, instabilità, malgoverno, che possa portare la prossima volta Le Pen o chi per lei a risultati ancora maggiori.
Per scindere le due elezioni. Guardando alla Gran Bretagna, e alla vittoria del Labour Party del neopremier Keir Starmer, c’è chi in Italia, uno per tutti Giorgio Gori, neo europarlamentare Pd, già sindaco di Bergamo, sostiene che la sinistra vince quando si libera dei massimalismi. Riformismo versus massimalismo…
Ma sono parole, slogan, le solite chiacchiere! La sinistra vince se ha un programma e se la controparte è caduta nell’impotenza e in contraddizioni disastrose, come nel caso dei Tories. In politica si vince anche perché dall’altra parte sono ancora peggio di te, oppure se hai delle strategie e dei progetti in politica interna e in quella internazionale. Allora vinci, e non perché stai un po’ più spostato al centro, o a destra o a sinistra. Sono tutte cavolate, tutto politichese. La Schlein ha capito che se voleva vivere, politicamente, due cose doveva fare…
Vale a dire?
Uno, cambiare un po’ la narrazione e far capire a chi ha problemi sociali, economici, di sussistenza, che lei a questi ci teneva davvero e non solo al tema dei diritti. La seconda, è che doveva trovare una qualche intesa, almeno giungere ad annusarsi, con i 5Stelle. Questo ha capito la Schlein, e per questo la baracca Pd l’ha salvata. Non è roba da poco, rispetto alla sciagura che si profilava con la vittoria della Meloni alle europee e con i primi esiti delle elezioni regionali, vedi la Sardegna. Ma siamo a livello, come ho ripetuto in questi giorni, del primum vivere deinde philosophari. Il livello è quello. In Francia vige la massima primum vivere deinde philosophari in modo clamoroso. In Italia qualcosa meglio, perché in realtà abbiamo una segretaria, non un partito, che ha capito dovere almeno cambiare alcuni elementi della narrazione e ha assunto un minimo di consapevolezza della necessità di un’intesa con i 5Stelle.
Che peso ha la memoria storica in determinati orientamenti elettorali, ad esempio in Francia?
Un peso enorme. Bisognerebbe verificare bene, in profondità, il voto. Anche lì: si grida alla novità, ma novità di che! Non ricordo più quante volte è avvenuto che nel secondo turno delle presidenziali ci fosse l’ammucchiata per impedire la vittoria delle destre. Questo è un ritornello in Francia. Stavolta il pericolo era enorme, impellente, però è una prassi consolidata in quel Paese. Non abbiamo alcun punto d’accordo, non abbiamo sviluppato alcuna strategia comune, ma dobbiamo impedire alla Le Pen di vincere, la traduzione francese del primum vivere deinde philosophari. Ma a un certo momento bisognerà pure mettersi a “filosofare”. Altrimenti prepariamoci ad avere la Le Pen la prossima volta al 40%, alla successiva al 45% finché arriverà a raggiungere il 50%, anche se dubito molto che ce la faccia. La memoria ha un grande valore, ma bisognerebbe disaggregare bene il voto e capire questa grande percentuale di votanti che si è mobilitata al primo e soprattutto al secondo turno delle elezioni legislative francesi in funzione anti-Le Pen, quant’è la percentuale dei giovani e quanto quella degli anziani? La memoria conta: quando hai di fronte una scelta secca tra un’ammucchiata democratica e dall’altra parte la Le Pen, che fai? Ti appelli ad una tradizione. Canti Bella Ciao, intoni la Marsigliese. Canti per farti coraggio. È questo che dovrebbe capire sta benedetta sinistra! Cantare va bene, ma in prospettiva non basta, non può bastare. D’altro canto, in piccolo, qualche tempo fa non è successo la stessa cosa in Emilia-Romagna, alle elezioni regionali? Come ha vinto allora Bonaccini? Ha vinto perché dei giovani e dei vecchi “partigiani” a Bologna si sono messi a cantare per un mese Bella Ciao. E Bonaccini ce l’ha fatta perché non è crollata Bologna. Se fosse caduta l’Emilia-Romagna, che certo non è la Repubblica francese, però… Tenendo conto anche di un’altra cosa…
Quale, professor Cacciari?
Se fosse caduta l’Emilia, non avremmo avuto la Schlein. Se fosse caduto Bonaccini, lei non ci sarebbe stata. Elly Schlein è un “prodotto” delle Sardine. È un puro prodotto delle Sardine, cioè di movimenti che nascono non perché c’è una strategia o una politica, appaiono semplicemente per fare diga rispetto ad un pericolo di destra autoritaria. In Francia c’è qualcosa di diverso? Lo chiedo ai miei amici della sinistra: c’è realmente qualcosa di diverso? C’è una virgola di diverso da questo? No. Il fronte antifascista. Punto. Il problema è che non c’è più un pericolo fascista. I percoli sono ben altri. Certo che la memoria conta e ti fa votare in una certa direzione, come avrebbe fatto votare me. È logico che sia così: “primum vivere”.
Quali sono i veri problemi, le grandi sfide da affrontare?
I problemi veri, drammatici, sono come rilanci uno Stato sociale nelle condizioni attuali. Come realizzi e consolidi il vero antifascismo, che è quello della nostra Costituzione, cioè una democrazia progressiva, una democrazia che miri davvero all’uguaglianza delle condizioni fondamentali. Un antifascismo che significhi sanità per tutti, scuola per tutti, lotta contro le barriere di classe. Questo è l’antifascismo nella nostra Costituzione. Come lo rilancia nella situazione attuale? Con che politiche? In una economia di guerra, che ormai viene accettata da tutti, vedi le decisioni sull’aumento delle spese per gli armamenti. Una economia di guerra accettata da tutti, combattuta da nessuno. Questi sono i veri, grandi problemi. Problemi di politica interna e problemi di politica estera.
Su tutto questo c’è una sinistra totalmente senza voce, sia in Europa che in Gran Bretagna, totalmente. La Gran Bretagna non conta, perché in politica estera, che da sempre è la politica, il Regno Unito non conta, perché è linea americana a contare, e in Europa pure.
In Europa il ciclo elettorale è chiuso. Si sta discutendo della spartizione delle cariche apicali a Bruxelles. È tempo di bilanci. Che immagine di sé sta dando l’Europa oggi?
L’immagine di una micro-impotenza politica, visto che l’Ue non ha alcuna voce su nessun capitolo che la riguarda, e che, almeno al momento, non riesce nemmeno ad abbozzare un disegno coerente di riforma delle proprie istituzioni. È chiaro che non può continuare così, con un meccanismo che prevede, nei momenti e nei luoghi della decisione, l’unanimità. Non può funzionare. Come non può funzionare un Parlamento che è praticamente un simulacro di assemblea elettiva. Non può funzionare alla lunga, poteva forse farlo vent’anni fa, fino alla moneta unica. Dopodiché è chiaro che l’esaurimento era scritto nei libri del destino. È una impotenza di ritorno interna ed è una completa impotenza sul piano della politica internazionale. Come andrà a finire non lo so, perché ormai non è più questione dell’Europa. Mi pare che siamo su un piano incrinato che può in ogni momento portare alla catastrofe.
In questa catastrofe c’è anche la “morte” dell’Occidente?
Il tramonto dell’Occidente era stato visto con assoluta chiarezza un secolo e mezzo fa da tutti i veri “profeti”, non quelli che sognano ma coloro che riescono davvero, sulla base del proprio presente, a intravedere le linee del destino, quello verso le quali siamo destinati ad andare. Certo che l’Occidente che era stato planetariamente egemone dal 1400-1500 fino alla Prima guerra mondiale, ha visto questo primato assolutamente indiscutibile – che possa piacere o no – venire meno. Si è passati da un Occidente europeo ad un Occidente americano. E adesso l’Occidente americano dà come segno di sé la contesa tra Biden e Trump. Le basta?