Continua la strage
Israele bombarda una scuola, decine di morti e feriti che giocavano a pallone
Giocavano a pallone, poi il missile si è abbattuto sull’area popolata da sfollati. Un’esplosione agghiacciante. Decine di morti e feriti. Un video incastra Tel Aviv
Esteri - di Umberto De Giovannangeli

«Un video difficilmente sopportabile. Una persona anonima, a Gaza, stava filmando un momento apparentemente simile a tanti altri: alcuni bambini giocavano a calcio nel cortile di una scuola, come fanno tutti i bambini del mondo. Ma all’improvviso è arrivata un’esplosione, seguita dal caos, dalle vittime, dalle grida d’orrore: un missile israeliano aveva appena colpito la scuola di al-Awda, nella zona orientale dell’immenso campo profughi di Khan Yunis. Il bilancio è pesantissimo: decine di morti e feriti in un agglomerato popolato da sfollati provenienti da altre zone della Striscia di Gaza.[…] La guerra sembra ormai infinita, in un contesto politico interno deleterio in Israele (dove il primo ministro Benjamin Netanyahu ha legato il suo destino a un’estrema destra violenta) ma anche in una situazione internazionale di crisi che non permette alcuna azione collettiva di rilievo. Le immagini dei bambini polverizzati mentre giocano a calcio sono davanti a noi, ma il mondo chiude gli occhi». Così Pierre Haski, direttore di France Inter nella sua rubrica su Internazionale.
Un popolo lo si annienta anche distruggendo i luoghi, le strutture in cui si formano le giovani generazioni. Uccidendo insegnanti e studenti. Il crimine di scolasticidio. Martedì 9 luglio l’esercito israeliano ha bombardato l’area di una scuola a Abasan al-Kabira, a est di Khan Yunis, la città principale del sud della Striscia di Gaza. La scuola e lo spazio circostante erano diventati un rifugio per persone sfollate per via dell’invasione della Striscia da parte dell’esercito israeliano, in corso ormai da più di nove mesi. Nel bombardamento aereo israeliano almeno 29 persone sono state uccise, ha scritto Bbc News (non fonte palestinese). La stessa notizia da Vatican News. La stima è stata confermata anche da un giornalista dell’agenzia Associated Press che ha contato i corpi delle persone uccise all’ospedale Nasser di Khan Yunis. Quello compiuto martedì è il quarto attacco negli ultimi quattro giorni contro o vicino a delle scuole che ospitano persone palestinesi sfollate. Sabato scorso almeno sedici persone erano state uccise in un attacco israeliano a un’altra scuola della Striscia di Gaza gestita dall’Unrwa, l’agenzia dell’Onu per i profughi palestinesi: la scuola al-Jaouni del campo profughi di Nuseirat, nella fascia centrale della Striscia, usata come rifugio da alcune migliaia di sfollati. Anche in quel caso Israele aveva giustificato.
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Domenica un bombardamento ha colpito la scuola cattolica “Sacra famiglia”, a nord-ovest della città di Gaza, a sua volta usata anche come rifugio da centinaia di civili: fra i morti anche il viceministro del Lavoro della Striscia, Ihab al Ghussein. Lunedì notte, aggiunge ancora Bbc News, diverse persone ferite in un bombardamento contro un’altra scuola gestita dalle Nazioni Unite nel campo di Nuseirat. Poco più di un mese fa un’altra scuola dell’Unrwa di Nuseirat era stata colpita da un attacco israeliano: allora erano stati uccisi 40 palestinesi di tutte le età.
Dall’inizio dei bombardamenti di Israele su Gaza moltissime scuole gestite dal governo o dall’Unrwa sono state colpite in modo sistematico. Questa settimana l’intensità degli attacchi israeliani sembra essere aumentata nelle aree centrali della Striscia e della città di Gaza. La Mezzaluna rossa ha detto di aver ricevuto dozzine di chiamate di soccorso ma di non essere stata in grado di portare aiuto a causa dell’intensità dei bombardamenti. Gli attacchi sono avvenuti negli stessi giorni in cui i negoziati mediati a livello internazionale per un cessate il fuoco sembravano avere fatto qualche passo in avanti.
L’Unrwa, prima dell’attacco di Hamas del 7 ottobre, gestiva 284 scuole nell’enclave palestinese. «Passati nove mesi, sotto i nostri occhi, continuano in modo implacabile e incessante uccisioni, distruzione e disperazione – denuncia Philippe Lazzarini, capo dell’agenzia per i rifugiati palestinesi – Gaza non è un posto per i bambini». Il numero 1 dell’Unrwa ha rilanciato l’appello ad un cessate il fuoco immediato, per evitare l’assuefazione collettiva al «disprezzo del diritto umanitario internazionale». Secondo l’agenzia per i rifugiati, due terzi delle scuole gestite nella Striscia hanno riportato danni durante il conflitto: alcune sono state bombardate, molte danneggiate in modo grave. «Sono passate dall’essere luoghi sicuri per l’istruzione e di speranza per i bambini, a rifugi sovraffollati, spesso sono diventate luogo di morte e miseria», ha scritto via X Lazzarini. Quasi 8.700 studenti, dalle elementari all’università, sono stati uccisi dall’inizio dell’offensiva nella Striscia di Gaza. Poco meno di 500 gli insegnanti e amministratori ammazzati, mentre le sei università di Gaza sono state distrutte.
Annota Francesca Gnetti su Internazionale: «Scolasticidio. è un termine coniato da Karma Nabulsi, che insegna scienze politiche all’università di Oxford, durante l’operazione israeliana nella Striscia di Gaza del 2008-2009. Fa riferimento alla distruzione sistematica del settore dell’istruzione palestinese nel contesto del progetto israeliano decennale di colonizzazione e occupazione. Dopo l’inizio dell’offensiva israeliana nel territorio palestinese il 7 ottobre, un gruppo di esperti riunito nell’organizzazione Scholars against the war on Palestine ha ampliato la definizione per includere la distruzione intenzionale del patrimonio culturale – archivi, biblioteche, musei – l’uccisione o la detenzione di educatori, studenti e professori, la chiusura o la demolizione degli edifici scolastici e l’uso delle strutture come basi militari». L’enormità della devastazione di Gaza li ha portati a concludere: «La politica coloniale israeliana a Gaza è ora passata da un focus sulla distruzione sistematica all’annientamento totale dell’istruzione». Al-Jazeera parla anche di culturicidio, «La distruzione di una cultura che appartiene a uno specifico gruppo etnico, politico, religioso o sociale. Israele ha distrutto o danneggiato circa duecento luoghi culturali storici della Striscia di Gaza, compresi siti archeologici, moschee che custodivano rari manoscritti, uno dei più antichi monasteri cristiani e un porto risalente all’800 aC».
In un impegnato editoriale sul quotidiano Haaretz la ricercatrice israeliana Anat Matar denunciava nei mesi scorsi gli effetti a lungo termine della devastazione e del senso di perdita, di non avere più nulla, neppure libri da leggere, ormai ovunque: «La storia ci insegna che la distruzione dell’alta istruzione a Gaza e le molestie agli studenti non sono “danni collaterali” ma fanno parte della politica israeliana di cancellare non solo l’infrastruttura psichica ma anche quella spirituale. Come accademici israeliani – è il suo appello – non possiamo tacere di fronte alla distruzione e ai danni duraturi inferti alle istituzioni educative: non possiamo tacere di fronte agli omicidi mirati e agli arresti di studenti e di nostri colleghi. È nostro dovere alzare la voce contro questi crimini ed esigere che i responsabili del governo se ne assumano la responsabilità nelle sedi penali, per salvare coloro che possono ancora essere salvati». Ma distruzione e morte sono la cifra del presente a Gaza, mentre si rincorrono voci su ipotetiche intese tra Israele e Hamas.
«Il livello di combattimenti e distruzioni che abbiamo visto negli ultimi giorni è davvero sconvolgente». Lo ha detto il portavoce delle Nazioni Unite, durante l’incontro quotidiano con i media. Muhannad Hadi, coordinatore umanitario per i territori occupati palestinesi, ha presentato un quadro drammatico della situazione dopo aver visitato la Striscia di Gaza. «Ciò che Hadi ci ha detto – ha aggiunto il portavoce Onu – è che ha visto di persona come l’ordine pubblico e la sicurezza siano state violate in entrata e uscita da Kerem Shalom nel sud di Israele. Hadi ha visto persone armate di bastone aspettare che i convogli umanitari lasciassero Kerem Shalom diretti a Gaza. Tutti i camion sono stati danneggiati, i vetri infranti. Hadi ha visto anche il contenuto di sacchi di farina del programma alimentare mondiale e dell’agenzia per i rifugiati sparpagliati per strada». La città palestinese di Khan Younis è «in gran parte ridotta a sabbia e macerie». L’inviato Onu ha incontrato gruppi di donne palestinesi, che gli hanno raccontato come la situazione sia ulteriormente peggiorata. «Molte donne – ha continuato il portavoce – si sono dovute tagliare i capelli a zero a causa dei pidocchi, inoltre ci sono difficoltà ad accedere a prodotti di igiene necessari come lo shampoo e manca la privacy». Altre hanno parlato della situazione dei bambini, costretti ad andare a dormire senza mangiare e bere.