Barbarie senza fine

Israele fa guerra alle donne: 20 mila bambini rimasti orfani a Gaza

Il rapporto di Save the Children sulla situazione a Gaza. Partoriscono in condizioni impossibili, vivono nel terrore di perdere i bambini. Sono il primo target dei bombardamenti

Esteri - di Umberto De Giovannangeli

11 Luglio 2024 alle 15:00

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Israele fa guerra alle donne: 20 mila bambini rimasti orfani a Gaza

Un Rapporto sconvolgente. Che racconta ciò che è Gaza oggi: un abisso di ignominia in cui sta sprofondando l’”unica democrazia in Medio Oriente”. Il Rapporto di Save the Children svela un aspetto di questo abisso, che riguarda le donne in stato di gravidanza. “Nove mesi di conflitto a Gaza hanno costretto a far partorire molte donne in condizioni traumatiche, non igieniche e non dignitose, senza avere accesso ai servizi di base. Altre donne hanno paura di chiedere cure prenatali vitali per timore di bombardamenti e altre ancora hanno perso la vita a causa della mancanza di accesso ai servizi sanitari. Mentre alcune compiono delle scelte drastiche. A Gaza alcune donne si auto-inducono il travaglio per evitare di partorire durante la fuga, e per paura di perdere il bambino durante gli spostamenti forzati. Il conflitto a Gaza dura ormai da 9 mesi. In questo periodo terribile si stima che siano nati 50 mila bambini e bambine. Gaza oggi non è un luogo adatto alla nascita di un bambino. Le donne si trovano ad affrontare sfide significative durante tutta la gravidanza, tra cui la mancanza di cibo e di acqua potabile, i frequenti spostamenti, il trauma della perdita di persone care e la paura di ferirsi o di morire.

Ogni donna incinta in questi 9 mesi ha conosciuto solo paura, traumi, sfollamento. Ogni madre che ha partorito lo ha fatto senza il supporto di cui tutte le donne hanno bisogno per partorire in sicurezza. E ogni bambino nato, che riesce a sopravvivere, avrà conosciuto solo la guerra. Il sistema sanitario a Gaza è decimato e continuano le restrizioni al lavoro delle agenzie umanitarie. In questo modo le donne incinte e le neomamme non riescono ad avere accesso ai requisiti sanitari e nutrizionali di base previsti dagli standard internazionali. Tutto questo non causa solo danni mentali e fisici a molte madri e ai loro bambini, ma alcune donne si trovano davanti all’unica scelta di ricorrere a misure estreme per cercare di proteggere i loro figli non ancora nati: quello di auto-indursi il travaglio per non partire in fuga. Da maggio, il nostro personale assiste donne incinte, neonati e famiglie presso il centro di assistenza sanitaria primaria di Deir Al-Balah, nel centro di Gaza, e riferisce di condizioni terribili per le partorienti e per i neonati che lottano per sopravvivere nelle prime settimane di vita”.

Le parole di Sharifa Khan, l’ostetrica dell’Unità sanitaria di emergenza di Save the Children ci rappresentano una situazione terribile: “Abbiamo visto come lo stress e la sofferenza continui si ripercuotano sulle donne. Alcune hanno fatto scelte drastiche come l’autoinduzione del travaglio con l’uso di farmaci per paura di perdere il bambino in caso di fuga. Una donna è stata portata d’urgenza al nostro reparto maternità con gravi complicazioni ostetriche dopo aver assunto autonomamente farmaci prima del termine, che le hanno causato una dilatazione eccessiva dell’utero e la sua rottura, con conseguenti gravi emorragie. L’équipe di sanitari è stata in grado di gestire la situazione, ma se la madre avesse tardato di pochi minuti a raggiungere l’unità di maternità, il bambino avrebbe potuto perdere la vita o nascere con disabilità. Anche la donna avrebbe rischiato di morire.”

Una madre ci ha riferito di non aver mangiato carne per cinque mesi di gravidanza e di aver perso peso negli ultimi mesi prima del parto. Inoltre, i blackout elettrici comportano rischi estremi per i neonati gravemente malati, compresi quelli in incubatrice. Raghda, medico di ostetricia e ginecologia, che ha lavorato per Save the Children nel mese di aprile ci racconta una situazione vissuta in questi mesi: “Mi hanno detto che c’era una paziente incinta, l’ho visitata subito e ho visto che era quasi al termine. Quando è stata portata in ospedale, aveva il battito del cuore debole. Due minuti prima del mio arrivo, aveva avuto un infarto. Abbiamo deciso di fare un cesareo per cercare di salvare il bambino e la madre. Avevo solo guanti, una salvietta antisettica e un coltello. La bambina era una femmina ed era di circa 33 settimane. La madre era un’infermiera e lavorava all’ospedale di Al Shifa. L’intestino era fuori dal corpo e l’addome era pieno di sangue. Non è sopravvissuta”. Così Save the Children.

“Quella di Gaza continua a essere una guerra contro le donne, benché loro non abbiano fatto nulla per provocarla”, osserva da Ginevra Susanne Mikhail, direttrice regionale per gli Stati arabi dell’agenzia dell’Onu per l’Uguaglianza di genere (UN Women). Secondo le stime delle Nazioni Unite fra i 39mila morti ci sono almeno 12mila donne e fra queste 6mila madri che hanno lasciato orfani 19mila bambini. Si calcola che siano sfollati interni i tre quarti dei 2,2 milioni di residenti nella Striscia. Sono più di un milione le donne e le ragazze che non hanno accesso ad acqua potabile, a cibo, latrine, lavatoi. E soprattutto mancano gli assorbenti: ne servirebbero almeno 10 milioni al mese (oppure 4 milioni di quelli lavabili) per le 690mila donne interessate (540mila delle quali in età riproduttiva), che patiscono la crescente diffusione di patologie come l’epatite A, rischiosa per almeno 107mila anziani, e la diarrea a causa delle disumane condizioni di vita.
Tra gli 1,7 milioni di sfollati, l’Onu calcola che almeno 1,1 milione di donne e ragazze siano in stato di necessità rispetto ad una quantità di acqua pro-capite sotto i livelli minimi di sufficienza per garantire l’idratazione e i bisogni domestici primari.

Fidaa è Coordinatrice per la sicurezza alimentare e la protezione di Oxfam. È madre di sei bambini. La sua famiglia ha dovuto abbandonare la casa a Gaza City, affrontando quattro sfollamenti. Lotta per sopravvivere con risorse scarse, cercando di procurarsi cibo, acqua e medicine. La sua storia è un potente richiamo alla cruda realtà che molte famiglie come la sua stanno vivendo in queste circostanze difficili.“Come madre, la paura per i miei figli mi tormenta ogni momento, giorno e notte. Durante le ore notturne, l’insonnia è il mio compagno più fedele, mentre immagino cosa potrebbe accadere loro, se dovesse succedere qualcosa di terribile. La perdita di uno di loro, o la possibilità che loro perdano me, rappresenta un timore costante che non mi abbandona. Non riesco a sentirli al sicuro, neanche per un istante. Ogni mattina mi sveglio con l’incertezza di chi potrebbe mancarmi oggi. La lotta quotidiana è estenuante, cercare la motivazione per affrontare ogni giornata e continuare a vivere. La nostra speranza è sospesa a un filo, e non so quanto ancora potremo reggere.”

La dottoressa Hadeel ha dedicato la sua carriera alla promozione della giustizia di genere e dei diritti delle donne, operando in diverse regioni del Medio Oriente, Africa, Asia centrale e Canada. “La situazione delle donne a Gaza è inimmaginabile. […] Le donne incinte sono costrette a partorire tra le macerie, senza anestesia né supporto. Le ragazze iniziano ad avere le mestruazioni quando non ci sono prodotti sanitari e strutture per lavarsi. E tutto questo si aggiunge alla minaccia infinita della violenza e al non sapere se si sveglieranno vivi. Ogni ora due madri vengono uccise e innumerevoli bambini diventano orfani”. La voce di Khloud si aggiunge al coro. Ha 29 anni e opera come funzionaria di supporto al Programma di Giustizia Economica di Oxfam. Khloud ha affrontato molteplici sfollamenti. Ogni giorno, lotta per la sopravvivenza all’interno della Striscia di Gaza. “La situazione a Gaza è catastrofica. Donne e bambini pagano sempre il prezzo più alto di ogni conflitto. […] Come madre che si prende cura del suo bambino, cerco sempre di arrangiarmi per far fronte a questa situazione. Trascorro l’intera giornata cercando di trovare cose per lui, come latte e cibo. Oggi, nella giornata che celebra la giornata mondiale della donna il mio unico desiderio è che le donne palestinesi, soprattutto quelle che si trovano Gaza in queste circostanze difficili, possano avere una vita serena come qualsiasi altra donna nel mondo.’’ A Gaza sono state uccise due madri ogni ora. A Gaza le donne incinte sono costrette a partorire tra le macerie, senza anestesia né supporto. Gaza, dove pietà l’è morta.

11 Luglio 2024

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