Il decreto spazza-naufraghi
“Illegale bloccare i soccorsi”, il giudice boccia Piantedosi
Un altro schiaffo alla legge contro le Ong: dissequestrata la Humanity 1 e condannata la “compromissione di indifferibili attività di carattere umanitario”
Cronaca - di Angela Nocioni
“Travisamento dei fatti” e “compromissione dello svolgimento di indifferibili attività di carattere umanitario”. C’è scritto questo nella sentenza del giudice della prima sezione Civile del Tribunale di Crotone, Antonio Albenzio, che ha sospeso lunedí il provvedimento di fermo amministrativo della Humanity 1, la nave della Ong tedesca che il 4 marzo scorso ha portato a terra nel porto di Crotone 77 persone salvate due giorni prima in acque internazionali al largo della Libia.
La Guardia costiera libica ha sparato in acqua per impedire il soccorso, provocando il terrore tra i naufraghi. Alcuni sono caduti in acqua, almeno uno è affogato. È gravissimo che l’Italia abbia potuto fermare la nave, bloccandola in porto, accusandola di avere lei impedito le azioni dei libici. Avviene spesso, ma ciò non toglie che sia ogni volta gravissimo.
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A Crotone è arrivata quindi un’altra bocciatura in tribunale per il decreto Piantedosi. Dopo la giudice Roberta Marra, del tribunale di Brindisi, anche il giudice Albenzio del tribunale civile di Crotone ha sospeso un fermo amministrativo contro una nave di soccorso.
Dopo il caso Ocean Viking a Brindisi, anche a Crotone una sentenza accoglie un ricorso urgente, stavolta della ong Sos Humanity contro il fermo della nave Humanity 1, scattato il 4 marzo. Quel fermo, ha detto il tribunale, non era legittimo. La nave è quindi libera e potrà tornare in mare. L’udienza del processo di merito è fissata per il 17 aprile.
“Il fatto che un altro giudice civile abbia sospeso l’efficacia cautelare del decreto Piantedosi – dice la avvocata Francesca Cancellaro, una dei difensori della Ocean Viking nel processo a Bari – è una notizia importante perché mostra come la giurisdizione stia cominciando a mettere in discussione i singoli provvedimenti e anche la stessa operatività della disciplina che limita il dovere e diritto di salvare vite in mare”.
Prima d’ora la sospensione dei fermi amministrativi era sempre stata negata e i fermi finora sono stati ventuno. Una delle tante assurdità nella meticolosità con cui si applicano le norme Piantedosi sta nel fatto che non esiste una base giuridica all’imposizione della necessità di una autorizzazione per fare un salvataggio di naufraghi.
Esiste invece il diritto internazionale che obbliga chi naviga a prestare soccorso ai naufraghi, ovunque siano se non c’è già qualcuno che già stia materialmente salvandoli. Quindi non esiste nemmeno in teoria l’ipotesi di dover dare la precedenza alla Guardia libica nelle operazioni in mare mai e in ogni dove.
A parte il fondamentale dettaglio che la Guardia libica deporta i naufraghi in Libia per rinchiuderli in lager: non fa salvataggi, fa deportazioni. C’è una sentenza della Cassazione a dirlo. E non è irrilevante che, nonostante quella recente sentenza, si possa ascoltare in una Aula di tribunale, come avvenuto a Brindisi la settimana scorsa, l’Avvocatura dello stato accusare una nave di salvataggio di aver “impedito alla Guardia libica di ostacolare l’attività libica che ha dovuto fermarsi per evitare la perdita di vite umane”.
È l’avvocatura dello Stato a parlare! Una menzogna di questa portata è scandalosa, invece non ha fatto scandalo. Di fronte all’evidente destino del decreto Piantedosi ad infrangersi sugli scogli del diritto, la corsa contro il tempo del governo ha avvelenato la guerra ai soccorritori delle ong.
In questi giorni in cui il mare è affollato più del solito di barchini alla deriva piene di persone, ben tre navi di soccorso – Humanity 1, Sea-Watch 5 e Sea-Eye 4 – sono state bloccate in porto sulla base del decreto Piantedosi, dopo aver soccorso quasi 400 persone. Tutte e tre le navi fanno parte dell’alleanza United Rescue, sostenuta dalla Chiesa protestante tedesca e da oltri 900 donatori.
Da quando sono scattati i tre fermi, decine di barchini sono affondati o sono stati riportati indietro dalla Guardia libica che decide chi lasciar passare e chi no sulla base di mazzette, lotte tra bande di trafficanti, dai quali la Guardia libica dipende.
“Una delle tre navi avrebbe potuto soccorrere le persone di uno di quei naufragi – afferma Laura Gorriahn, di Sos Humanity – queste persone avrebbero potuto essere salvate”. Il crimine è evidente. Il governo italiano sta infrangendo il diritto internazionale. Ciò causa la morte di tantissime persone che affogano per colpa nostra. Prima o poi un tribunale se ne occuperà.