Alla Festa del cinema di Roma

Matteo Garrone lancia l’allarme: “I tagli danneggiano il cinema”

Produttore del nuovo film di Nunzia De Stefano, la storia di un giovane napoletano di periferia che sogna di fare il rapper, il regista di Gomorra denuncia: “Ingiusto che a pagare siano gli artisti onesti”

Spettacoli - di Chiara Nicoletti

28 Ottobre 2025 alle 19:00

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Matteo Garrone lancia l’allarme: “I tagli danneggiano il cinema”

A calare il sipario sulla ventesima edizione della Festa Del Cinema di Roma ci hanno pensato dei film più intimi, per microcosmi rappresentati, ma dal respiro universale e internazionale, come l’opera seconda di Nunzia De Stefano, Malavia, prodotta dall’Archimede di Matteo Garrone con Rai Cinema e presentata nella sezione più sperimentale della manifestazione, Freestyle.

Prossimamente distribuito da Fandango, il film, come per l’esordio di De Stefano, Nevia, alla Mostra di Venezia nel 2019, racconta l’adolescenza, questa volta quella di Sasà (Mattia Francesco Cozzolino), scugnizzo tredicenne della periferia di Napoli, che sogna di diventare un rapper famoso. Cresciuto senza padre, vive da solo con sua madre Rusé, con cui ha un legame molto profondo e per cui vorrebbe sfondare nel mondo della musica per poterle regalare finalmente una vita senza sacrifici e lavori massacranti. Sulla strada di Sasà si metteranno sia un mentore, sotto forma di un rappresentante della Old school partenopea di rap, Yodi (Giuseppe Sica, in arte PeppOh) sia chi vuole portarlo nel giro della malavita, fonte più immediata di reddito per la sua famiglia. Se Nevia attingeva a ricordi di infanzia e adolescenza della stessa regista e storica collaboratrice di Matteo Garrone (nonché sua ex moglie e madre di suo figlio) sin dai tempi di Gomorra, Malavia prende spunto da un altro aspetto autobiografico per la regista, il rapporto con il figlio adolescente: “il film nasce con la mia necessità di conoscere il mondo dei giovani d’oggi che un po’ è cambiato rispetto al nostro e poi anche per il fatto che io sono mamma di un ragazzo della stessa età di Mattia, 17 anni, e hanno in comune anche questa passione della musica rap. Come sapete, io amo molto lavorare con i giovani. A me la musica rap era un po’ sconosciuta, poi, seguendo mio figlio anche nel suo percorso, ho scoperto l’old school napoletana, meravigliosa, e un mondo che mi ha aperto tante strade, e da lì ho avuto proprio la voglia di raccontare Malavia”.

Matteo Garrone ha prodotto anche l’opera prima di Nunzia De Stefano, Nevia e i due, pur avendo stili diversi, condividono uno sguardo attento sulle giovani generazioni e le loro storie. Conferma il produttore: “Con Nunzia abbiamo un legame creativo profondo. Ci siamo conosciuti quando io stavo girando Gomorra e il primo consiglio prezioso che mi ha dato è stato il primo giorno che è venuta a trovarmi in ufficio e io stavo preparando il cast di Gomorra e avevo messo alle pareti tutte foto di personaggi che in qualche modo rispecchiavano il mio immaginario dei camorristi, legato molto però anche al cinema che avevo visto, quindi ai film di Scorsese etc. Lei, guardando queste foto, ha detto ‘ma questa è roba di vent’anni fa, che so ste facce? Lei viene da Sant’Antimo, vicino a Scampia, sa come son fatti i camorristi ed effettivamente mi ha fatto capire che c’è stata una trasformazione, un po’ come è successo con i calciatori, no? Se li vedi oggi sembrano dei modelli; negli anni 60–70 avevano facce da operai. E anche nel campo della malavita c’è stata questa trasformazione. Da lì mi è venuta l’idea di iniziare Gomorra proprio nel solarium, mostrandoli mentre si fanno la manicure. Nunzia mi ha dato un grandissimo consiglio. Poi, nel corso degli anni, mi ha aiutato tanto su Reality, che è una storia accaduta alla sua famiglia, Luciano è suo fratello, devo tutto a lei. E poi su Il racconto dei racconti. Io ho cercato poi, a mia volta, di ricambiare, dandole la possibilità di raccontare il suo mondo, prima con Nevia e poi con Malavia, dei film sinceri, autentici”.

Del suo sguardo sui giovani, Garrone poi aggiunge: “Li ho raccontati più di quanto io stesso non pensassi in realtà, perché anche Gomorra in fondo è un film sull’infanzia violata, e Pinocchio anche, per certi versi parla di questo, della scoperta da parte di un ragazzo ingenuo della violenza del mondo circostante. Ed Io, capitano ovviamente ha una struttura molto simile e quindi sì, penso che sia per me naturale voler raccontare il mondo dei giovani, perché è lì che si stanno scoprendo, hanno una purezza che noi abbiamo perso, e quindi mi lego e amo questi personaggi perché mi rivedo in loro”. Da Gomorra a cui entrambi hanno lavorato fino a Malavia: come sono cambiati i giovani? I ragazzi di oggi, come Sasà in Malavia, forse stanno riuscendo a trovare dei sogni a cui aggrapparsi? Risponde facendo le dovute premesse, Garrone: “Penso sia pericoloso sfracellarsi rispondendo a una domanda così ampia, e quindi io cercherei di semplificare dicendo innanzitutto che Malavia è un film che racconta di un ragazzo che ha una sua passione. E questo è già un grande traguardo, perché uno dei grandi problemi delle nuove generazioni è proprio una sorta di apatia. Non so spiegarne le ragioni; quello che so è che i ragazzi di oggi, che crescono in un’era digitale, sono completamente diversi da noi, dal nostro mondo, e quindi per noi è impossibile riuscire a capirli. Quando io ho girato Gomorra venivo da un libro, raccontavo un mondo che purtroppo esiste ancora, anche se magari sta cambiando nei codici. Sono due film che hanno una matrice simile perché vengono da un mondo popolare, dalle periferie, però in realtà il film di Nunzia racconta di un ragazzo che cade però per, in qualche modo, portare avanti il suo sogno. E questo, in qualche modo, lo nobilita perché qua c’è anche una presa di coscienza e alla fine vince la sua passione rispetto all’errore che ha commesso. Quindi c’è un percorso del personaggio che poi va verso la luce: una speranza, una forma di ottimismo”.

Mentre parliamo con Garrone e De Stefano, la notizia dei tagli al Fondo per il cinema e l’audiovisivo (150 milioni in meno nel 2026 e 200 nel 2027) è ancora fresca. Come si fa, soprattutto se a pagare potrebbero essere proprio i piccoli film come Malavia? Commenta Garrone: “Il cinema, come sappiamo, è una forma d’arte, per certi versi la più contemporanea ed è piena di persone che vogliono farla nella maniera giusta ed altri che se ne approfittano, come è successo recentemente. A pagarne le conseguenze è chi cerca di fare il lavoro in maniera onesta e sincera. Tra le critiche che vengono fatte al cinema da parte della politica, c’è la difficoltà di certi film di incassare in sala ma non viene detto che oggi, rispetto al passato, i film vengono visti in tanti modi. Quindi, se noi valutiamo ancora il successo di un film dal numero di persone che lo vanno a vedere in sala, facciamo un errore madornale. Questo era vero negli anni 60 e 70, quando non c’erano alternative. Oggi ci sono tante piattaforme che addirittura fanno vedere i film che escono in sala dopo poche settimane. È molto più difficile per un autore che fa un film intimo riuscire a portare le persone al cinema: è quasi un’avventura che ha del miracoloso. Però, se dovessimo fare veramente un lavoro serio, dovremmo calcolare quante persone vedono il film in sala, in piattaforma e on demand e poi alla fine di tutto questo percorso, valutarne il successo. Anche a Scampia, dove io già giravo Gomorra tanti anni fa, magari fuori c’era il disastro, ma dentro c’erano dei televisori giganti. Perché dobbiamo far credere alle persone che il cinema italiano non va bene perché non va bene in sala? Difendiamo di più le finestre: diamo la possibilità a un film che viene visto in sala di essere visto poi sulle piattaforme dopo un anno, come succede in altri paesi”.

28 Ottobre 2025

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