Il film il concorso
“Io capitano” di Garrone scuote Venezia: al Lido l’Odissea dei migranti
Le avventure di Moussa e Seydou, giovani senegalesi alla ricerca di una vita migliore emozionano e scuotono. Il regista: “Assomigliano a noi italiani che sognavamo l’America”
Cinema - di Chiara Nicoletti
“Il viaggio di Seydoux è quello di un ragazzo che insegue il paese dei balocchi, tra l’altro tradendo la madre di nascosto, come Pinocchio fa con Geppetto e attraverso questo viaggio si scontra con gli orrori del mondo circostante. Ho sentito anche tanti elementi che mi riportavano a Gomorra, sento come una specie di incontro tra due filoni di un percorso”.
Matteo Garrone descrive Io, Capitano, in concorso all’80esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, collegandolo ai suoi lavori precedenti e alle istanze che muovono il suo cinema e la sua macchina da presa. In uscita oggi nelle sale italiane con 01 distribution, il nuovo film del regista de L’Imbalsamatore racconta un’Odissea contemporanea di due giovani che lasciano Dakar per raggiungere l’Europa attraverso le insidie del deserto, gli orrori dei centri di detenzione in Libia e i pericoli del mare. È la prima volta che Garrone presenta un film in concorso a Venezia. I suoi precedenti lavori, infatti, erano quasi sempre stati mostrati in anteprima al Festival di Cannes, manifestazione che quest’anno ha “mancato” questa opportunità.
“Ho dei ricordi meravigliosi che mi legano a Venezia – svela Garrone – di quando sono venuto a 18 anni e avvistai un famoso regista, Nanni Moretti. Ci sono poi sono ritornato a 22/23 anni come cinefilo ed ancora a 27/28 anni con Ospiti, dormendo tre giorni all’Excelsior e tre giorni in un furgone scassato. Sono felice di essere finalmente in concorso a Venezia, penso sia un festival che può dare al nostro film un grande aiuto per riuscire”. Io, Capitano è un film che parla soprattutto ai giovani, quelli dell’età dei protagonisti, Seydou (Seydou Sarr,) e Moussa (Moustapha Fall): “Abbiamo cercato di scrivere questo film seguendo tutti i canoni del racconto di avventura pensando che un giorno possa essere un film accessibile nelle scuole, e i ragazzi potranno identificarsi nel viaggio dei due, sensibilizzarsi e prendere coscienza dei propri privilegi”.
Garrone sceglie di raccontare una migrazione diversa, non quella legata alla guerra, al cambiamento climatico e la disperazione assoluta ma quella dei migranti dal Senegal ed in particolare “dei giovani che vivono una condizione di povertà dignitosa, che hanno una finestra costante sull’Europa e a cui la globalizzazione è arrivata forte”. Prosegue il regista: “C’è in loro il desiderio di voler accedere ad una vita migliore, un po’ come noi che volevamo scoprire l’America”. A condividere con Garrone il processo di scrittura di Io, Capitano, non solo Massimo Gaudioso e Andrea Tagliaferri ma nuovamente, dopo Pinocchio, Massimo Ceccherini: “Massimo mi ha aiutato tantissimo sia in Pinocchio che in Io, Capitano. Il film è un racconto di avventura popolare, non ci sono sovrastrutture intellettuali. Massimo viene dal popolo a differenza mia che sono un borghese, quando scriviamo ha conoscenza di certe dinamiche drammaturgiche. Ha una semplicità che lo rende come un bambino, deve capire i sentimenti della scena che stiamo scrivendo, è puro ed il suo apporto è fondamentale”.
Non solo Ceccherini a guidare il racconto di Io, Capitano nel rispetto della verità e del percorso dei due ragazzi ma anche il consulente alla sceneggiatura Mamadou Kouassi Pli Adama, che quelle “avventure” le ha vissute in prima persona: “Quando avevamo problemi con alcuni punti della storia, chiamavamo Mamadou che come Wolf risolveva problemi” ironizza Matteo Garrone per poi passare la parola all’amico e collaboratore. “Quella che Matteo racconta è una storia vera, ho fatto un viaggio simile a quello del film 15 anni fa, sono partito dall’Africa Subsahariana attraversando il deserto, il più grande che c’è, fino alla Libia, dove sono stato per 3 anni e ho visto condizioni di vita assurde, prigioni, persone vendute. Voglio ricordare le tante persone che non sono riuscite a finire questo viaggio. Abbiamo portato la voce di chi non ha voce”.
Ad ispirare il protagonista del film è stato invece per Garrone il giovane Fofana Amara che, a 15 anni si trovò a guidare una barca con 250 migranti senza saperlo fare. “Quel senso di responsabilità e la gioia per essere riuscito ad arrivare alla meta, gli fece urlare ‘Io, Capitano’. Non pensava di essere arrestato all’arrivo ma si fece 6 mesi di prigione. Si è sposato con una ragazza incontrata in un centro accoglienza ma ancora non ha il permesso di soggiorno, per questo oggi non c’è”. Io, Capitano, per saggia scelta di 01 distribution, uscirà in sala in lingua originale, Wolof e Francese con sottotitoli in italiano.