L'appello

Il patriarcato non si sconfigge col populismo penale

È l’ennesimo provvedimento che introduce norme manifesto, incapaci di contenere e prevenire il fenomeno strutturale della violenza di genere

Politica - di Giulia Melani

23 Ottobre 2025 alle 15:30

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Photo Stefano Porta / LaPresse
Photo Stefano Porta / LaPresse

L’8 marzo di quest’anno, data simbolica per un provvedimento simbolico, il Governo Meloni ha presentato lo schema di disegno di legge governativo di introduzione del reato di femminicidio. Il ddl è stato approvato – con alcune modifiche che non ne hanno stravolto l’impianto – all’unanimità dal Senato il 23 luglio e, dal 1° ottobre, è all’esame della commissione Giustizia della Camera.

Il disegno di legge norma il femminicidio, introducendo una nuova fattispecie autonoma – non una aggravante, come sarebbe stato più auspicabile – punita con la pena unica e obbligata dell’ergastolo. Si tratta dell’ennesimo provvedimento legislativo sulla violenza di genere che introduce norme penali atte meramente ad inasprire le sanzioni, ispirate a panpenalismo e securitarismo e del tutto incapaci di contenere e prevenire il fenomeno strutturale della violenza di genere. Politiche a costo zero, senza risorse, senza investimenti. Norme manifesto del tutto inadeguate a contrastare la cultura patriarcale e che per questo ben si sposano con il divieto all’educazione sessuoaffettiva nelle scuole secondarie di primo grado, previsto da un emendamento al disegno di legge Valditara sul consenso informato, da pochi giorni approvato dalla Commissione istruzione della Camera dei deputati.

Il nuovo testo si andrà ad inserire in un Codice penale di matrice fascista e patriarcale, che ancora prevede, nella lettera dell’articolo che disciplina l’omicidio, il riferimento non alla persona ma all’uomo (“chiunque cagiona la morte di un uomo”). Il paradosso è evidente: si nomina il femminicidio, ma, nel caso in cui non si rientri nelle condotte disciplinate dal nuovo articolo 577-bis, la morte della donna viene ricondotta all’uccisione di un uomo. Grazia Zuffa in un articolo pubblicato sulla rivista Il vaso di Pandora, affermava che: “Il femminicidio è parte della cultura patriarcale, in un continuum di subordinazione della donna fino alla sopraffazione violenta […]. In questo senso, il femminicida non è un “mostro”, anzi incarna la “normalità” del Male dell’oppressione femminile”.

Il doveroso e determinato contrasto alla violenza di genere non può passare attraverso strumenti che strizzino l’occhio ad un pericoloso populismo penale, confondendo la lotta alla violenza di genere con la ricerca del consenso attraverso la punizione più dura. La Società della Ragione ha promosso un appello alle Deputate e ai Deputati contro l’impianto autoritario di questa riforma, per riaffermare la necessità di un cambiamento culturale e l’implementazione di politiche che agiscano sul piano sociale, l’ingiustizia dell’ergastolo sempre e il contrasto al panpenalismo. Le firmatarie e i firmatari chiedono di eliminare la previsione della pena dell’ergastolo come unica pena obbligata; di intervenire sulla fattispecie di omicidio, sostituendo, nella lettera dell’articolo, uomo con persona; di eliminare quella serie di previsioni che vanno a limitare l’accesso ai benefici o alle misure alternative per le persone condannate per femminicidio o che prevedono il coinvolgimento dei congiunti delle vittime nelle decisioni relative alla concessione. Il testo integrale, corredato dalle prime firme, è stato depositato alla Camera dall’Avvocato Michele Passione nel corso dell’audizione alla commissione giustizia, il 21 ottobre 2025. È possibile leggere e firmare l’appello su societadellaragione.it/femminicidio.

*Presidente la Società della Ragione

23 Ottobre 2025

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