L'intesa mediata dagli Usa
Siria, annunciato un fragile cessate il fuoco tra Damasco e Israele: negli scontri tra drusi e beduini oltre 700 morti
Esteri - di Carmine Di Niro
In Siria sarebbe in vigore un cessate il fuoco immediato e totale. Il condizionale è d’obbligo in merito ai sanguinosi scontri in corso da giorni nel sud del Paese, nella provincia di Suwayda, tra la maggioranza locale drusa e gruppi beduini sunniti, ma soprattutto tra le due forze “esterne” a sostegno delle parti, Israele da una parte e le forze di sicurezza siriane “fedeli” al presidente Ahmed al Sharaa.
È stato proprio quest’ultimo, ex miliziano di Al Qaeda e dell’Isis, che col suo gruppo Tahrir al-Sham ha rovesciato nel dicembre 2024 il regime di Bashar al Assad, ad annunciare l’intesa e la presunta fine dei combattimenti nella regione.
In una nota ufficiale, la presidenza siriana ha invitato tutte le parti coinvolte a rispettare pienamente la tregua e a porre fine alle ostilità in ogni zona del Paese. “Qualsiasi violazione del cessate il fuoco sarà considerata una chiara violazione della sovranità”, si legge nel comunicato.
Parole che arrivano poche ore dopo la comunicazione dell’ambasciatore americano in Turchia e inviato speciale Usa per la Siria Tom Barrack, che aveva a sua volta annunciato come Israele e Siria avessero “concordato un cessate il fuoco, sottoscritto da Turchia, Giordania e i paesi vicini”, invitando poi “drusi, beduini e sunniti a deporre le armi e, insieme ad altre minoranze, a costruire una nuova e unita identità siriana in pace e prosperità con i suoi vicini”.
Sul campo però la situazione resta complicata e, soprattutto, il conto delle vittime si è fatto altissimo. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani sono almeno 718 i morti provocati dagli sconti nella provincia di Sweida, dove sarebbero ancora in corso scontri nel capoluogo Sweida ma anche sul fronte di Teloul Al-Safa, nel sud-est della Siria.
Dopo aver preso il potere a Damasco, la capitale bombardata nei giorni scorsi da Israele, il presidente ad interim Ahmed al Sharaa aveva assicurato che si sarebbe fatto “garante” delle minoranze nel Paese, dai drusi agli alawiti, da molti identificata con l’ex regime di Assad, fuggito lo scorso dicembre in Russia.
In realtà già a marzo vi erano stati massacri da parte delle forze di sicurezza siriane, gruppi militari non sempre sotto il controllo del governo di al Sharaa e in cui è forte la presenza di idee estremiste, contro la minoranza alawita a Latakia, città sulla costa siriana.
Milizie intervenute nei giorni scorsi anche nella regione di Suweyda lo scorso lunedì per interrompere gli scontri tra drusi e beduini, ma secondo plurime testimonianze citata da media come Bbc e New York Times, le forze di sicurezza di fatto hanno supportato negli scontri i beduini sunniti. Da qui l’intervento israeliano sia nella regione che con i raid a Damasco: lo stato ebraico da tempo si erge a “protettore” dei drusi, una minoranza religiosa non musulmana che accoglie nella propria dottrina elementi dell’islam, dell’ebraismo, dell’induismo e del cristianesimo. Un intervento che ha un duplice obiettivo: da una parte l’effettiva difesa della minoranza, dall’altra il respingimento delle forze di sicurezza siriane dall’area di confine tra Siria e Israele.