La denuncia della relatrice Onu Albanese
Gaza e Cisgiordania: “Sterminio e occupazione in Palestina sono un grande business”
Nel Rapporto si smaschera il ruolo di multinazionali, università e governi nell’economia globale che alimenta i crimini a Gaza, traendone profitto
Esteri - di Umberto De Giovannangeli

L’aveva anticipato in una intervista esclusiva a L’Unità: nel Rapporto che stava preparando per le Nazioni Unite avrebbe documentato le aziende che si arricchiscono con il sangue di Gaza. Un impegno mantenuto, da una donna, una professionista, coraggiosa: Francesca Albanese. In occasione della 59esima sessione del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, la Relatrice Speciale sulla situazione dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati dal 1967 ha presentato il suo ultimo Rapporto “From economy of occupation to economy of genocide” (datato 30 giugno 2025).
Il documento analizza l’evoluzione dell’occupazione israeliana in Palestina come progetto coloniale, alimentato e sostenuto da un ampio apparato economico-industriale che, secondo la Relatrice Speciale, ha raggiunto un nuovo stadio: quello dell’ “economia del genocidio”. “Mentre i leader politici e i governi si sottraggono ai loro obblighi, troppe entità aziendali hanno tratto profitto dall’economia israeliana dell’occupazione illegale, dell’apartheid e ora del genocidio”, si legge nel Rapporto. Settori chiave come l’industria militare, il settore tecnologico, il sistema finanziario e quello accademico sono profondamente integrati nell’infrastruttura dell’occupazione. In particolare, il Rapporto documenta come imprese israeliane e multinazionali (tra cui Elbit Systems, Lockheed Martin, Google, Microsoft e Amazon) abbiano fornito strumenti, tecnologie e supporto logistico che hanno alimentato il massiccio utilizzo della forza contro la popolazione civile palestinese. Queste collaborazioni includono forniture di armamenti, sistemi di sorveglianza biometrica, analisi predittive tramite intelligenza artificiale e servizi cloud critici per le operazioni militari. L’attuale complicità delle imprese, si legge nel Rapporto, rappresenta “solo la punta dell’iceberg”.
Un’attenzione particolare viene riservata al ruolo delle università, considerate parte integrante dell’apparato di oppressione, e alla loro responsabilità nella perpetuazione del regime di apartheid e nella produzione di conoscenze, tecnologie e narrazioni funzionali all’occupazione. Così il Rapporto: “Le principali università, in particolare quelle appartenenti al cosiddetto “Global Minority” (Stati occidentali ricchi), collaborano con istituzioni israeliane in ambiti che danneggiano direttamente i palestinesi. Al MIT, alcuni laboratori conducono ricerche su armamenti e tecnologie di sorveglianza finanziate dal Ministero della Difesa israeliano (IMOD), l’unico esercito straniero a finanziare la ricerca del MIT. Tra i progetti noti finanziati dall’IMOD, figurano il controllo di sciami di droni – elemento distintivo dell’assalto israeliano su Gaza da ottobre 2023 – algoritmi di inseguimento e sorveglianza subacquea. Dal 2019 al 2024, il MIT ha gestito un fondo seme Lockheed Martin, che collega studenti a team in Israele. Dal 2017 al 2025, Elbit Systems ha finanziato la sua adesione al programma MIT Industrial Liaison, ottenendo così accesso a ricerche e talenti. Il programma Horizon Europe della Commissione Europea facilita attivamente la collaborazione con istituzioni israeliane, incluse quelle coinvolte in pratiche di apartheid e genocidio. Dal 2014, la Commissione ha erogato oltre 2,12 miliardi di euro (2,4 miliardi di dollari) a entità israeliane, incluso il Ministero della Difesa, mentre le istituzioni accademiche europee beneficiano e rafforzano queste interconnessioni.
La repressione e la distruzione delle infrastrutture sono possibili anche grazie a tecnologie all’avanguardia messe a punto a livello nazionale e internazionale: piattaforme di difesa aerea, droni, strumenti di targeting alimentati dall’intelligenza artificiale e persino il programma F-35 guidato dagli Stati Uniti”.
Come si legge nel Rapporto, Israele “beneficia del più grande programma di approvvigionamento della difesa mai realizzato – per il jet da combattimento F-35, guidato dalla Lockheed Martin con sede negli Stati Uniti, insieme ad almeno 1.650 altre aziende, incluso il produttore italiano Leonardo S.p.a,e otto Stati”. Da ottobre 2023, questi equipaggiamenti hanno dato un “potere aereo senza precedenti”, permettendo di sganciare una stima di 85mila tonnellate di bombe, che hanno causato la morte o il ferimento di oltre 179.411 palestinesi. Oltre che un “bersaglio immobile”, Gaza è anche un gigantesco laboratorio per testare sul campo sistemi carcerari e di sorveglianza avanzati. Sono inclusi i sistemi di sorveglianza biometrica, sorveglianza attraverso droni, utilizzo di intelligenza artificiale e analisi dei dati per supportare le forze militari, predisposizione di reti avanzate di check point. Per sviluppare queste tecnologie, Tel Aviv si avvale della collaborazione di numerose società estere, a cominciare dalle statunitensi Ibm ed Hewlett Packard. Microsoft, che opera in Israele da quasi 40 anni, e fornisce sistemi e tecnologie per la sorveglianza nelle colonie illegalmente occupate.
C’è poi l’approvvigionamento energetico. La statunitense Chevron, l’inglese BP e la svizzera Glenocore sono tra i gruppi più impegnati nel fornire ad Israele materie prime energetiche e nello sviluppare i giacimenti locali. Chevron copre il 70% del fabbisogno energetico di Israele ed è azionista della Ese Mediterranean Gas Pipeline, che passa anche nelle acque palestinesi. Bp ha ottenuto licenze di esplorazione di giacimenti sottomarini in acque illegalmente sottratte da Israele alla Palestina. Ed ancora: sono stati titoli del tesoro a sostenere il bilancio israeliano. A comprarli alcuni dei più grandi istituti finanziari al mondo, come Bnp Paribas, Barclays, Blackrock, Vanguard, Allianz Pimco. Tra le compagnie assicurative, figurano Allianz e Axa. Anche i fondi sovrani, i fondi pensione e le organizzazioni benefiche basate sulla fede non sono esenti da questo elenco. Compaiono il Norwegian government pension fund e la cassa depositi e prestiti del Quebec, mentre tra gli enti di beneficenza il Fondo nazionale ebraico, i Christian Friends of Israeli Communities, la Dutch Christians for Israel e le organizzazioni affiliate che hanno sostenuto progetti nelle colonie. “Questo genocidio non è stato evitato, né è stato fermato, perché è redditizio. C’è gente che sta facendo soldi a costo del genocidio. Un sacco di soldi”, ha sintetizzato Albanese nel suo intervento di presentazione. L’economia del genocidio. Una economia globalizzata.