Il doppio fronte di Kiev
Ucraina, inferno di droni e missili russi sul Paese: Zelensky teme il piano di Trump con Kiev “merce di scambio” per Putin

L’ennesima notte drammatica per Kiev e l’Ucraina, alle prese da una parte con una offensiva russa che non conosce tregua e dall’altra da un fronte diplomatico internazionale che, in testa il presidente Usa Donald Trump, sembra aver dimenticato le sue istanze.
Nella notte tra lunedì 16 e martedì 17 giugno sono stati ben 444 i droni, di cui 280 del tipo kamikaze, e 33 missili (di cui due ipersonici) che si sono abbattuti sul territorio ucraino. Soltanto nella capitale Kiev sono morte almeno 17 persone, più di cento quelle rimaste ferite, mentre a Odessa le autorità locali segnalano la morte di una donna di 61 anni. Ma l’offensiva decisa dal Cremlino ha interessato anche le regioni di Zaporizhzhia, Cernihiv, Zytomyr, Kirovohrad e Mykolaiv.
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Attacchi confermati anche da parte russa, con Mosca che però sostiene siano state bombardate solo “strutture del complesso militare-industriale nelle regioni di Kiev e a Zaporizhzhia”.
Raid che per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sono invece “puro terrorismo. E il mondo intero, gli Stati Uniti e l’Europa, devono finalmente reagire come una società civile reagisce ai terroristi”, ha intimato il leader ucraino.
Parole che non nascondono i timori del presidente: gli attacchi notturni della Russia sul suo Paese arrivano mentre Donald Trump sta pressando la comunità internazionale, a partire dai leader presenti al G7 canadese di Kananaskis, a “riabilitare” Vladimir Putin. Il tycoon Usa lo ha proposto come possibile mediatore del conflitto tra Iran ed Israele, poi ha accusato il suo predecessore Barack Obama e l’ex primo ministro canadese Justin Trudeau di aver “cacciato” la Russia da quello che un tempo era il formato G8 a seguito dall’invasione e annessione della Crima.
L’altra preoccupazione, che accomuna Zelensky ai leader europei, è di un possibile “patto” tra Trump e Putin: intesa che potrebbe includere una sorta di scambio tra Medio Oriente ed Ucraina, sulla pelle degli ucraini e scaricando gli storici alleati europei. Si tratterebbe in sostanza del conferimento al “paria” Putin dello scettro di mediatore tra Iran ed Israele in cambio di una tregua in Ucraina, da firmare alle condizioni del Cremlino.
Una linea rossa che i capi di Stato e di governo europeo più forti sul dossier ucraino, da Macron a Merz passando per Starmer, non possono consentire di oltrepassare: al momento però nessuno dei tre ha in mano delle carte da giocarsi per impedire quella che ad oggi appare come uno scenario preoccupante.