Il post-referendum
Il socialismo non tace mai, e oggi ripete: riformismo radicale
La battaglia è stata perduta, ma andava sostenuta. Inutile fare i conti della serva, meglio pensare a sinistra a costruire un modello più largo e più aperto
Politica - di Enzo Maraio

Abbiamo perso. E bisogna essere chiari, noi che abbiamo sempre invitato il centrosinistra a fare autocritica abbiamo il dovere di dirlo. Fare il conto della serva su quante persone abbiano votato ai Referendum rispetto ai voti presi dalla coalizione di destra alle politiche, pone il ragionamento sul futuro del centrosinistra su un binario sbagliato. Il tecnicismo non può venire prima della politica. I Referendum andavano sostenuti, e sono ancor oggi convinto della scelta per due motivi principali: riportare al centro del dibattito i temi del lavoro e della cittadinanza; tutelare i diritti di tanti giovani. Ma sono stati un fallimento.
Inutile, ripeto, girarci intorno. Sono stati un fallimento perché le massime cariche istituzionali si sono iscritte tutte al partito dell’astensione creando un vulnus democratico con pochi precedenti. Sono stati un fallimento per l’incapacità del centrosinistra di aprirsi al dialogo con tutte le forze politiche alternative al governo, chiudendosi a riccio in un “cuore dell’alleanza” che non basta, è molto limitata ed è destinata a perdere. Lo dicono i numeri. L’obiettivo era aprire. Affrontare il tema delle prossime elezioni regionali con lo stesso atteggiamento con cui si è organizzata la manifestazione per Gaza – dove è stato miope mettere un recinto organizzativo della manifestazione ristretto a tre forze politiche – o con cui è stata affrontata la campagna referendaria ci farebbe perdere quell’ipotetico vantaggio che ci consegnano oggi i sondaggisti.
Il “testardamente unitari” di Elly Schlein, siamo pienamente convinti che sia la strada giusta, va declinato in forma diversa. Deve essere la narrazione dell’allargamento. Qualcuno lo legge in maniera differente. L’idea del “cuore dell’alleanza”, come la amano chiamare gli amici Bonelli e Fratoianni, rischia di generare equivoci. Troppo spesso si ha l’impressione che voglia essere la diffidenza, per non dire chiusura, al dialogo con le altre forze politiche quali quelle cattoliche, riformiste e socialiste. Nelle prossime settimane ci concentreremo su questo perché emerge l’esigenza di aprire un confronto con tutte le anime della sinistra per definire le priorità del mondo nuovo, a partire da quel “riformismo radicale” che è da sempre la bussola della nostra azione politica. La sinistra, per essere alternativa credibile di governo, dovrà resistere al fascino del populismo, abbandonare il massimalismo giustizialista, preferire l’etica pubblica al moralismo, coniugare la competitività delle nostre imprese con il lavoro. Inviteremo tutti alla riflessione. Perché, è il caso di dirlo questa settimana che abbiamo ricordato Giacomo Matteotti, il ‘socialismo non tace’. Mai.