Parola alla storica

Parla Emma Fattorini: “Prevost darà ordine al disordine di Bergoglio”

«Leone XIV avrà stile e forma diversi da Francesco: porterà avanti in maniera ordinata i processi disordinati avviati dal suo predecessore. Senza grandi gesti simbolici, con la rassicurazione di un agostiniano non divisivo. Ma non darà un colpo al cerchio e uno alla botte per accontentare tutti»

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

11 Maggio 2025 alle 16:00

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Photo credits: Andrea Di Bigio/Imagoeconomica
Photo credits: Andrea Di Bigio/Imagoeconomica

I segni, le parole, le priorità del nuovo pontefice. L’eredità di Francesco. La parola a Emma Fattorini, politica, storica e scrittrice italiana. Prof.ssa Emerita di Storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma, la professoressa Fattorini è studiosa di storia della Chiesa contemporanea, della religiosità nelle società post-moderne e del culto mariano.

Professoressa Fattorini, una delle parole più pronunciate da Leone XIV dopo la sua elezione a Papa è stata “pace”. Ci aiuti a declinarla.
L’ha pronunciata per nove volte. Ma non è stata una evocazione sui generis. L’ha fatto legandola fortemente nella sua radice teologica, già nel suo incipit: “È la prima parola che il Cristo risorto rivolge ai suoi discepoli, disorientati, confusi. Che si sentono abbandonati. La pace sia con voi. Una pace disarmata e disarmante, umile e perseverante”. Sottolineo questo punto perché l’invocazione di Leone XIV non può essere ridotta ad un appello ad un pacifismo di maniera, facilone.

Una pace “disarmata” e “disarmante”, ha detto Papa Prevost.
Disarmarsi ricorda una importante meditazione di Atenagora (1886-1972), Patriarca di Costantinopoli dal 1948 “Occorre condurre la guerra più dura, che è la guerra contro se stessi. Occorre giungere a disarmarsi… sono disarmato dal volere avere ragione, dal cercare di giustificarmi screditando gli altri. Accolgo e condivido. Non tengo particolarmente alle mie idee, ai miei progetti…”. E questo non per codardia e arrendevolezza. Ma per non spargere odio, fare prima pace con e in noi stessi.

Molto si è discusso e ancora si discuterà sul lascito di Papa Francesco. Già si sta facendo l’esame del sangue “bergogliano” del nuovo Pontefice.
Papa Leone XIV avrà stile e forma molto diversi da Papa Francesco: porterà avanti in modo ordinato i processi disordinati avviati dal suo predecessore. Non ha parlato in inglese ma in italiano e in spagnolo per dimostrare che il suo cuore, le sue radici vengono da lì, ma si è mostrato con il vestito, rassicurante per i tradizionalisti, cioè la mazzetta rossa, la stola. Lo farà senza ostentazione, ma con misura. Senza grandi gesti simbolici ma con discrezione, con la rassicurazione di un agostiniano non divisivo e però neppure facilmente compromissorio Si occuperà della ‘forma’ della Chiesa, quando forma vuole dire anche sostanza. Questo non vuole dire che la sua continuità sia ‘finta’, di facciata, solo per accontentare gli orfani di un Papa che ha scaldato tanti cuori e indicato tante strade. Papa Leone non è uno che darà un colpo al cerchio e uno alla botte, per tenere tutti insieme, per accontentare tutti.

E sul piano interno?
Sarà unitario e non allarmerà la Curia, anzi la rassicurerà, riportando ordine e valorizzando gli incarichi dei suoi collaboratori. Non regnerà nella solitudine di un monarca ma cercherà la sintesi nella collegialità. I richiami alla sinodalità tanto voluta da Bergoglio sono un esempio di continuità ma saranno più regolamentati.
Ricordiamoci che è un “canonista”, un esperto di diritto canonico e un matematico. Dovremmo dunque aspettarci una precisione nei punti critici lasciati aperti da Papa Francesco. Il caso del cardinal Becciu, per tutti.

Nella Chiesa i simboli come i nomi sono messaggi lanciati al mondo. Quale “messaggio” si cela dietro la scelta del nome Leone?
L’attenzione ai segni dei tempi, quella che ebbe Leone XIII, il Papa che interpretò un passaggio d’epoca, quello tra Otto e Novecento. Quel Papa superò l’atteggiamento radicalmente intransigente della Chiesa contro la modernità portata dalla Rivoluzione francese, e che aveva reagito alla secolarizzazione con il rifiuto di tutto ciò che era moderno, e che costringeva la Chiesa a diventare una parte (e per di più molto secondaria) della società, della politica e dello Stato. Come il Papa Leone di allora anche il Papa Leone di oggi si trova a governare dentro un’epoca di grande cambiamento. Allora, in piena rivoluzione industriale, con nuovi soggetti, la classe operaia, i capitalisti, il socialismo fonda le basi della dottrina sociale della Chiesa con l’enciclica Rerum Novarum del 1891. Nella quale si oppone al socialismo sul suo stesso terreno: contro il capitalismo selvaggio e lo sfruttamento dei lavoratori ma anche contro la lotta di classe e l’abolizione della proprietà privata. Getta le basi dell’associazionismo cattolico, dei sindacati, e delle cooperative bianche. Quello che oggi si chiamerebbe ‘terzo settore’ o organi intermedi, che come la famiglia in primis e le piccole comunità sono luoghi prioritari per la identità e l’agire cristiano. All’apparenza quello che dice Vance sull’ Ordo amoris di Agostino (amare in primo luogo chi è più vicino) ma che per Leone XIV non contraddice la vicinanza e l’accoglienza di quello più lontano, come i migranti e gli altri popoli. Anzi, il contrario.

Papa Francesco, come anche i suoi predecessori, penso a Giovanni Paolo II e altri, si è cimentato da protagonista con uno scenario geopolitico a dir poco movimentato. Quali sono su questo versante, le cose che a lei sembrano di maggiore interesse?
Sulla geopolitica, la parte più in ombra in questi giorni, sembra essere il rapporto con la Cina, anche dopo la mancata elezione al soglio di Pietro Parolin, il Segretario di Stato: non sempre valorizzato da Bergoglio che pure ne condivideva in pieno il lavoro diplomatico verso la Cina. L’Asia è il futuro della Chiesa ripeteva Papa Francesco, al cardinal Tagle, altro favorito in Conclave e che molto probabilmente ha fatto confluire i propri voti, come anche Pietro Parolin, sul nome di Prevost. È del resto piuttosto convincente che ciò sia avvenuto in cambio di una rassicurazione che Asia e Cina saranno comunque al centro delle attenzioni del nuovo pontificato. E a partire da una rivitalizzazione della, un po’ troppo dimenticata, diplomazia vaticana che ha avuto una storia gloriosa, eppure mortificata da Bergoglio che anche in geopolitica preferiva agire direttamente, con l’ormai famosa disintermediazione. Pietro Parolin, che in questa prospettiva potrebbe addirittura vedere conservato e valorizzato il suo incarico di Segretario di Stato, viene dalla nobile e prestigiosa tradizione che fu dei cardinali Agostino Casaroli e Achille Silvestrini. La famosa diplomazia dell’Ostpolitik della Santa Sede verso l’Unione Sovietica e che portò risultati notevolissimi negli accordi di Helsinki (1975) quando si ottenne il riconoscimento della libertà religiosa e di pensiero, alla stregua di diritti umani. E che furono sottoscritti dalla stessa Unione sovietica. Il rapporto difficile con la Cina, nella ovvia diversità del contesto storico, non è così dissimile alla strategia dell’Ostpolitik verso la Russia comunista. Cina e Vaticano non hanno legami diplomatici ufficiali, ma nell’ottobre del 2024 hanno prorogato per altri 4 anni lo storico accordo del 2018 voluto da Papa Francesco sulla nomina congiunta dei vescovi in Cina. I cattolici cinesi sono divisi tra Chiesa clandestina fedele alla Santa sede e Associazione patriottica cattolica, sotto la supervisione statale.
La Cina, subito dopo l’elezione ha espresso “L’auspicio che sotto la leadership del nuovo Papa il Vaticano continui nell’impegno per il dialogo costruttivo con la Cina e svolga comunicazioni approfondite su questioni internazionali di reciproco interesse”. Non proprio un abbraccio appassionato ma il segnale importante che si deve continuare sulla strada tracciata da Bergoglio e seguita con attenzione dal suo Segretario di Stato, Parolin.

 

 

 

 

11 Maggio 2025

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