IL Corsera e l'ideologia di Fdi

Il Corriere della Sera lasci in pace Erodoto

Ormai catturato dai miti della destra radicale, il Corsera ritiene di aver trovato la giustificazione al postulato secondo cui unicamente questo lembo di suolo, l’Occidente, possiede gli strumenti per la comprensione del passato proprio e altrui

Editoriali - di Michele Prospero

11 Maggio 2025 alle 17:00

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Photo credits: Andrea Panegrossi/Imagoeconomica
Photo credits: Andrea Panegrossi/Imagoeconomica

Nella battaglia infinita che ha ingaggiato in vista della rinascita dell’idea sacra di Occidente, adesso il Corriere della Sera, in un editoriale firmato da Ernesto Galli della Loggia, arruola nientemeno che Erodoto. Bersagli sono il pensiero cattolico e quello progressista, rei di reputare che “il mondo sia una cosa sola”. Mediante una citazione dello storico di Alicarnasso, il giornale, ormai catturato dai miti della destra radicale, ritiene di aver trovato la giustificazione al postulato secondo cui unicamente questo lembo di suolo (l’Occidente, per l’appunto) possiede gli strumenti per la comprensione del passato proprio e altrui.

In realtà, il riferimento ad Erodoto mostra in sé come a fondamento del vagheggiato scontro di civiltà ci sia qualcosa di ambiguo: l’Occidente è uno spazio o un valore? Se conta la dimensione territoriale, colui che è considerato il fondatore della storiografia, quale sapere ancorato alla documentazione e al viaggio per la conoscenza anche di micro-eventi, propriamente non è un nativo dell’Occidente. Il greco (per cultura) Erodoto, che loda le leggi della città in quanto perno del contrasto tra Oriente e Occidente, è infatti originario di una località costiera dell’Asia Minore. Sebbene legato al modello di Atene, nell’approccio verso i barbari con la pelle scura egli non rivela alcun disprezzo in nome di una scala valoriale preconcetta. Per lui, anzi, gli “scrupolosissimi egiziani” sono “gli uomini di gran lunga più dotti di cui io sia giunto a fare esperienza”. Dichiarando inoltre di aver “esposto i risultati di quanto ho visto, riflettuto, e appreso con le mie ricerche”, Erodoto ravvisa che “l’Egitto contiene moltissime meraviglie, e presenta, a preferenza di ogni altro paese, opere che sorpassano ogni descrizione”. Non a caso certe usanze religiose, sensibilità artistiche, pratiche della medicina “sono venute nell’Ellade dall’Egitto”.

E’ arduo forzare il brano di uno storico così pluralista e tollerante rispetto al diverso, per farne un campione dell’Occidente da intendere come fortezza blindata investita della missione di difendersi dalle mentalità maggiormente ristrette che provengono dai lidi africani e dai deserti asiatici. Il ministro Valditara, tra l’altro, avrebbe i mezzi per suggerire al suo consigliere le insidie di un concetto statico di Occidente, dato che proprio l’antica Roma ha assorbito quelle incolte zone d’Africa da cui, a detta dello storico di governo, l’Europa dovrebbe immunizzarsi: la Libia ha fornito, come è noto, un imperatore abbronzato. E negli anni Trenta, per risalire alla causa della decadenza del primato romano, non per niente Giorgio Almirante prendeva di mira Caracalla,figlio dell’africano Settimio Severo” e portatore del “mal francese”, emblema dello sradicamento multietnico avanzante. Grazie al celebre Editto, un impero plurilingue, dalle molteplici religioni ed etnie, attingeva l’unificazione politica con la estensione della cittadinanza ai provinciali novi cives. Era a suo modo un precedente del patriottismo civico oggi tanto inviso al Corriere. Ecco perché Almirante inveiva nei confronti della dinastia che aveva reso “Roma come la Nuova York dei tempi antichi: un immenso crogiuolo di civiltà, di riti, di razze”.

Il quotidiano milanese, anch’esso spinto dalla furia identitaria nel segno di una escludente cultura occidentale, teme persino le conquiste del costituzionalismo. Dopo essersi scagliato contro “l’astrattezza e la formalità” del diritto, denuncia quindi la sua “presunta universalità” che non è nulla se non “la disincarnata, algida prescrizione delle regole”. Su basi siffatte, un Occidente spogliato di forme e costituzioni democratiche si dimostra nient’altro che terra e sangue (va in tal senso rivendicato “il passato così inquietante per il sangue di cui gronda”). Lo spettro di Almirante si aggira in via Solferino. Per orientarsi nella categoria di Occidente, però, qualche anno prima c’era anche chi dal carcere aveva afferrato un nodo essenziale: “È evidente che Est e Ovest sono costruzioni arbitrarie, e convenzionali (storiche), poiché fuori della storia reale ogni punto della terra è Est ed Ovest nello stesso tempo: costruzioni convenzionali e storiche non dell’uomo in generale, ma delle classi colte europee, che attraverso la loro egemonia mondiale le hanno fatte accettare a tutto il mondo”. In virtù di una simile egemonia, le rappresentazioni degli intellettuali europei hanno assunto la maschera, invero non sempre credibile, dell’universalismo.

Quando già la centralità del Vecchio Continente cominciava a declinare, Weber si interrogava sulla eclissi della razionalità del moderno. Pure Gramsci lambiva la tematica allorché osservava che la nozione unitaria di Occidente, “poggia su tre piloni: lo spirito critico, lo spirito scientifico, lo spirito capitalistico (forse sarebbe meglio dire «industriale»). I due ultimi sono saldi (se «capitalismo» = «industrialismo» sì), il primo invece non lo è più, e perciò le élites spirituali di Occidente soffrono di squilibrio e di disarmonia fra la coscienza critica e l’azione”. Con uno spirito critico che allora sembrava ovunque al tramonto, e tuttavia a lui certo non mancava, Gramsci studiava non soltanto americanismo e fordismo, ma anche il Giappone, la Cina. E annotava al riguardo: “Atlantico-Pacifico. Funzione dell’Atlantico nella civiltà e nell’economia moderna. Si sposterà questo asse nel Pacifico? Le masse più grandi di popolazione del mondo sono nel Pacifico: se la Cina e l’India diventassero nazioni moderne con grandi masse di produzione industriale, il loro distacco dalla dipendenza europea romperebbe appunto l’equilibrio attuale: trasformazione del continente americano, spostamento dalla riva atlantica alla riva del Pacifico dell’asse della vita americana, ecc. Vedere tutte queste quistioni nei termini economici e politici (traffici, ecc.)”.

Alla luce degli odierni cambiamenti epocali, che in prospettiva intaccano assetti geopolitici, culturali e di ricchezza sorti decenni o addirittura secoli addietro, è manifesto come le mappe concettuali vadano aggiornate disobbedendo agli oscuramenti ministeriali circa i trascorsi di altre regioni del pianeta assurte a indiscusse protagoniste. Al Corriere fanno pura ideologia nel momento in cui, accennando ad una destrorsa cancel culture all’italiana, agitano una nostalgica visione di Occidente completamente estranea ai processi storici effettivi, i quali annunciano che il mondo è divenuto una cosa sola.

11 Maggio 2025

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