L'agosto caldo del 1968

Cosa è successo alla convention Dem del 1968: i Chicago Seven e l’orgia di violenza contro la pace

A protestare contro la guerra in Vietnam c’erano gli yippies di Rubin e Hoffman, e la Sds, i giovani dell’organizzazione studentesca. In centinaia furono picchiati a sangue, in quella che fu definita “una sommossa della polizia”, come non se ne videro più fi no al G8 di Genova

Editoriali - di David Romoli

23 Agosto 2024 alle 17:00

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Cosa è successo alla convention Dem del 1968: i Chicago Seven e l’orgia di violenza contro la pace

La commissione incaricata di chiarire cosa avesse provocato l’ondata di repressione selvaggia e brutale violenza che accompagnò la Convention democratica dell’agosto 1968 a Chicago emise un verdetto. Scrisse che si era trattato di “una sommossa della polizia”. Per rintracciare qualcosa di simile in un democratico Paese occidentale, in seguito, bisogna fare un salto nel tempo di oltre 30 anni e traversare l’Atlantico per arrivare a Genova 2001. A Chicago, come 33 anni dopo a Genova, la democrazia fu sospesa per alcuni giorni e le forze dell’ordine si abbandonarono a un’orgia di violenza indiscriminata che prese di mira non solo le decine di migliaia di ragazzi pacifisti che erano accorsi nella metropoli dell’Illinois per protestare soprattutto con la guerra e i bombardamenti sul Vietnam del Nord ma anche i giornalisti che seguivano i lavori della Convention nel Conrad Hilton Hotel e persino i delegati del Partito democratico.

A lanciare l’appello per una manifestazione nazionale in contemporanea con la Convention era stato, già nell’autunno del 1967, il Mobe, National Mobilization Committee to End the War in Vietnam, diretto da David Dellinger, militante pacifista non violento. Il Comitato aveva fondamentalmente lo scopo di mantenere i collegamenti fra le centinaia di gruppi contro la guerra che si erano creati in tutti gli Usa. Per gestire la mobilitazione nazionale il Mobe aprì una sede a Chicago e la affidò a due dei principali ex dirigenti della Sds, Students for a Democratic Society, la principale organizzazione studentesca che aveva gestito le lotte nei campus negli anni precedenti: Rennie Davis e Tom Hayden, autore del Manifesto di Port Huron, il documento che nel 1962 aveva inaugurato la mobilitazione studentesca nelle università.

All’appello risposero subito i leader degli yippies Jerry Rubin e Abbie Hoffman. Erano hippies ma politicamente impegnati, noti per le manifestazioni molto spettacolari, decisamente “situazioniste”, della loro protesta, che puntava su gesti particolarmente provocatori, teatro di strada, mix tra musica e protesta politica. Secondo il loro stile, promisero di fare pazzie a Chicago, si impegnarono per esempio a inondare le tubature dell’acqua con acido lisergico e di incaricare le loro militanti più avvenenti di sedurre i delegati. Il solo a prendere sul serio le loro provocazioni fu il sindaco di Chicago Richard Daley. Primo cittadino dal 1955, abituato a usare le maniere forti, aveva quasi costretto i Democratici a spostare la Convention dal Texas alla sua città. Non intendeva permettere alla protesta di guastare quella che interpretava come una celebrazione del suo trionfo come sindaco. Si impegnò a difendere “la legge e l’ordine” a qualsiasi costo e non parlava a vuoto.

Nella settimana della Convention a Chicago furono mobilitati 12mila poliziotti con turni allungati dalla abituali 8 ore a 12 ore, l’esercito fornì 6mila militari armati, altrettanti ne mise a disposizione la Guardia Nazionale, che aggiunse però altri 5mila effettivi di riserva. Accorsero a Chicago anche mille agenti dell’Fbi e dell’intelligence militare più mille agenti dei Servizi segreti. L’hotel in cui si teneva la Convention fu circondato da filo spinato e posti di blocco. La manifestazione si svolse a tutti gli effetti in una città in stato d’assedio. Cominciò subito malissimo. Il 22 agosto la polizia uccise un ragazzo di 17 anni che, fermato per aver violato il coprifuoco, aveva minacciato gli agenti con una pistola. Il giorno dopo gli yippies presentarono il loro candidato per la presidenza, Pigasus, un grosso maiale procurato dal cantautore Phil Ochs. Le forze dell’ordine non apprezzarono: Ochs e Jerry Rubin finirono in cella con una decina di altri yippies.

I manifestanti erano concentrati nel Lincoln Park, dal quale peraltro la polizia li sloggiava alle 11 di sera in base alla regola della città che vietava l’uso dei parchi oltre quell’ora. La sera del 24 agosto Allen Ginsberg guidò un corteo fuori dal parco e finì in scontri e pestaggi. La situazione degenerò il giorno seguente. Nel parco era in programma un festival rock, anche se la sola band che riuscì a esibirsi, per un po’, furono gli MC5, leggendaria band militante e protopunk di Detroit. La polizia, senza alcun motivo reale, vietò al camion sul quale dovevano esibirsi le band l’ingresso nel parco. Mentre i leader degli yippies trattavano con la polizia si verificarono i primi incidenti che divamparono poi nella notte, dopo che ai manifestanti, alle 11 in punto, erano stati cacciati dal parco. Fino all’alba la polizia manganellò non solo i dimostranti ma anche giornalisti, fotografi e passanti.

Gli scontri si ripeterono il 26 agosto all’interno del Grant Park e sfociarono in una vera battaglia il 28 agosto, ultimo giorno della Convention, in Michigan Avenue, di fronte al Conrad Hilton. Humphrey ottenne la nomination mentre le televisioni mandavano in onda le immagini degli scontri e dei pestaggi e le denunce dei giornalisti, tra cui Dan Rather, che denunciavano “lo Stato di polizia”. La carica della polizia di fronte all’albergo, particolarmente brutale, fu ripresa dalle televisioni per 17 minuti consecutivi, con i ragazzi che urlavano “The Whole World is Watching”, Tutto il mondo sta guardando. Nel suo rapporto sugli incidenti, il Chicago Study Team diretto dal futuro governatore dell’Illinois e dirigente Democratico Daniel Walker, avrebbe poi denunciato “la sfrenata e indiscriminata violenza della polizia” spesso rivolta contro “persone che non avevano infranto alcuna legge, né disobbedito ad alcun ordine e che non costituivano minaccia alcuna”.

La polizia inseguì i dimostranti a ridosso e persino all’interno dell’hotel, manganellò giornalisti e delegati, fece un uso tanto massiccio dei gas lacrimogeni che fumo raggiunse e lo stesso candidato e vicepresidente Hubert Humphrey. Il 29 agosto il candidato pacifista sconfitto, Eugene McCarthy, tenne un comizio in Grant Park, l’unico spazio lasciato a disposizione dei manifestanti ma la polizia lo interruppe con nuovi attacchi indiscriminati. Cinque ore più tardi, dopo aver isolato le linee telefoniche per impedire richieste d’aiuto, irruppe nella sala dove si svolgeva il party d’addio dei volontari della campagna di McCarthy pestò selvaggiamente i partecipanti. Uno dei capitoli peggiori nella storia della democrazia americana poteva finire qui. Invece ebbe un seguito se possibile anche peggiore. Il 20 marzo 1969 8 leader della protesta a Chicago e altrettanti poliziotti furono rinviati a giudizio. I leader del Mobe e degli Yippies con le accuse di cospirazione e di aver attraversato i confini dello Stato dell’Illinois al fine di provocare violenze.

Le stesse accuse furono mosse contro Bobby Seale, leader e fondatore con Huey Newton del Black Panther Party, che in realtà era rimasto a Chicago solo due giorni. Altri due militanti, John Froines e Lee Weiner furono accusati di aver insegnato ai dimostranti come costruire bottiglie incendiarie. Quando l’avvocato di Seale, ricoverato, non potè presenziare al processo il giudice Juilius Hoffman rifiutò di posporre l’udienza e negò all’imputato il diritto di difendersi da solo. Di fronte alle sue proteste ordinò che fosse legato alla sedia e imbavagliato. Dopo tre udienze in queste condizioni la sua posizione fu stralciata e i “Chicago 8” diventarono i “Chicago 7”, noti anche come “i sette della cospirazione”.

Seale fu comunque condannato, come tutti gli altri imputati e due degli avvocati, per oltraggio alla corte. La pena per il militante nero, oltre 4 anni di carcere, era la più alta mai comminata sino al quel momento per oltraggio alla Corte. Dei 7 imputati tutti tranne Froines e Weiner furono condannati a cinque anni di carcere. Le accuse contro gli 8 poliziotti invece caddero. Il processo d’appello, nel 1972, rovesciò la sentenza, assolse tutti gli imputati e censurò esplicitamente il giudice Hoffman per la sua gestione del primo processo. La pagina nera della Convention di Chicago si chiuse solo con quella sentenza.

2. Fine (La prima puntata è stata pubblicata mercoledì 21 agosto)

23 Agosto 2024

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