Parola alla politica e studiosa

“L’hanno accusato di eresia ma Francesco ha rimesso al centro il Vangelo: non gliel’hanno perdonato”, parla Emma Fattorini

«Francesco ha definito la Chiesa un ospedale da campo, pronto a soccorrere e difendere gli ultimi: migranti, stranieri, poveri. In tanti, anche dentro la Chiesa, non gliel’hanno perdonato»

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

22 Aprile 2025 alle 14:30

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Pope Francis appears on the central lodge of St. Peter\’s Basilica to bestow the Urbi et Orbi (Latin for to the city and to the world) blessing at the end of the Easter mass presided over by Cardinal Angelo Comastri in St. Peter\’s Square at the Vatican Sunday, April 20, 2025. (AP Photo/Gregorio Borgia) Associated Press / lLaPresse Only italy and spain
Pope Francis appears on the central lodge of St. Peter\’s Basilica to bestow the Urbi et Orbi (Latin for to the city and to the world) blessing at the end of the Easter mass presided over by Cardinal Angelo Comastri in St. Peter\’s Square at the Vatican Sunday, April 20, 2025. (AP Photo/Gregorio Borgia) Associated Press / lLaPresse Only italy and spain

Il segno di un Pontificato che ha lasciato un segno indelebile. Il segno di Jorge Bergoglio. L’Unità ne discute con Emma Fattorini, politica, storica e scrittrice italiana. Ordinaria di Storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma, la professoressa Fattorini è studiosa di storia della Chiesa contemporanea, della religiosità nelle società post-moderne e del culto mariano. Della sua importante produzione saggistica, ricordiamo il recente Achille Silvestrini. La diplomazia della speranza; Italia devota. Religiosità e culti tra Otto e Novecento; Pio XI, Hitler e Mussolini. La solitudine di un papa. Nel suo campo, un’autorità assoluta.

Professoressa Fattorini, cosa ha rappresentato papa Bergoglio e il suo pontificato nella storia della Chiesa cattolica e oltre?
È stato un pontificato di vera discontinuità. E lo è stato fin dal primo momento. Ricordo come fosse ora la prima parola che ha pronunciato quando apparve dal balcone di Piazza San Pietro dopo essere diventato Papa: “Buonasera”. Questo mi ha ricordato il congedo di Papa Giovanni XXIII quando, pochi giorni prima della sua morte, disse alla folla di Piazza San Pietro “Quando tornate a casa date una carezza ai vostri bambini da parte del Papa”. Era lo stesso tono, il medesimo significato, trovare una intesa con le persone con semplicità: sono uno di voi. Quello di Bergoglio è stato un colloquio diretto col popolo fin dal primo momento. Che è quello che conta. Così i suoi primi gesti, semplici, non ostentati, che poi in seguito segneranno tutto il suo pontificato. E che saranno oggetto di divisione e poi anche di assuefazione. Ma che all’inizio rappresentarono uno scarto col passato.

A cosa si riferisce?
Beh, pensiamo a quando lui usava la sua borsa di lavoro consunta, quella che aveva sempre utilizzato. O alle uscite dal Vaticano per andare dal suo ottico; quelle scarpe nere usurate ma comode, viaggiare in utilitaria…Questo ci dava già il segnale di quello che sarebbe stato. E già i primi gesti, ancor prima delle parole, se da una parte creavano tanta empatia dall’altra allarmavano. Per alcuni rappresentavano vicinanza e in altri creavano sdegno. Insomma, un pontificato che nasce fin da subito all’insegna della polarizzazione, via via sempre più estrema: eretico, populista, peronista per i nostalgici di Ratzinger (con il quale avrebbe convissuto in pace se non fosse stato per le tifoserie); profetico rivoluzionario, quasi ‘come l’unico leader di sinistra rimasto’ per gli innovatori. E così la polarizzazione, segno dei nostri tempi così tormentati, è diventata anche la maledizione dei tempi della chiesa. Quello di Bergoglio è stato un pontificato di ritorno al Vangelo sine glossa, senza tanti commenti, preso alla lettera. Tornare direttamente al Vangelo. Una cifra, del resto propria di tante eresie. E del resto gli oppositori lo hanno spesso stigmatizzato come eretico.

Francesco l’eretico…
Era considerato un gesuita latino-americano. E questo lo era davvero. Bergoglio non aveva granché in simpatia l’Europa di Bruxelles, che definiva fredda, grigia, disincarnata . Legato al popolo più che un populista latino-americano Bergoglio in ogni sua fibra, fino alle ultime ore della sua vita testimoniava il bisogno, non solo nei gesti, di stare con il popolo, con il suo popolo, la sua gente. Ma direi con tutti. Una delle sue prime metafore, che dà bene l’idea della Chiesa di Francesco, è quella di “ospedale da campo”. Uscire fuori. Andare nelle periferie, verso gli ultimi. Avere “l’odore delle pecore”. E quindi fraternità. Fratelli tutti. Questo aveva un profondo significato teologico. Bergoglio è stato il Papa del popolo. E che annusava i problemi della gente. La sua enciclica Laudato sì, sulla difesa della casa comune coglie una questione fondamentale nella difesa della natura, del creato, ma non è un spot ecologista, come gli è stato rimproverato. Ha una rara finezza teologica. Un Papa però che portava in sé una continua contraddittorietà interna che è stata un’altra cifra del suo pontificato.

Ad esempio?
Pensiamo quelli che una volta, per fortuna non più, venivano etichettati come temi “eticamente sensibili” e controversi. È il primo Papa che apre alla questione Lgbt. E lo fa con la logica “giovannea”: distinguere il peccato dal peccatore. Noi, diceva, dobbiamo avere a cuore il rapporto con le singole persone omosessuale; restava però ambiguo il giudizio il che creava anche tanta confusione, sul piano pratico. Basti pensare al tema della benedizione delle coppie gay. E a tanti stop and go al riguardo. Anche sul tema delle donne nella Chiesa: si è sempre dichiarato aperto e conseguentemente le ha promosse a ruoli apicali nella governance del Vaticano, ma non ha fatto però passi avanti nella strada del diaconato femminile. Fondamentale. Queste contraddizioni, nella sostanza, non hanno però fatto velo ad una inedita, grande apertura. Eppure sugli stessi temi restava anche un conservatore. Sull’aborto ha detto parole che non erano state pronunciate con questa virulenza, parlando di omicidi… Altro tema fondamentale, il suo tentativo di riformare la Chiesa, la curia, le gerarchie, la governance. Tutti ci hanno provato. La riforma della curia è stata nell’agenda di tutti i pontificati, ma non c’è mai riuscito nessuno. Chi scredita questo suo tentativo, dimentica, o fa finta di scordare, questa verità storica. Quello che colpisce, anche qui, è la sua contraddittorietà interna. Da una parte si proponeva come riformatore, fuori da ogni regola e vincolo; dall’altra, era molto autoritario. Nella storia dei Papi del ‘900 si potrebbe iscrivere tra quelli, tra mille virgolette, “assai poco democratici”. Lui decideva da solo. Lo faceva con quei suoi gesti rapidissimi. Spesso sbagliava nella scelta delle persone, e poi si ricredeva. Ha fatto cose di istinto, comunque di vertice.

Per arrivare a quale conclusione, professoressa Fattorini?
Bergoglio lascia un grande vuoto in un mondo sempre più disordinato, popolato da leader inquietanti, irresponsabili. Pieno di conflitti, guerre sanguinose, odi di ogni sorta. Fa riflettere che l’ultima personalità pubblica che ha visto sia stato Vance. La vera caratteristica importante del pontificato di Francesco è stata l’essere dalla parte degli ultimi. Sempre e comunque. Un tema che l’ha accompagnato sino all’ultimo giorno è stato quello della sofferenza. I suoi ultimi discorsi erano molto profondi, le meditazioni mattutine che riservava a quelli che andavano a Santa Marta e che poi giravano ma erano poco conosciute. La sofferenza dei poveri, il dolore degli ultimi, dei più indifesi, dei senza diritti. Degli scarti. Quelli di cui nessuno si cura, quindi il tema dell’immigrazione. Una delle immagini che più ho amato di questo pontificato è quello della sua solitudine durante il Covid. Quel vecchio uomo vestito di bianco, solo in una Piazza San Pietro vuota, spettrale, deserta e silente. Quella è una immagine che resterà nella storia.

E ora, cosa potrà succedere?
C’è da essere preoccupati. Si sapeva che stava molto male, ma negli ultimi giorni, con le sue uscite, il suo manifestarsi in pubblico, si era portati a pensare, a sperare, che qualche miglioramento era avvenuto, che la situazione non sarebbe precipitata così repentinamente. Anche se sembrava fare di tutto per non riguardarsi.
C’è parecchia confusione. Lo si vede negli sguardi attoniti di molti cardinali. C’è d’attendersi una polarizzazione maggiore del solito. Una polarizzazione sulla nazionalità, ad esempio. Italiano, europeo, africano, asiatico… La scelta geopolitica in assoluto più significativa del suo pontificato è stata quella del rapporto con la Cina. Un accordo con la Cina non definitivo, che si rinnova e che non è pubblico. È una storia molto interessante quella della Chiesa con la Cina, fatta di stop and go.
Bergoglio guardava con interesse crescente, continuo, a questo rapporto. Uno sguardo, il suo, verso l’Asia. Oggi, però, vedo molta confusione, che poi riflette quella che c’è nel mondo. Forse il nuovo papa verrà da quel continente. Mai ho visto la Chiesa così in balìa, anche in senso buono, come avrebbe detto Francesco. Lui insisteva sull’uscire fuori. La contaminazione con l’esterno significa anche che ti contamini nel bene, ma anche nel male. Bisogna vedere se ci sono risorse sia di classi dirigenti, si direbbe in termini laici, sia spirituali. Vedremo cose molto strane. Ma ricordiamoci che per chi crede è lo Spirito che deve parlare. Si vedrà anche quante risorse, e riserve abbia la chiesa in termini interiori e spirituali. Certo che essendo contaminata con un esterno così terribile…

Un Papa polarizzatore. Un Papa degli ultimi. Bergoglio è stato anche un innovatore nella comunicazione.
Soprattutto. Lo è stato in modo straordinario. Sia con i gesti sia con le parole. I gesti, torno su questo, sono sempre stati importanti nell’essere pontefice di Bergoglio. E poi le parole che a volte venivano considerate un po’ in libertà, non pensate, quasi fosse uno sprovveduto. È difficile vedere un gesuita con la sua storia come uno sprovveduto. Sono un po’ sprovveduti quelli che lo pensano. Lui sapeva benissimo che in un mondo di social tutto resta e si amplifica in tempo reale. Lei pensi alle uscite che faceva nei viaggi di ritorno in aereo. Non è che nei viaggi normalmente i pontefici si lasciassero andare facilmente, semmai il contrario, perché sapevano bene che i vaticanisti al seguito erano pronti a carpire quei momenti di stanchezza, di emozione, di confidenza che si creano in quelle occasioni di vicinanza. In quelle occasioni lui diceva cose molto forti. Su Charlie Hebdo, per fare un esempio. Quando disse, cito testualmente “Se il mio grande amico, il dottor Gasbarri, dice una parolaccia contro mia madre, si aspetti un pugno. È normale”. O agli eccessi di “comunicatività” nel linguaggio. Nella sua difesa della fede, c’era un aspetto che si potrebbe definire, banalmente, conservatore. Ma dentro una polarizzazione forzata, ormai molto residuale delle categorie novecentesche. Come quelle di cardinali progressisti e conservatori. Categorie che questo Papa ha scardinato in pieno. Perché Bergoglio era un grande conservatore, se volessimo usare quelle categorie, sui temi etici così come nella difesa della religione nel mondo secolarizzato. Non era un facilone come lo hanno rappresentato . Non era un secolarizzato che tradiva la fede, la tradizione. Era uno di tradizione. Ma la comunicazione e le occasioni per tradurre questa tradizione erano d’impatto. Il fatto è che non avevamo le categorie teologiche, culturali, per capire questo nuovo linguaggio. Un linguaggio diretto, aperto, comunicante per tutti e, insieme, contenuti che restavano anche tradizionali. Bergoglio è stato tutto questo. E lascerà un segno molto superiore a quanto non pensino entrambi i famosi poli.

22 Aprile 2025

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