Intervista alla storica

Anna Foa: “Papa Francesco antisemita? No, sue posizioni su Israele legittime”

Un papa vicino alla gente comune. Un papa sorridente, se questo termine può essere usato in senso simbolico. Un papa che ha rinnovato anche il linguaggio

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

22 Aprile 2025 alle 09:00

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AP Photo/Ariel Schalit, file
AP Photo/Ariel Schalit, file

Ha avuto l’onore di essere chiamata a scrivere per l’Osservatore Romano. l’ha difeso, con la passione e il coraggio intellettuale che la contraddistinguono, quando Papa Francesco è stato tacciato di antisemitismo per le sue parole di dolore e di condanna per ciò che stava avvenendo a Gaza. Un Papa coraggioso, globalizzato, in difesa dei più indifesi. È Jorge Bergoglio visto da una grande intellettuale ebraica: Anna Foa. La professoressa Foa ha insegnato Storia moderna all’Università di Roma La Sapienza. Si è occupata di storia della cultura nella prima età moderna, di storia della mentalità, di storia degli ebrei. Tra le sue numerose pubblicazioni, ricordiamo: Le vie degli ebrei; Gli ebrei in Italia. I primi 2000 anni; Ebrei in Europa. Dalla Peste Nera all’emancipazione XIV-XIX secolo; Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento; Portico d’Ottavia 13. Una casa del ghetto nel lungo inverno del ’43; La famiglia F.; Donne e Shoah. Il suo ultimo libro, Il suicidio di Israele, sta avendo uno straordinario successo di critica e di pubblico.

Professoressa Foa, cosa ha rappresentato Papa Bergoglio e il suo Pontificato per chi non è cattolico ma ha sempre avuto un grande interesse e coinvolgimento nel dialogo interreligioso e tra i popoli? In particolare, per ciò che concerne il mondo ebraico e Israele.
Fino allo scoppio della guerra, il 7 ottobre 2023, il dialogo è continuato e il pontificato di Papa Bergoglio ha favorito il dialogo. A un certo punto, dopo il 7 ottobre e la reazione di Israele a Gaza, le cose sono cambiate. Il Papa ha preso posizioni molto nette contro i massacri di Gaza e il mondo ebraico si è sentito sotto attacco. C’è chi ha reagito agitando l’antisemitismo, e questo, è bene rimarcarlo, non ha riguardato solo settori della diaspora ebraica ma anche aree cattoliche non bergogliane.

Un’accusa infamante…
Soprattutto ingiusta. Io non ho pensato neanche per un attimo che Bergoglio potesse essere accostato all’antisemitismo. L’ho scritto e ribadito anche quando il Papa aveva affermato che si poteva parlare di genocidio. Non ha detto che quello commesso a Gaza fosse un genocidio, ha affermato che si poteva parlare di questo.
E credo che questa affermazione sia stata un atto di coraggio da parte sua. Che non avrebbe dovuto toccare il dialogo ebraico-cristiano.

Eppure, in quel frangente si sono alzate voci critiche importanti, autorevoli, della comunità ebraica italiana, come quella del rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni.
Rispetto il suo pensiero, anche quando non ne condivido, come in questo caso, l’essenza. Non credo che il dialogo ebraico-cristiano sia stato messo in discussione dalle posizioni di Papa Francesco su quello che stava succedendo in Medio Oriente. Nelle gravi accuse che gli sono state rivolte, c’è un tratto unificante, che reputo sbagliato e pericoloso…

Qual è questo tratto?
Quello di confondere l’antisionismo con l’antisemitismo, e pensare che ogni critica a Israele, alle politiche messe in atto, fosse permeata di antisemitismo.
Non so cosa succederà adesso. Quello che abbiamo chiaro è che la situazione in Medio Oriente ha influito pesantemente anche sul dialogo ebraico-cristiano, che ha delle altre radici e altri movimenti interni. Certo, c’è stato anche il problema del sionismo, il problema del rapporto con lo Stato d’Israele, ma quel dialogo non può essere racchiuso solo in questo. Quel dialogo non avrebbe dovuto essere rimesso in discussione per le posizioni assunte da Papa Bergoglio su Israele. Posizioni che ritengo legittime da parte del pontefice.

Se dovesse aggettivare il pontificato di Francesco, che aggettivi utilizzerebbe?
Un Papa molto vicino al Terzo Mondo, con delle aperture ma anche con delle chiusure, come tanti pontefici, ed anche un Papa molto vicino alla gente comune. Un Papa sorridente, se questo termine può essere usato in un senso simbolico. Non che sorridesse sempre, ma perché aveva un atteggiamento di apertura verso il mondo. Un Papa in fondo pieno di contraddizioni anche su temi come la pace, l’Ucraina. Ma sempre un pontificato di grande interesse.

In lui c’è stata anche una grande capacità di innovazione nel linguaggio, nella comunicazione.
Questo sicuramente. La sua capacità di innovazione di linguaggio forse è stata ancora più forte, pervasiva, dell’innovazione effettiva all’interno della Chiesa, dentro la quale ha trovato molte e radicate opposizioni che l’hanno frenato.

Una cosa è certa: Papa Francesco si è sempre posto in difesa dei più indifesi. Ad esempio, ha avuto sempre parole molto forti sul tema dei migranti, dell’accoglienza.
Questa mi sembra essere stata una delle sue caratteristiche migliori, in cui non ha mai avuto defaillance, su cui ha sempre mantenuto una linea chiara e netta, anche se su questa strada non è stato seguito da tutto il mondo cattolico, certamente non da questa nostra destra tutta, a parole, Dio, patria e famiglia.

Si può dire che Bergoglio sia stato un leader globale che ha coperto i vuoti di chi avrebbe dovuto assumersi responsabilità da leader politico in un mondo segnato da guerre, disordine e crescenti diseguaglianze?
Lui ha preso delle posizioni che a volte gli sono state rimproverate dalla politica italiana o da parte di essa. Ma mai ha avuto paura di scendere in questo agone, su questo terreno. Certamente c’era l’intenzione di supplire a questi vuoti, almeno fino a quando la salute glielo ha permesso. È stato un Papa combattivo, combattente. Non so quanto sia stato seguito in questa sua esposizione. Ci mancherà, questo è sicuro.

22 Aprile 2025

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