Il leggendario chitarrista

Auguri Eric Clapton, gli 80 anni di una leggenda (tormentata) della musica

Rifiutato dai genitori, cresciuto dai nonni, Eric si votò alla chitarra per soffocare il dolore di essere un bimbo rigettato dalla madre. Ne vennero amori tempestosi, droghe, ossessioni. E tanti capolavori

Spettacoli - di Graziella Balestrieri

19 Aprile 2025 alle 13:00

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©Jeff Spicer/Alpha/Lapresse
©Jeff Spicer/Alpha/Lapresse

“Non c’è fuoco né gelo tale da sfidare ciò che un uomo può accumulare nel proprio cuore “ (Il grande Gatsby, Francis Scott Fitzgerald)

Gli 80 anni di Eric Clapton, che compiuti il 30 marzo scorso, sono gli 80 anni di un uomo che ce l’ha fatta, di un sopravvissuto, di un bambino che ha lavorato tantissimo, su quella che nei suoi primi anni di vita è diventata una vera e propria ossessione o, meglio, l’unico mezzo capace di oltrepassare il dolore: la musica.
La storia di Eric Patrick Clapton inizia nel piccolo villaggio di Ripley, ed è la storia di un bambino nato per caso, dalla madre Patricia e da un militare canadese Edward Fryer, che il chitarrista britannico non conoscerà mai. Eppure, Eric ignora completamente questa nascita per caso. All’inizio pensa che i suoi nonni siano i suoi veri genitori e vive serenamente la sua infanzia, come lui stesso ha più volte raccontato.

La vera madre lo ha abbandonato, non lo ha voluto prima e non lo vorrà nemmeno dopo. Ed è questo il momento di rottura nella vita del piccolo Eric: scopre la verità, scopre che quella che chiama mamma è in realtà sua nonna, cerca un contatto con la vera mamma ma lei lo rifiuta, non lo vuole, non lo accetta, lei se ne va in Germania, ricostruendosi un’altra famiglia e altri figli. Ma Eric no. Scopre, in quel momento della sua vita, che tutti lo hanno tradito, che le persone di cui si fidava di più gli hanno mentito, gli hanno nascosto la verità. Quella verità che Eric inizia a trovare nel blues attraverso una radiolina, tramite l’ascolto di un programma musicale. Da quel momento nasce Eric Clapton, da quel momento trova l’unica maniera di aggrapparsi a qualcosa di cui fidarsi, qualcosa che non lo tradirà mai. Chiede ai suoi nonni di comprargli una chitarra ed è così che Eric inizia ad esercitarsi tutta la notte, ad emulare le noti di quelli che per lui saranno miti eterni da seguire e con cui più in là negli anni sarà profondamente amico e con cui, con alcuni di loro, riuscirà a collaborare; Robert Johnson, B.B. King, Muddy Waters… I primi concerti nel Ripley con David Bruck per poi nel 1962 entrare in una band che sarà la sala “parto” di tanti chitarristi che hanno cambiato la scena musicale mondiale da Jeff Beck a Jimmy Page; è il 1962 ed Eric entra negli Yardbirds: inizia così la storia di uno dei più grandi chitarristi di tutti i tempi, il migliore non per la tecnica, ma per tanto altro, quel tanto altro che è quasi difficile da spiegare, se non lo avete mai visto dal vivo.

Così quel tanto altro porta Eric a lasciare gli Yardbirds e ad entrare nel 1966 nei Bluesbreakers di John Mayall, con il quale stringerà un forte di legame di amicizia e a cui Clapton sarà sempre legato. Ma anche dai Bluesbreakers Clapton se ne va, passando quasi per essere una persona incostante, che non sa quello che vuole e che non sa gestire la popolarità. Quel “Clapton is God” comparso sui muri di Londra negli anni 60 gli darà un carico sulle spalle che Eric non vuole, l’unica cosa che vuole è suonare la chitarra, forse dentro di sé sa di essere il migliore ma non gradisce che gli venga detto, forse. Conosce il batterista Ginger Baker e fonda insieme a Jack Bruce i Cream, una delle band che cambierà il corso della storia del rock. Ma dopo aver cambiato in pochi anni il corso della musica e dei gruppi a venire, all’apice del successo i Cream si sciolgono. Inizia per Clapton una serie di giri dentro sé stesso, senza quasi mai venirne a capo, sperimentando quasi, attraverso la sua chitarra, la strada che davvero voleva attraversare, quella che non gli avrebbe dato più costrizioni e mancanza di aria per nessun motivo.

Prima ci sono i Blind Faith e poi nel 1970, cercando di nascondere il suo nome, di rendersi quasi invisibile forma nel 1970 i Derek and The Dominos: è il gruppo della svolta per Eric in un certo senso, la sua ossessione per Patty Boyd lo porta a scrivere canzoni d’amore di una linea talmente sottile che separa la disperazione, la rabbia, dolore e la pietà che ancora oggi sono difficilmente arrivabili. Layla su tutte, in ogni sua forma, come ogni sua forma è il dolore. E inizia il tempo della droga, dell’ossessione per la moglie di George Harrison, l’ossessione per la moglie del suo migliore amico, Pattie Boyd, che lo rifiuta prima, motivo per cui Eric inizierà a farsi di eroina (tirandola su per il naso, mai aghi, ne ha la fobia). Inizia a distruggersi, per un amore che sembra lontanissimo, che potrebbe rovinare il rapporto di amicizia meraviglioso con George, ma Eric vive così: di ossessioni che lo tengano lontano da qualcosa che gli sta mangiando l’anima, vuole morire così dirà in un’intervista: il ragazzo con le mani d’oro, con il talento migliore di tutti, vuole morire. Non solo la droga.

È la storia quella di Eric Clapton di uno che mai ha adattato il suo carattere per fare carriera, è sempre quasi, paradossalmente stato il contrario: la carriera si è dovuta adattare a lui: scostante, introverso, abbastanza lunatico, arrabbiato, arrabbiatissimo e più di ogni altra cosa dagli anni 70 in poi alcolizzato. Eh sì, Eric Clapton è stato un alcolizzato, ci stava quasi riuscendo nel voler morire, ma poi qualcuno lassù gli ha ricordato che la morte non è una richiesta, che non si decide quando eccome, o meglio lo si può anche fare, ma l’alcol era una scelta che non era nel suo destino, però Eric aveva trovato la maniera migliore per distruggersi lentamente: perché morire va bene, ci si può anche non riuscire, ma soffrire lentamente fino a consumarsi per la sofferenza è l’obiettivo di chi vive con un senso di colpa profondissimo: per essere nato e rifiutato? Forse. Sta di fatto che nonostante il successo sia ormai alle stelle, che lui è il chitarrista che dopo Hendrix cambia la storia mentre la vive, e la cambierà per tutti gli altri che verranno dopo, Eric sprofonda nell’abisso dell’alcool. E nonostante sia verso la fine, quando sale sul palco, nonostante ubriaco da fare orrore, lui la sua chitarra la tiene con sé e lei, la chitarra intendiamo, nonostante lo veda scavare la terra con le sue stesse mani, non lo lascia mai. L’unica che non lo hai mai tradito.

Dunque, un amore fortissimo. Un Amore per cui né il gelo né il fuoco possono sfidarlo, non c’è niente più forte di quell’amore. E dimostrazione è il fatto che sposa poi Pattie Boyd ma non dura, anzi finisce di male in peggio, alcol, abusi, violenze, tutte cose di cui Eric ammetterà a mente lucida senza mai nascondersi. E nel momento in cui è ancora sposato conosce negli anni 90 Lory Del Santo, modella e showgirl italiana, bellissima e a che se ne dica intelligentissima, dal quale Eric avrà un figlio, Conor, che muore, tragicamente a 4 anni, cadendo giù da un grattacielo di New York. Da quel momento, mentre tutti si aspettano forse che Eric si butti completamente nell’alcol e nelle droghe, succede quello che solo un uomo con una forza interiore impressionante potrebbe fare: Eric smette di bere, che a pensarci bene è l’unica cosa giusta che poteva fare in quel momento: aveva bevuto tutti quegli anni e si era drogato per un dolore che non riusciva a contrastare, ma ora era giunto il dolore più grande, ora tutto si era azzerato nel suo cuore, non c’era bisogno di distruggersi, in lui ormai non c’era più niente. E la chitarra poi, sempre lì, che gli dona sollievo, che gli regala Tears In Heaven che gli regala Grammy Awards, che lo fa diventare il chitarrista che con l’album Unplugged 1992, ha venduto 30 milioni di copie, 280 milioni di dischi venduti in tutta la sua carriera, una carriera che ancora continua, che ancora è in grado di regalare quell’amore profondissimo per la sua chitarra, ricambiato, come se la sua chitarra avesse un’anima, un’anima bellissima.

“Abbiamo una bella barca. Sto per iniziare una storia molto lunga. Difficile da scrivere“. (Ernest Hemingway, in una lettera al suo amico Francis Scott Fitzgerald )

 

19 Aprile 2025

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