Le linee guida del ministero

Carcere, con il diritto all’affettività l’amore mette un piede in prigione

Nessuno pretendeva miracoli da Nordio, ma solo l’applicazione della sentenza della Consulta. La circolare del Dap è un atto dovuto, fa quel che deve e quel che può (e su alcuni punti quel che vuole). Ma consente di avviare in concreto l’istituto dei colloqui intimi dietro le sbarre

Giustizia - di Andrea Pugiotto

16 Aprile 2025 alle 10:00

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Carcere, con il diritto all’affettività l’amore mette un piede in prigione

1. «Miracoli non ne possiamo fare». Così il Guardasigilli in risposta a chi (on. Magi, interrogazione n. 3-01889) gli chiedeva conto dell’elusione del giudicato costituzionale che riconosce il diritto all’intimità inframuraria delle persone detenute. «Io non dico ad impossibilia nemo tenetur», concede il Ministro, ma la sent. n. 10/2024 «ha creato e crea dei problemi che non sono solvibili in tempi rapidissimi». Era il 9 aprile scorso. Eppure, due giorni dopo, il vertice del Dap ha emanato le linee guida necessarie all’esplicazione del diritto all’affettività in carcere: evidentemente, a via Arenula, c’è un problema di comunicazione interna. Nessun prodigio miracoloso. Semmai una circolare che dà così avvio alla doverosa attuazione di un obbligo costituzionale, primaria responsabilità – politica e giuridica – del Governo.

2. Del resto, nessuno ha mai preteso miracoli. Nell’attesa di un intervento legislativo, la Corte costituzionale invocava l’azione combinata «della magistratura di sorveglianza e dell’amministrazione penitenziaria, ciascuno per le rispettive competenze», «con la gradualità eventualmente necessaria» (sent. n. 10/2024).
La prima non si è sottratta al compito. Su ricorso di singoli detenuti cui era stata negata la richiesta, diversi Magistrati di sorveglianza (Bologna, Pescara, Reggio Emilia, Terni, Verona), «disapplicata sul punto ogni eventuale disposizione amministrativa confliggente», hanno ordinato ai direttori degli istituti di pena di consentire lo svolgimento di colloqui intimi senza controllo visivo. A supporto, è intervenuta poi la Cassazione (sez. I pen., ud. 11 dicembre 2024, dep. 2 gennaio 2025), riconoscendo nella pretesa del detenuto non «una mera aspettativa», bensì un vero e proprio diritto soggettivo costituzionalmente fondato.

La persistente elusione del giudicato costituzionale, dunque, configurava oramai una violazione del diritto all’affettività dei detenuti, come denunciato da più voci (istituzionali, associative, dottrinali). Politicamente vincolato a un ordine del giorno votato il 7 agosto alla Camera (n. 9/02002/056) e incalzato da mirate interrogazioni parlamentari, per il Governo l’alibi delle difficoltà organizzative e strutturali non reggeva più. Né poteva ancora tergiversare, rinviando agli esiti del lavoro istruttorio di un gruppo di studio multidisciplinare (istituito il 28 marzo 2024 presso il Dap), peraltro a scadenza indeterminata. Più che un miracolo, dunque, la circolare è un atto dovuto e indifferibile: emerge tra le sue righe, dove si legge che «appare evidente come si impongono ormai concrete azioni attuative» di quanto stabilito dalla Consulta. Meglio tardi che mai.

3. Traducendo in prassi ciò che la sent. n. 10/2024 riconosce, la circolare fa quel che deve, fa quel che può e – in alcuni punti criticabili – fa quel che vuole.
Individua i potenziali fruitori, interni ed esterni, dei colloqui intimi inframurari. Ne indica il numero, la durata, la frequenza. Fissa criteri di priorità, laddove le richieste superino la disponibilità dei locali idonei all’esercizio del diritto. Identifica le categorie di detenuti esclusi dai colloqui senza controllo visivo. Tratteggia la tipologia dei locali destinati a tali colloqui. Stabilisce le procedure da seguire nonché le necessarie misure organizzative interne. Sono criteri precisi, da valutare tenendo conto della compatibilità giuridica entro cui il Dap si è mosso.

La circolare ministeriale, infatti, non è una fonte del diritto. Dunque, non può creare in autonomia una normativa inesistente, né può disporre diversamente da quanto già previsto: nella sentenza costituzionale del 2024; nell’ordinamento penitenziario del 1975; nel suo regolamento esecutivo del 2000. Nasce da qui la necessità di agganciare il nuovo istituto a disposizioni già in vigore. Entro e non oltre questo perimetro, diventa possibile per il Dap ipotizzare prassi coerenti con il fine di rendere esercitabile dai detenuti il loro diritto all’affettività. Prassi, dunque, modificabili nel tempo, se si riveleranno incongrue o scoraggianti l’esercizio di quel diritto: si tratta, infatti, di «prime linee guida» rivolte a chi – provveditori, direttori, comandanti di reparto – è chiamato a sperimentare un inedito per le carceri italiane.

Si tratterà, infine, di un’implementazione progressiva, cui si adegueranno gradualmente anche gli istituti di pena che, ad oggi, presentano insuperabili criticità organizzative. Secondo dati ministeriali, infatti, solo 32 carceri (su 189) hanno confermato – allo stato – l’esistenza di locali idonei allo scopo, di cui gli altri 157 sarebbero privi. Spetterà ai relativi provveditori ipotizzare «soluzioni modulate per individuare spazi anche temporanei» idonei allo svolgimento di incontri intimi «con garanzie minime di riservatezza». Nel frattempo, l’esercizio del diritto potrà essere assicurato in istituti diversi da quello di assegnazione del detenuto.

4. Dalla vigente normativa relativa ai colloqui viene fatta discendere la frequenza dei possibili incontri; l’individuazione dei locali ad essi destinati (distinti dai “parlatoi”, collocati preferibilmente in prossimità dell’ingresso dell’istituto, tali da assicurare riservatezza); la durata dell’incontro (2 ore). Scelte normativamente orientate, dunque, sulle quali si innesta la circolare stabilendo regole ritenute necessarie «per garantire un corretto svolgimento dei colloqui intimi»: la camera sarà arredata con un letto e annessi servizi igienici. Sorvegliata soltanto all’esterno, sarà priva di chiusura interna, ma munita di allarme sonoro azionabile dagli occupanti. La biancheria necessaria, portata dal partner, sarà sottoposta a controllo. Il locale verrà ispezionato, prima e dopo l’incontro. Si sottoporrà a perquisizione personale la coppia ammessa al colloquio. Al partner sarà richiesto di sottoscrivere un consenso informato inerente alla tipologia dell’incontro.

Eccede chi critica le linee guida per aver così derubricato l’affettività a mera sessualità. O, addirittura, per non aver introdotto un permesso speciale finalizzato a incontri intimi fuori dal carcere. Entrambe le obiezioni, infatti, pretendono dalla circolare una capacità innovativa di cui è giuridicamente priva. Semmai, una soluzione praticabile – su cui la circolare tace – sarà saldare l’inedito istituto dei colloqui intimi con quello vigente delle visite prolungate (art. 61 del regolamento), che consente – previa autorizzazione del direttore del carcere – di trascorrere parte della giornata insieme, in appositi locali o all’aperto, anche consumando un pasto in comune.

5. Della sent. n. 10/2024, invece, la circolare ricalca altre regole: i soggetti potenzialmente fruitori degli incontri intimi (coniuge, parte dell’unione civile, persona stabilmente convivente) e le categorie che ne sono certamente escluse (detenuti sottoposti ai regimi detentivi speciali, previsi dagli artt. 41-bis e 14-bis, ord. penit.; imputati, quando vi ostino ragioni giudiziarie). Il dispositivo della Corte costituzionale consente, inoltre, di negare al detenuto il colloquio senza controllo visivo per «ragioni di sicurezza» o di «mantenimento dell’ordine e della disciplina», tenuto conto del suo comportamento in carcere. A tal fine, la circolare introduce un lungo e farraginoso procedimento valutativo di pareri collegiali, indicando altresì specifiche ipotesi in cui, «in ogni caso», si giustifica il diniego. Il rischio è di trasformare il diritto all’affettività in uno strumento premiale orientato al disciplinamento del detenuto: spetterà ai giudici di sorveglianza evitare una simile, indebita torsione.

6. Tardiva, ma non inutile, di questa circolare è bene prendere atto, usandola per avviare in concreto l’istituto dei colloqui intimi inframurari, scommettendo sulla loro potenzialità. La sua applicazione andrà assecondata e, ove necessario, corretta anche per via giudiziaria. In un paese, com’è il nostro, «di benpensanti a piede libero e mente incatenata» (il copyright è di Adriano Sofri) non è cosa da poco.

16 Aprile 2025

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