A Macerata
Perché Luca Traini è stato scarcerato, torna in libertà dopo aver sparato ai migranti per vendicare Pamela Mastropietro
La "revisione critica" della propria condotta riconosciuta dal tribunale di sorveglianza. In carcere ha frequentato dei corsi e da due anni aveva cominciato a dedicarsi al lavoro in un’azienda agricola
Cronaca - di Redazione Web

Girava a bordo di un’Alfa Romeo nera e dall’auto sparava verso un gruppo di persone straniere. Sette anni di carcere dopo quei raid improvvisi e mirati a Macerata, Luca Traini è stato scarcerato. Il tribunale di sorveglianza di Ancona ha accolto la richiesta di scarcerazione dell’avvocato Sergio Del Medico. Traini è stato affidato ai servizi sociali, avrebbe già trovato un lavoro e vorrebbe risarcire le vittime. Tornerà a vivere a Tolentino.
35enne, sparò con una Glock 17 dalla sua Alfa 147 nera contro nove persone. Sei rimasero ferite in quel raid randomico e razzista che esplose dei colpi di arma da fuoco anche contro una sede del Partito Democratico. Alla fine di quell’incursione si avvolse in una bandiera italiana e si esibì in un saluto fascista di fronte a un monumento ai caduti. Disse di aver agito come in una sorta di vendetta, tre giorni dopo il caso di Pamela Mastropietro, 18 anni, violentata e assassinata, il cui corpo venne fatto a pezzi.
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“Tutto, anche il peggiore dei crimini, si deve risolvere in un tribunale e giammai seguendo altre vie che aprirebbero la strada ad una giustizia fai da te che non appartiene, né deve appartenere ad uno stato di diritto”, ha dichiarato all’ANSA Marco Valerio Verni, legale della madre e dei familiari della ragazza. “Confidiamo che lo stesso risultato ‘rieducativo’, possa essere conseguito con Oseghale, il carnefice di Pamela, affinché, si penta di tutto quel che ha fatto (è stato condannato da tre sentenze di merito e tre di Cassazione) e, magari, faccia i nomi di eventuali complici sulla cui possibile presenza continuiamo a nutrire dei sospetti”.
Luca Traini fu condannato a 12 anni di carcere con l’accusa di strage, porto abusivo d’armi e danneggiamenti con l’aggravante dell’odio razziale. Il tribunale di sorveglianza ha riconosciuto un percorso di “revisione critica” della propria condotta da parte del detenuto. In carcere ha frequentato dei corsi e da due anni aveva cominciato a dedicarsi al lavoro in un’azienda agricola. Svolgeva la mansione di pastore di pecore con formula di custodia attenuata.