La magistratura in lotta

Perché i magistrati sono in protesta: Palazzo Chigi apre a modifiche ma FI dice di no

Palazzo Chigi aperto a modifiche, ma FI dice di no e le toghe dicono che è in gioco l’indipendenza della magistratura e non c’è margine di compromesso

Giustizia - di Angela Stella

28 Febbraio 2025 alle 12:00

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Foto Roberto Monaldo / LaPresse
Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Se nel Paese reale non è affatto chiaro di cosa si parli quando si discute di separazione delle carriere, nelle stanze della politica e delle massime istituzioni il tema è diventato di fondamentale importanza, soprattutto nelle ultime 48 ore.

Proprio ieri, mentre in tutta Italia andava in scena, con diverse manifestazioni pubbliche, lo sciopero dell’Anm (l’associazione nazionale magistrati) contro il ddl di modifica costituzionale, contemporaneamente a Palazzo Chigi si teneva una riunione tra la Meloni e altri ministri, in primis Nordio, per prepararsi all’incontro con le toghe programmato per il 5 marzo. Una convergenza di data – tra lo sciopero e il vertice a Palazzo Chigi – non certo involontaria, anche se ufficialmente è stato detto che la riunione era programmata da tempo. Difficile non credere che si sia voluto dare un significato simbolico all’incontro. E solo due giorni fa, forse non a caso a poche ore dall’astensione dei magistrati, il presidente della Repubblica e del Csm, Sergio Mattarella, durante il plenum che ha nominato il nuovo Pg della Cassazione aveva sottolineato la necessità di “assicurare l’irrinunziabile indipendenza dell’ordine giudiziario”.

Una espressione che è stata accolta con grande favore dai vertici dell’Anm. Proprio il neo presidente Cesare Parodi ha commentato: “Mattarella è un punto di riferimento assoluto per tutti i magistrati italiani. È una garanzia per tutti noi, le sue parole sono quanto di meglio noi ci possiamo aspettare in tutte le occasioni e anche in questo caso mi pare abbia sottolineato un aspetto fondamentale del rapporto tra la magistratura e la società civile, ossia la nostra indipendenza. Se noi non siamo indipendenti non siamo in grado di garantire gli interessi e i diritti di tutti”. Anche per il vice presidente dell’Anm Marcello De Chiarasono parole che confortano e che leggiamo come un segnale di dialogo per tenere in considerazione le ragioni della magistratura”.

Intanto l’Anm rivendica l’ottimo risultato dell’iniziativa di ieri: circa l’80 per cento dei magistrati si è astenuto. Questo permetterà al ‘sindacato’ delle toghe di presentarsi più forte e compatto nell’incontro della prossima settimana con il Governo. Fonti vicine alla premier, rispetto alla riunione di maggioranza di ieri con Matteo Salvini, Antonio Tajani, Maurizio Lupi, il Guardasigilli, e il sottosegretario Alfredo Mantovano confermano la disponibilità della maggioranza a un “confronto costruttivo” “con particolare attenzione al dialogo con l’Anm”. “La riforma Giustizia non è concepita contro i magistrati, ma nell’interesse dei cittadini” ribadiscono dall’entourage della presidente del Consiglio. Sempre ieri si è venuto a sapere che prima di vedere l’Anm il 5 marzo la Meloni incontrerà anche l’Unione delle Camere Penali: “I penalisti italiani, nel ringraziare il Governo per la disponibilità al dialogo e per l’incontro, avranno la possibilità di rappresentare al Presidente del Consiglio la necessità della riforma della separazione delle carriere dei magistrati, così come già approvata alla Camera, che attende ormai da oltre trent’anni di essere realizzata e che la stessa Costituzione, all’art. 111, ci richiede. L’occasione sarà utile per affrontare anche il tema del sovraffollamento carcerario e delle riforme del processo penale ancora in discussione”, ha fatto sapere in una nota la Giunta guidata da Francesco Petrelli.

Ma i riflettori ovviamente il 5 marzo saranno maggiormente puntati sull’incontro tra governo e Anm. Davvero ci sono margini per possibili modifiche? Da quanto appreso ci potrebbe essere una apertura da parte di Palazzo Chigi per eliminare il sorteggio puro per i membri togati del Csm e prevedere quello temperato. Tuttavia via Arenula non sarebbe tanto favorevole a rimettere mano alla riforma. E anche da Forza Italia fanno sapere che se si concederà questa modifica alla magistratura, allora gli azzurri riproporranno l’emendamento ritirato alla Camera per eliminare il sorteggio per i membri laici di Palazzo Bachelet. Tutto questo significherebbe allungare minimo di un mese i tempi di approvazione della riforma in Parlamento. E comunque dall’Anm non sembrano esserci aperture come ribadito dall’assemblea di ieri a Roma da parte di Rocco Maruotti, Segretario generale Anm: “lo voglio dire ancora una volta, chiaramente: di fronte ad una riforma così non ci sono margini per una trattativa, in quanto autonomia e indipendenza della magistratura non sono negoziabili, semplicemente perché sono beni comuni e non sono nella disponibilità dei magistrati, per cui, sia chiaro, che non ci sono per noi soluzioni di compromesso o possibili accomodamenti al ribasso”.

Nel dibattito organizzato al cinema Adriano, dopo il flash mob dinanzi alla Cassazione, è intervenuto anche l’ex vertice delle toghe Giuseppe Santalucia: “la difesa dei diritti fondamentali anche fuori dall’Italia viene vissuta come un atto di interferenza nei programmi del Governo. Lo abbiamo visto, per esempio, riguardo i provvedimenti sull’immigrazione. Mi colpì quando la Meloni, dopo le decisioni sul ddl Cutro, disse ‘allora si deve fare la riforma della giustizia’. In quel caso però a decidere erano stati dei giudici del civile ma quelle decisioni servirono per farle dire che il potere giudiziario andava fermato. Anche Nordio più volte ha parlato di pm fuori controllo. La vera ragione della riforma è nella volontà di contenere il potere a loro dire invasivo e invadente dell’ordine giudiziario”.

A prendere la parola anche la costituzionalista Tania Groppi: “guardando sia alle nuove democrazie ma anche a quelle stabilizzate da 20 anni si assiste a processi di involuzione e transito progressivo verso regimi non democratici tramite il diritto. Eravamo abituati all’instaurazione di regimi attraverso colpi di Stato, attraverso l’uso della forza. Invece adesso la democrazia costituzionale sancita soprattutto dall’art. 1 comma 2 della Costituzione (“La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”, ndr) che pone limiti alle maggioranze è in regressione perché si usa il diritto non per garantire i diritti ma per mantenere il potere. L’elemento più insidioso guardando anche quello che è accaduto in altri Paesi come Polonia e Turchia: le riforme non sono manifestamente antidemocratiche prese singolarmente ma portano nel loro complesso ad uno scivolamento verso questi regimi ibridi che rendono impossibile all’opposizione di conquistare il potere, pur mantenendo il momento”.

28 Febbraio 2025

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