La mozione di sfiducia

Borse taroccate regalate da Santanchè a Pascale, l’ex compagna di Berlusconi: “Poi dicono i napoletani…”

Oggi in Aula la mozione di sfiducia a Santanché, mentre imperversa il caso delle borse presunte taroccate da lei donate a Pascale, all’epoca compagna del Cav

Politica - di Fulvio Abbate

25 Febbraio 2025 alle 15:30

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Borse taroccate regalate da Santanchè a Pascale, l’ex compagna di Berlusconi: “Poi dicono i napoletani…”

Il giudizio politico (ma soprattutto attitudinale) più pertinente su Daniela Santanchè lo si deve all’inarrivabile Paolo Cirino Pomicino. Questi, per cristiana carità, infatti, interpellato, ha sempre chiesto di sorvolare sulla stoffa dell’attuale ministra del Turismo nel governo di Giorgia Meloni, secondo i malevoli per intercessione dell’amico Ignazio La Russa, così fin dagli esordi. Ogni possibile considerazione sui futuri, definitivi, esiti giudiziari che altrettanto la mostrano primattrice totale, imprenditoria compresa, per amor di garantismo, va affidata alle sentenze, non meno definitive, che in prospettiva giungeranno dalle toghe: “sospette” agli occhi della diretta interessata, non meno al suo “salotto” ghepardato d’appartenenza ideologica. Accade però adesso, osservando nel girmi della cronaca spicciola questioni decisamente ben più prosaiche e mondane, che accanto al volto della ministra si mostrino d’improvviso, feticcio glamour inarrivabile ai più, due borse griffate due Hermès. Nel nostro caso, presumibilmente false; “taroccate”, secondo lessico ordinario social.

L’antefatto, cosa ormai nota, è facile a dirsi: Francesca Pascale, nei giorni scorsi, ha pubblicamente raccontato di avere anni addietro ricevuto in dono proprio dalla cordiale Santanchè proprio alcune borse di lusso, che, ahimè, sarebbero risultate nel tempo false, prive d’ogni quarto di nobiltà da jet set e perfino da semplice tavernetta o grottino, ciò avveniva quando Francesca era la compagna ufficiale di Silvio Berlusconi. L’obiettivo, detto tra le righe, in filigrana, compiacere l’ex premier, che tuttavia sembra non avere gradito il gesto di opulenza solo apparentemente generoso: “Troppo care”. Due borse “Hermès”, rispettivamente, secondo le tinte del campionario, rosa pesca e verde militare, modello “Birkin” e modello “Kelly”, il top degli accessori, pari a un valore stimato di circa 18 mila euro. Francesca Pascale avrebbe avuto modo di scoprire l’inganno, cioè che si trattava di merci contraffatte, giungendo nella boutique ufficiale di via Montenapoleone a Milano, per riparare la lampo interna di uno dei due oggetti must. Un cortese commesso, dopo una breve ricognizione sull’articolo, contrito, le ha fatto presente che mancavano i codici di riconoscimento delle singole merci. Il fatto risale al 2014; un’era politica e spettacolare ormai trascorsa.

La ministra del Turismo però decisamente smentisce per intero la storia, dichiarando in un post che in questa vicenda “l’unico falso è la notizia”, dunque chi l’ha propalata “ne risponderà in tribunale”. Esisterebbe però, sempre in tema di veridicità, la testimonianza di chi, a Forte dei Marmi, Mauro, detto “Maradona”, le avrebbe offerto con abituale familiarità l’acquisto: “Sì, gliele vendo io, è una vita che sto lì in Versilia. Lei le prende sul mare, si mette sotto la tenda, per non farsi vedere. In tv poi vedo che le mie borse le porta sempre, ma quando le portano questi personaggi nessuno dubita”, parole convinte di “Mauro-Maradona”. La chiosa piccatamente “morale” della destinataria dell’infingardo dono, Pascale appunto, ritenuto, almeno inizialmente, a occhi chiusi, attendibile, non mettendo dunque in dubbio la buona fede di Daniela nostra, recita: “Santanchè veniva spesso dal presidente, supportata da Denis Verdini. Si era instaurato un rapporto. Per il compleanno, a Pasqua, aveva preso a coccolarmi… A me faceva piacere, sono troppo costose. Non dovevi accettare disse Berlusconi. Potevamo mai immaginare che le borse erano false? Che figura di merda…”.

Si deve, dettaglio poco secondario nel nostro dramma degradato ormai a commedia di modesta pelletteria, la scoperta di ciò che abbiamo chiamato inganno: quando il barboncino della Pascale ha infierito con i denti sulla cerniera di una borsa, segnatamente la verde militare, rompendola: “Vado da Hermès per ripararla e il negoziante mi dice che si scusa ma deve ritirare la borsa, che è merce contraffatta. Volevo morire. Io mi scuso a mia volta, dico che non sapevo… poi l’uomo ci ripensa, e mi lascia tenere la borsa”. All’affranta Francesca, i cronisti domandano ancora se l’episodio possa aver nociuto per il seguito delle ambizioni di carriera nelle istituzioni della pervicace Santanchè: “No, non ha influito minimamente sulla politica. Io però gliel’ho detto: ‘Ma scusa, mi regali delle borse taroccate e non me lo dici? A me va bene tutto, ma almeno non mi far fare figure di…”. Santanchè, così sembra, pare non abbia mai risposto, ignorando merito e demerito. Ciononostante, generosamente, Pascale taglia la testa al toro dell’intero caso: “Non mi ha mai risposto. Ma io non gliene voglio, figuriamoci. Solo mi dico che questa vicenda è emblematica di che persona è”. Quanto a Berlusconi, quando la compagna di allora gli riferisce che le borse di Santanchè sono false, da persona di mondo, sdrammatizza: “Sì, sì, lui era stupito, non riusciva a crederci. Si fece però una gran risata”. Una delle borse, “quella rotta”, verrà infine destinata “alle cose dei cagnolini: la palla, le spugnette, l’osso di gomma…”.

A dispetto del “vero cuoio” etico che l’insieme delle battute suggerite al pubblico dibattito da questa storia esemplare, con magnificat immediato di meme, l’unica risposta possibile credo possa giungere da ciò che Maria Sole Agnelli, sorella dell’Avvocato, anni addietro ebbe a confessare in un’intervista: cioè di servirsi d’abitudine dai cosiddetti “vu cumprà” per la propria collezione di borse ritenute impropriamente griffate e questo perché “a nessuno verrebbe mai in mente che un’Agnelli possa portarle con sé sottobraccio”. Nel caso di Daniela Santanchè si potrebbe obiettare che un conto è offrirle alla propria persona, ben altro farne dono ad altri come se fossero autentiche, preziose. A corollario dell’intero affaire, resta, la battuta finale di “A qualcuno piace caldo”, ossia che “nessuno è perfetto”. Cui aggiungere le parole conclusive di Pascale scoperto l’inganno: “Poi dicono i napoletani…”.

25 Febbraio 2025

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