Il caso del trojan israeliano
Paragon: Meloni in fuga ma deve riferire al Copasir, il caso delle intercettazioni
Il sottosegretario Mantovano ha comunicato il 18 febbraio al presidente della Camera che il caso del trojan è oggetto di audizioni nella commissione, e perciò secretato. Ma se Meloni ha apposto il segreto di Stato, esso non è insindacabile: ha l’obbligo di dare chiarimenti a palazzo San Macuto
Politica - di Salvatore Curreri

L’attività di intercettazione svolta nei confronti di attivisti della OngMediterranea, fondata da Luca Casarini, e di alcuni giornalisti, tra cui il direttore di Fanpage, testata distintasi per alcune inchieste sul governo, solleva parecchi dubbi, tutti inquietanti.
Innanzitutto, a quanto pare, essa è stata svolta attraverso l’inserimento nei cellulari dei soggetti intercettati di un captatore informatico (c.d. trojan horse) fornito dalla società israeliana Paragon. Tali software sono estremamente invasivi perché in grado di trasformare qualunque dispositivo elettronico portatile (cellulare, computer o tablet) in una microspia attivabile da remoto, in grado non solo di registrare le chiamate vocali, le chat, i messaggi istantanei e le foto dell’indagato, ma anche di ascoltare le conversazioni che si svolgono tra le persone vicine al dispositivo.
Proprio per questo la legge prevede per il loro utilizzo particolari limiti e garanzie, circoscrivendo il ricorso in via d’urgenza da parte del pubblico ministero solo per i reati più gravi, quali ad esempio mafia, terrorismo, immigrazione, contrabbando, scambio elettorale politico-mafioso, rifiuti, ambiente oppure per i reati contro la pubblica amministrazione puniti con più di cinque anni di reclusione. In tal caso il pm deve motivare le ragioni di tale urgenza sulle quali il giudice si pronuncia in sede di convalida. Negli altri casi il giudice deve indicare le specifiche ragioni che rendono necessario l’uso del captatore indicando, se si procede per altri reati, luoghi e tempi per la sua attivazione. Il fatto che si sia fatto ricorso a tale strumento è, quindi, già indice della particolare gravità della vicenda.
Vicenda, peraltro, che si fa più complessa e delicata qualora dovesse risultare confermata l’ipotesi che, nell’ambito dell’attività di intercettazione svolta, siano stati coinvolti dei parlamentari. Se, infatti, tali conversazioni fossero state prevedibili, e quindi non casuali, esse non avrebbero potuto essere intercettate senza l’autorizzazione preventiva della Camera di appartenenza. Al contrario, se la presenza del parlamentare dovesse ritenersi assolutamente fortuita, le intercettazioni svolte non potrebbero essere eventualmente utilizzate nei suoi confronti del parlamentare senza l’autorizzazione (stavolta successiva) della Camera d’appartenenza. Piuttosto tale autorizzazione non occorrerebbe per procedere nei confronti del soggetto intercettato. Ma il punto principale della vicenda riguarda l’equilibrio, in questi casi, tra le esigenze di riservatezza, che sono proprio delle attività di indagine, e quelle opposte di trasparenza. Esigenze che, normalmente, vengono soddisfatte al termine delle indagini, una volta cessato il segreto investigativo.
In questo caso, però, sembra che l’attività di intercettazione sia stata eseguita dai Servizi segreti, che fanno capo direttamente alla Presidenza del Consiglio. In questi casi, individuare il punto di equilibrio tra trasparenza e riservatezza è ancora più difficile. Da un lato, infatti, vi è la necessità che in uno Stato democratico di diritto la gestione da parte del governo della sicurezza nazionale, specie in situazioni di emergenza, sia comunque sottoposta al controllo del Parlamento, e al suo interno delle forze politiche d’opposizione. Dall’altro lato, però, vi è la pari necessità che tale gestione, per le connaturate caratteristiche dell’attività di intelligence, sia tenuta segreta al fine di non comprometterne l’efficacia. In materia di segreto di Stato il punto di equilibrio è stato trovato nella istituzione di un’apposita commissione bicamerale, il Copasir che, per corrispondere ad entrambe le suddette esigenze, presenta alcune caratteristiche particolari che lo distinguono dagli altri organi parlamentari: composizione paritaria tra maggioranza e opposizione; presidenza attribuita ad un esponente dell’opposizione; elevato livello di riservatezza dei suoi lavori, in deroga al principio della pubblicità dei lavori parlamentari; presentazione di relazioni, tra cui una obbligatoria annuale, sulla sua attività in modo da mantenere il legame con le Camere.
Nel caso specifico, lo scorso 18 febbraio il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha comunicato formalmente al presidente della Camera che la materia trattata da due interrogazioni era stata oggetto di audizioni presso il Copasir; di conseguenza, essa doveva intendersi soggetta a segreto, tranne che per gli aspetti divulgabili, oggetto di risposta sia da parte dei ministri per i rapporti con il Parlamento e della Giustizia (il quale, sia detto per inciso, si è limitato semplicemente a negare il coinvolgimento del suo ministero nell’attività di intercettazione svolta). L’apposizione del segreto di Stato è atto politico ma non per questo insindacabile. Esso può essere posto solo dal presidente del Consiglio dei ministri e soltanto su atti, documenti, notizie, attività la cui diffusione potrebbe recare danno all’integrità della Repubblica, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni repubblicane, all’indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato.
Inoltre, su richiesta del presidente del Copasir (come detto d’opposizione), il presidente del Consiglio deve esporre, in una seduta segreta, il quadro informativo idoneo a consentire l’esame nel merito della conferma dell’opposizione del segreto di Stato. Se il Copasir ritiene infondata l’opposizione del segreto, ne riferisce a ciascuna delle Camere per le conseguenti valutazioni. Infine, qualora il presidente del Consiglio confermi in modo motivato l’opposizione del segreto di Stato, l’autorità giudiziaria può sollevare conflitto di attribuzioni dinanzi alla Corte costituzionale, nei cui confronti tale segreto di stato non può mai essere opposto.
Come si vede, quindi, pur nel rispetto delle dovute e necessarie esigenze di riservatezza, le opposizioni, e per esse il presidente del Copasir, hanno gli strumenti per fare luce sulle intercettazioni effettuate, chiamando il presidente del Consiglio a rendere conto delle ragioni per cui il Governo ha deciso di segretare tale attività investigativa e portando la questione dinanzi alle Camere qualora esse non risultino corrispondenti a quelle previste dalla legge. Il che al momento non si può certo escludere.