L'agguato all'Audubon Ballroom
Quando Malcolm X fu assassinato in un comizio a New York: i 60 anni dalla morte dell’attivista afroamericano
21 colpi mentre parlava a 400 persone davanti agli occhi delle figlie e della moglie incinta. Aveva 39 anni, aveva rotto con la Nation of Islam. Ancora oggi è considerato uno degli attivisti afroamericani più influenti di sempre
Esteri - di Redazione Web

Qualcuno lanciò una bomba fumogena verso il palco, altri salirono palco della sala da ballo e aprirono il fuoco. Colpirono, ripetutamente, Malcolm X, tra i più conosciuti e influenti attivisti per i diritti degli afroamericani di sempre negli Stati Uniti – considerato al livello di Martin Luther King, Rosa Parks, Angela Davis, Stokely Carmichael – che stava parlando a una platea di circa 400 persone. Aveva 39 anni e morì quel 21 febbraio del 1965
Fino all’anno prima Malcolm X aveva fatto parte della Nation of Islam, un’organizzazione attiva negli Stati Uniti ancora oggi che porta avanti il progetto di una Nazione all’interno della federazione in cui riscattare i musulmani tramite un’osservanza molto stretta della religione musulmana in nome del cosiddetto “afroislamismo“. Appena una settimana prima erano state lanciate delle bombe molotov in casa dell’attività nel Queens, a New York.
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Malcolm Little era nato in Nebraska, a Omaha, nel 1925, orfano del padre assassinato quando aveva sei anni e figlio di una donna che venne ricoverata in clinica psichiatrica. Crebbe per strada, un’infanzia di furti in appartamento che lo portò anche in prigione, a Charlestown, in un quartiere di Boston, dove si convertì all’Islam e dove entrò in contatto con la Nation of Islam. Cambiò il suo nome: lo considerava un retaggio dello schiavismo che avevano sofferto i suoi antenati.
Aveva interrotto le sue relazioni con il leader dell’organizzazione, Elijah Muhammad, a causa di alcuni contrasti. Poco tempo prima di morire aveva compiuto un lungo viaggio durante il quale visitò anche alcuni luoghi sacri della religione musulmana, compresa La Mecca, in Arabia Saudita. Il 21 febbraio del 1965 stava portando avanti il suo nuovo progetto, parlava all’Audubon Ballroom di New York, una popolare sala da ballo ad Harlem quando venne ucciso. Ormai da tempo Malcolm X aveva vietato le perquisizioni ai partecipanti ai suoi comizi, pensando che quelle prassi potessero spaventare e allontanare le persone.
Almeno 21 i colpi d’arma da fuoco che colpirono Malcolm X, davanti agli occhi della moglie Betty Shabazz e delle figlie. Shabazz era anche incinta. Per quell’azione mirata fu subito arrestato Thomas Hagan, Muhammad A. Aziz e Khalil Islam furono arrestati e accusati di essere gli autori materiali dell’omicidio. Erano tutti membri della Nation of Islam, furono tutti condannati nel marzo del 1966. Aziz e Islam furono scagionati nel 2021, anche grazie al documentario d’inchiesta di Netflix, Chi ha ucciso Malcolm X?, che aveva fatto riaprire il caso. La città di New York ha pagato un risarcimento da 26 milioni di dollari alle famiglie dei due.
Ancora oggi le circostanze, la dinamica, la ricostruzione dell’omicidio non sono completamente chiare. Versioni alternative e teorie del complotto cominciarono a circolare subito dopo l’azione anche favorite dal fatto che Malcolm X fosse una delle persone più attenzionate dalle autorità, compresa la CIA, l’agenzia di intelligence statunitense, visto il suo ascendente su molte persone e il suo messaggio a volte per niente ortodosso se non violento e rivoluzionario. A febbraio 2023 la famiglia dell’attivista ha fatto causa alla polizia di New York, Nypd, all’Fbi e alla CIA per aver “cospirato ed eseguito un piano per assassinare Malcolm X”.