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La Guardia Costiera salva 130 persone: splendida operazione affrontando onde di 4 metri
Sembra di assistere a due film diversi: il continuo arrivo di migranti a Lampedusa e le missioni di soccorso e l’irragionevole braccio di ferro ingaggiato dal governo, con una nave della Marina costretta a trasportare in Albania poche decine di supposti “eleggibili”
Cronaca - di Ammiraglio Vittorio Alessandro

Con una splendida operazione, lo scorso 2 febbraio la Guardia costiera ha salvato 130 persone, affrontando trenta nodi di vento e onde alte quattro metri nelle acque internazionali dell’area Sar italiana.
La bella pagina sollecita due diverse considerazioni: la prima riguarda la qualità della nostra Guardia costiera, capace di portare a termine missioni anche in condizioni di grave avversità. La seconda rimanda a Cutro dove, quasi due anni fa, disposizioni discriminatorie e criminogene (a giorni, l’udienza preliminare nei confronti di sei ufficiali ritenuti responsabili di quel naufragio), imposero che l’imbarcazione in pericolo non fosse raggiunta dalle motovedette della classe 300 – inaffondabili e auto-raddrizzanti, le stesse intervenute in quest’ultimo soccorso – ma da unità di polizia che, raggiunte dal mare grosso, dovettero riparare in porto.
Sembra di assistere a due film diversi: nel primo, il continuo arrivo di migranti a Lampedusa e le (fin troppo) silenziose missioni di soccorso; nell’altro, l’irragionevole braccio di ferro ingaggiato dal governo, con una nave della Marina costretta a trasportare in Albania, ad ogni costo, poche decine di supposti “eleggibili”. Che parola incongrua, quest’ultima, se riferita alle persone destinate al carcere.