Il ministro ha mentito
Nordio responsabile per la fuga di Almasri, così l’Italia è agli ordini dei tagliagole libici
Le autorità italiane hanno risolto così: scarcerandolo e consegnandolo ai libici. Le dimissioni di Nordio sono obbligatorie, ma non bastano.
Cronaca - di Piero Sansonetti

C’è un precedente nella storia dei governi della Repubblica di fuga dal carcere di un criminale di guerra. Siamo a metà agosto del 1977 e Herbert Kappler, il boia nazista delle Ardeatine, riesce, aiutato dalla moglie, ad evadere dall’Ospedale militare del Celio, a Roma, dove era prigioniero essendo stato condannato all’ergastolo. Aveva scontato fino a quel momento 32 anni di prigione. Successe un pandemonio. Il governo barcollò. Vito Lattanzio, ministro della Difesa fu dimissionato dal premier Andreotti e sostituito da Attilio Ruffini.
La fuga dal carcere del bandito libico, capo della polizia giudiziaria – e organizzatore di lager, torture, stragi, ricatti – ricercato dalla polizia di tutto il mondo, non è stata però organizzata da sua moglie ma dalle autorità politiche e giudiziarie italiane. Il ministro Nordio, ricostruendo i fatti, ha mentito, e tecnicamente è il primo responsabile della fuga. Che la fuga sia avvenuta sotto il patrocinio dello Stato italiano, per sottrarre il boia alla Corte dell’Aia, è un fatto di gravità, credo, senza precedenti. Ieri su questo giornale lo avevamo in qualche modo previsto.
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Avevamo fatto un titolo sul rischio di “caffè corretto al veleno”, alludendo all’uccisione di Sindona. Perché? Perché questo malfattore libico conosce una quantità di segreti che coinvolgono ragionevolmente molte persone di governo italiani degli ultimi dieci anni. Se parlasse sarebbe un terremoto. Le autorità italiane hanno risolto così: scarcerandolo e consegnandolo ai libici. Le dimissioni di Nordio sono obbligatorie, ma non bastano. L’Italia è sotto ricatto. Un paese ricattato dai criminali è in pericolo.