Il discorso al corpo diplomatico
Appello di Bergoglio per il cessate il fuoco a Gaza: “Situazione ignobile”
L’appello di Bergoglio per il cessate-il-fuoco, la liberazione degli ostaggi israeliani e gli aiuti per la popolazione della Striscia. “Il mio auspicio è che Israeliani e Palestinesi possano ricostruire i ponti”
Esteri - di Umberto De Giovannangeli
A Gaza, c’è una situazione umanitaria “ignobile”. IGNOBILE. Quell’aggettivo vale più di mille analisi, documenti diplomatici in cui ogni parola viene pesata col bilancino. IGNOBILE. È la sintesi di una tragedia senza fine. A sostenerlo è Papa Francesco.
L’appello di Papa Francesco su Gaza
Il Papa, nel discorso al Corpo diplomatico letto da un collaboratore, rinnova l’appello «a un cessate-il-fuoco» a Gaza e «alla liberazione degli ostaggi israeliani a Gaza, dove c’è una situazione umanitaria gravissima e ignobile, e chiedo che la popolazione palestinese riceva tutti gli aiuti necessari». «Il mio auspicio – sottolinea – è che Israeliani e Palestinesi possano ricostruire i ponti del dialogo e della fiducia reciproca, a partire dai più piccoli, affinché le generazioni a venire possano vivere fianco a fianco nei due Stati, in pace e sicurezza, e Gerusalemme sia la “città dell’incontro’’, dove convivono in armonia e rispetto i cristiani, gli ebrei e i musulmani». Bergoglio nel discorso ricorda che «nel giugno scorso, nei giardini vaticani, abbiamo ricordato tutti insieme il decimo anniversario dell’Invocazione per la Pace in Terra Santa che l’8 giugno 2014 vide la presenza dell’allora Presidente dello Stato d’Israele, Shimon Peres, e del Presidente dello Stato di Palestina, Mahmoud Abbas, insieme al Patriarca Bartolomeo I. Quell’incontro aveva testimoniato che il dialogo è sempre possibile e che non possiamo arrenderci all’idea che l’inimicizia e l’odio tra i popoli abbiano il sopravvento». Bergoglio invoca l’umanitarismo, predica il diritto-dovere a non voltarsi dall’altra parte quando l’umanità muore. Come a Gaza.
La denuncia su Haaretz
I sentimenti del Papa si ritrovano in due scritti di Haaretz, il quotidiano progressista di Tel Aviv. Che conclude così un suo editoriale: “Ma che dire del sangue dei bambini palestinesi? Questo non interessa più a nessuno in Israele. Non si deve permettere alla destra dei coloni di trascinare il Paese in una guerra di Gog e Magog, un Armageddon ebraico, nella convinzione che questa guerra porterà alla redenzione finale…”. Considerazioni coraggiose, controcorrente. Come quelle che un grande filosofo israelo-tedesco, Omri Boehm, consegna in una lunga, emozionante, conversazione con Netta Ahituv, firma di punta, nel campo culturale, di Haaretz. “Dobbiamo proteggere i palestinesi in nome di un futuro condiviso”, dice Boehm. Secondo il tuo approccio utopico, cosa dovrebbero fare gli israeliani domani? Domanda a un certo punto Ahituv. Risponde Boehm: “Ti dirò quello che si sarebbe dovuto fare già ieri e molti mesi fa: chiedere a gran voce un cessate il fuoco, non solo per ottenere un accordo sugli ostaggi – che è fondamentale, ovviamente – ma anche per proteggere i palestinesi di Gaza e della Cisgiordania. David Grossman ha chiesto subito dopo il 7 ottobre: ‘Chi saremo quando risorgeremo dalle ceneri?’. E aggiunse: ‘E cosa dicono ora coloro che hanno brandito l’assurda idea di uno ‘stato binazionale’?” .
“Già allora la risposta è stata che i sostenitori dell’idea dello Stato binazionale hanno detto molto rapidamente che è essenziale smettere di sparare e proteggere i residenti di Gaza come se fossero cittadini di Israele. Lo hanno fatto quando la maggior parte dei sostenitori dei due Stati ha taciuto nel migliore dei casi, o nel peggiore ha sostenuto per mesi che un cessate il fuoco avrebbe compromesso il diritto di Israele all’autodifesa, anche dopo che le dimensioni della catastrofe a Gaza erano già evidenti – affamando la popolazione e impedendo gli aiuti umanitari. Hanno finto di essere contrari a Ben-Gvir, [Bezalel] Smotrich, al ‘Piano dei Generali’ e all’espulsione, ma la maggior parte di loro non ha detto una parola per salvaguardare davvero le condizioni che avrebbero impedito tutto questo e impedito il totale annientamento della vita a Gaza. Dobbiamo proteggere i palestinesi in nome di un futuro condiviso, anche se questo causerà una crepa nel ‘noi’ israeliano. Un’azione di questo tipo, in nome di un futuro comune, è l’espressione concreta di un’azione in nome della dignità umana e non è nemmeno separata dal preservare la possibilità della pace, alla quale molti in Israele hanno rinunciato a tutti gli effetti”.
E ancora: “I palestinesi non sono cittadini di nessuno Stato che abbia un’autorità incaricata di proteggerli”, ha detto Boehm. “La questione di esseri umani che vengono di fatto trattati come esseri usa e getta perché non sono protetti da alcun potere… mi preoccupa. Questa è la domanda urgente. Cosa fare con questi esseri umani che non sono altro che umani?”. Continua Bohem: “Allora, chi saremo quando risorgeremo dalle ceneri? Il ‘noi’ della domanda di Grossman sono gli ebrei, non tutti gli abitanti della terra; abbiamo già visto, con il 7 ottobre e le sue conseguenze, dove ci ha portato quel ‘noi”.
Solo così, avverte il filosofo israelo-tedesco, Israele salverà se stesso: “Nel caso di Israele, invece di lottare per una piena sovranità determinata da linee etniche, dobbiamo lottare per uno stato in cui il fondamento sia l’uguaglianza di cittadinanza. L’uguaglianza non può essere il risultato dell’atto politico, ma il presupposto dell’atto, il suo punto di partenza. I destinatari del “lo farai” non devono essere solo gli ebrei, ma sia gli ebrei che i palestinesi, gli abitanti di Israele tra il Giordano e il mare. Non è solo immorale, ma anche irrealistico pensare che sia possibile continuare a opprimere il popolo palestinese e a vendere a loro e al mondo intero compromessi insensati sulla falsariga della formula dei due Stati […]È vero che la condivisione che questa uguaglianza richiede non avverrà domani, ma la cosa più realistica che è possibile fare ora è anche la più morale: costruire le basi politiche per questa cooperazione in futuro. Per non perdere la speranza nella situazione attuale, è essenziale adottare l’immaginazione politica, e cosa sono le utopie se non l’immaginazione politica? Dobbiamo adottare un pensiero utopico per superare gli interessi immediati e ottenere risultati migliori. La piena uguaglianza tra ebrei e palestinesi in Israele è un pensiero utopico realistico”. L’utopia realistica. È quella che unisce un uomo di Chiesa a un filosofo. L’utopia che può salvare l’umanità. A Gaza. Nel mondo.