Il senatore dem

Parla Alessandro Alfieri: “Meloni scelga tra la difesa europea e le briciole di Trump”

«Spingere sull’integrazione europea è la sola strada, per la premier è un test importante. Musk sostiene l’estrema destra in Austria, prova a screditare il laburista Starmer: stanno saltando i cordoni sanitari. Il populismo abbinato all’innovazione tecnologica è una miscela esplosiva»

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

8 Gennaio 2025 alle 07:00 - Ultimo agg. 8 Gennaio 2025 alle 09:59

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Photo credits: Luigi Mistrulli/Imagoeconomica
Photo credits: Luigi Mistrulli/Imagoeconomica

Alessandro Alfieri, senatore, capogruppo del Partito Democratico alla Commissione esteri di Palazzo Madama e responsabile Riforme e Pnrr nella segreteria nazionale del PD: “Meloni consegna l’Italia a Musk”. È il titolo di questo giornale al viaggio-lampo della presidente del Consiglio a Mar-a-Lago per incontrare il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump. È andata di soppiatto in America per cedere a Space X di Elon Musk il controllo della nostra rete”, e al contempo Trump esalta Meloni come l’assaltatrice dell’Europa”. A lei la parola.
Che Trump giochi su una dimensione diversa rispetto all’amministrazione uscente americana, è del tutto evidente. I democratici stanno in un alveo tradizionale del multilateralismo, riconoscono l’Europa come interlocutrice, pur avendo anche loro posizioni simili a quelle dei repubblicani sul rispetto del 2% per le spese per la difesa come su politiche protezionistiche in ambito commerciale. Trump, invece, imposta tutto su rapporti bilaterali di forza, costruendo su questa impostazione canali preferenziali. Sembra voler scegliere l’Italia come partner principale in Europa.

Perché?
Beh, perché con Macron non si è mai preso. Macron, all’inizio del suo mandato presidenziale, parlava di morte cerebrale della Nato. E i rapporti tra Trump e i tedeschi, con Scholz, non sono stati migliori, e poi c’è l’incognita delle imminenti elezioni in Germania… Per sottrazione, non resta che l’Italia di Giorgia Meloni…
Sia per maggiore vicinanza politico-culturale, sia perché l’Italia resta un paese importante, tra i soci fondatori, dell’Europa comunitaria, è funzionale, per Trump, che sia l’interlocutore privilegiato, dove potrebbe funzionare lo schema già seguito in passato, ma riproposto con maggiore forza…

Vale a dire?
Se non raggiungi il 2% del Pil per le spese per la difesa, no problem, ti garantiamo noi una parte della sicurezza della difesa però tu compri americano. In passato è avvenuto con gli F35, la Lockheed Martin…C’è quella logica lì. Vieni da noi, sei la nostra interlocutrice, se ti muovi dentro queste direttrici. Questo da un lato. Dall’altro, si pone il tema delle politiche protezionistiche. Come alzerà i paletti con l’Europa. Qui Trump deve stare attento. Se esagera, può alimentare una dinamica inflattiva che è poi stata una delle ragioni principali per cui ha vinto, perché l’inflazione che ha morso pesantemente il potere d’acquisto degli americani è uno dei motivi che ha spostato i voti su di lui, al di là di tutto il resto. Sicuramente metterà delle tariffe in maniera selettiva. Il punto è: l’Italia come reagisce? Cede, e qui vengo alla prima parte della sua domanda, cede alle blandizie di Elon Musk su Space X, dà questo segnale indebolendo così il fronte europeo, dove noi stiamo costruendo con fatica la convergenza delle industrie della difesa europea, si iniziano a fare progetti europei, a non dipendere solo dalla tecnologia americana. Vale per i satelliti: l’Italia ha Iris2, il progetto Galileo, Copernico, abbiamo una strategia a livello europeo. Che rischia di essere indebolita da un appiattimento del governo sui desiderata di Trump e del suo munifico, ed esigente, sostenitore, Musk. Vale per Space X, come su altri progetti su cui stiamo spingendo sul carro europeo. Per la prima volta facciamo un Jet di sesta generazione, investendo su tecnologia italiana e inglese, senza dovere ricorrere ancora una volta agli americani. La questione è davvero cruciale, strategica. Seguiamo la via di spingere su questa faticosa integrazione verso una difesa europea, puntando ad una politica che va verso un’autonomia strategica, oppure veniamo lusingati dal fare il junior partner degli Stati Uniti? E questo vale anche sui dazi. La dico con una battuta: puntiamo ad avere uno sconto sul vino rosso, il parmigiano, il prosciutto crudo, e poi accettiamo che vengano messi dazi pesanti sul manufatturiero tedesco…

Che se la veda la Germania, potrebbero obiettare i “meloniani”.
Non è così. Se le cose dovessero prendere quella direzione, per l’Italia sarebbe una disastrosa vittoria di Pirro. Tutto il nord del nostro paese è integrato fortemente con il manufatturiero tedesco, perché sono terzisti, trasformatori, rispetto all’industria tedesca. Meloni e il governo devono decidere se vanno da Trump col cappello in mano, accontentandosi delle briciole, oppure vanno con la schiena dritta, con la presidente del Consiglio che può prendersi anche i meriti di colei che rappresenta gli interessi dell’Europa. Abbandona la linea sovranista-nazionalista e spinge sull’integrazione europea, sfruttando l’essere un interlocutore privilegiato dell’uomo che dal 20 gennaio tornerà alla Casa Bianca, però a vantaggio dell’Europa. Questo è un test notevole per la Meloni. Davanti a Trump, l’unico modo è spingere sull’integrazione europea soprattutto nel campo della difesa e della sicurezza.

Resterei sul rapporto tra Giorgia Meloni e Elon Musk. Al di là delle narrazioni gossipare, della premier che definisce Musk un genio, con apprezzamenti ricambiati, nella sostanza non c’è una visione della globalizzazione che tiene insieme la destra delle due sponde transatlantiche?
Basta unire i vari puntini, senza per questo cadere nel complottismo. C’è una vision e strategica che parte da Bannon, un po’ l’ideologo da questo punto di vista, che sta disegnando una mappa anche in Europa di possibili alleati. Non è certo un caso il sostegno, economico e mediatico, a partiti dell’estrema destra europea. Musk rilancia i parlamentari della destra più radicale, sostiene apertamente il nuovo primo ministro designato dell’Austria, Kickl, il leader dell’estrema destra. Se si aggiunge il tentativo di screditare il premier laburista britannico, Starmer, al vantaggio di capi dell’estrema destra come Farage e altri ancora. È evidente che stanno saltando un po’ di cordoni sanitari in Europa. Con una complicazione in più rispetto al passato, per quanto riguarda l’America.

Nel senso?
In passato, il Partito repubblicano statunitense era molto diverso dall’attuale. Certo, è stato sempre più isolazionista in politica estera dei democratici, come sulle politiche protezionistiche, ma con un approccio culturale diverso dall’attuale. Il Grand Old Party non aveva modalità di apertura a personaggi come Bannon, come Musk, nel tentativo di costruire un modello diverso, che non può che essere letto dentro la rivisitazione delle categorie politiche. Se continuiamo a ragionare su destra/sinistra, su democratici/repubblicani, rischiamo di non capire cosa sta succedendo, perché si stanno veramente disarticolando le vecchie categorie politiche.
Lo si vede, ad esempio, in Germania, dove la AfD e il movimento di Sahra Wagenknecht, i populismi di destra e di sinistra, presentano sovrapposizioni, come su un filo putinismo dovuto più alla stanchezza della guerra che ad un autentico pacifismo, e poi, non meno significativo, la convergenza sul tema della lotta all’immigrazione, vista come una minaccia alla sicurezza, al modello di vita dei “veri tedeschi”. Su questi assi il populismo attecchisce. E il populismo ha un’arma enorme in più nell’innovazione tecnologica. Populismo abbinato all’innovazione tecnologica, è una miscela davvero esplosiva. I vecchi partiti, i vecchi modi di dare rappresentanza a blocchi sociali, rischiano di essere spazzati via o comunque messi in crisi da questa doppia spinta.

A fronte a questo scenario, a cui si aggiungono le guerre che il 2024 ha lasciato in eredità all’anno appena entrato, la sinistra, in Italia e in Europa, è all’altezza, è attrezzata, ad affrontare queste sfide epocali?
È sicuramente in difficoltà. Da una parte è attratta da alcuni messaggi del populismo di sinistra, rischia di essere culturalmente debole. Bisogna avere delle spalle forti per sostenere la sfida a cui sono sottoposte le democrazie liberali. Bisogna avere il coraggio di sostenere anche temi che dal punto di vista del rapporto con l’opinione pubblica non sono facili.

Ad esempio?
Sostenere gli investimenti nella difesa, fare debito comune per costruire un sistema di difesa e sicurezza comune per l’Europa, per affrontare le sfide che abbiamo davanti, non è facile. Vuol dire assumersi l’impegno, e praticarlo, di raccontare tutto questo all’opinione pubblica. Bisogna trovare il lessico giusto. Quando hai a che fare con un pezzo di stanchezza dell’opinione pubblica e con pulsioni autenticamente pacifiste, sostenere lo sforzo a supporto del popolo ucraino aggredito brutalmente dalla Russia, diventa sempre più difficile. Lo puoi fare se sei solido, se hai una idea per cui vuol dire essere di sinistra e progressisti se non ti volti dall’altra parte quando calpestano i diritti, le libertà fondamentali, ed anche i principi su cui è basato l’ordine internazionale. D’altra parte, bisogna avere anche il coraggio politico, davanti al messaggio populista che viene dai 5Stelle, dobbiamo investire nel sociale e non nella difesa, di contrastare queste semplificazioni. Messo così, chi non sarebbe d’accordo. Il punto è che noi dobbiamo investire sia per costruire un nuovo welfare, per rafforzare e qualificare la sanità pubblica, ma anche investire nella sicurezza del nostro paese. E oggi investire nella difesa, vuol dire dotarci di tutte le strutture, le nuove tecnologie, per difenderci dagli attacchi cyber che bloccano le nostre infrastrutture, che siano i treni, gli aerei, financo il trasporto pubblico locale. Vuol dire investire nel polo nazionale subacqueo, perché lì passano i cavi sottomarini da cui dipende la transizione tecno-digitale. Perché i droni servono per la sicurezza delle piattaforme offshore, dove realizzare un pezzo della transizione ecologica. Molto passa da lì. Come dagli investimenti nello spazio, le comunicazioni satellitari, fondamentali per la gestione delle emergenze climatiche e non solo. Tutto questo va fatto a livello europeo. Una sinistra oggi, è quella che tiene la barra dritta sul sostegno all’Ucraina e investe sulla difesa europea, che era il sogno dei padri fondatori. De Gasperi, quando si voleva costruire l’Europa politica, sapeva che per provare a realizzarla doveva fare la comunità europea di difesa, mettere insieme i paesi che si erano combattuti nei cent’anni precedenti. Abbiamo bisogno di trovare il sogno, la visione che possa raccontare perché stare su quelle posizioni. Con la consapevolezza che se l’affrontiamo con parole e ragionamenti molto tecnici, poco comprensibili, che non convincono, rischiamo di perdere la partita. Andare oltre il lessico violento che viene fuori dalle immagini della guerra. Dobbiamo provare a traguardare una immagine di futuro, difendere posizioni che per un partito riformista non sono facili da raccontare, dando una visione capace di attrarre e mobilitare l’opinione pubblica.

Quale sarebbe per lei questa visione?
Quella dell’Europa politica. L’unica che può garantire la pace e ci può permettere di svolgere un ruolo attivo, da soggetto politico, non limitandoci a tenere botta sui dazi, perché lì l’Europa parla con una voce sola, ma anche di non piangere lacrime di coccodrillo quando ce ne andiamo dall’Afghanistan o quando non si riesce ad arrivare ad un cessate il fuoco a Gaza.

8 Gennaio 2025

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