La rubrica Sottosopra

Il 2025 è l’anno diviso tra guerra e pace

E' necessario dare vita a grandi mobilitazioni popolari per la pace contro la guerra, per il cessate il fuoco immediato a partire dall’Ucraina e dalla Palestina. È l’unico modo perché i guerrafondai siano ridotti all’angolo, insieme alle loro menzogne

Editoriali - di Mario Capanna

5 Gennaio 2025 alle 09:00

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AP Photo/Andrii Marienko
AP Photo/Andrii Marienko

Odio gli indifferenti. (…) L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia.
(A. Gramsci)

A tutti, sebbene con piccolo ritardo, invio i miei più sentiti auguri per il nuovo anno. Tutti, in senso lato: idealmente gli otto miliardi di donne e uomini che popolano la Terra (che bello sarebbe se l’Unità potesse raggiungere ognuno di loro…). Il 2025 porta con sé una certezza: sarà un anno impegnativo sia sul piano internazionale che al di qua delle Alpi. In particolare: sarà un periodo decisivo per quanto riguarda una questione fondamentale: farà passi in avanti la pace o ad estendersi sarà la guerra? E l’Occidente che ruolo avrà in un senso e nell’altro?

Finora gli Usa e l’Europa (di complemento) hanno soffiato sul fuoco, all’insegna di un bellicismo che trasuda da ogni parte: sostegno totale a Israele nella sua carneficina disumana contro i palestinesi di Gaza e Cisgiordania, e supporto incondizionato a Zelensky nel tentativo – per quanto fallito – di fiaccare la Russia, tentativo come preludio in vista dell’assedio alla Cina. Noi occidentali siamo dalla parte giusta della storia – questa la suprema certezza dell’ideologia dominante – perché noi siamo le “democrazie” che si battono contro le autocrazie. Occultando la propria storia, l’Occidente si autoassolve. Che l’Europa, dalle crociate in qua, abbia insanguinato e rapinato il resto del mondo, con le guerre fino all’uso intensivo della schiavitù e una colonizzazione selvaggia, è la rimozione in apparenza tranquillizzante. Che, però, è del tutto incapace di metterci al riparo dalla collera della grande maggioranza dei popoli: l’Occidente, con le sue metropoli, lo sfavillio delle vetrine colme di beni, le sue banche e le sue potenti armi, è oggi la realtà più odiata al mondo, insieme a Israele.

Inutile sperare in una resipiscenza autocritica di chi gestisce il potere: a loro va bene così, pensano di continuare a prosperare con la società predatoria dell’1%, con i lauti profitti dei produttori di armi, con la logica costante dei due pesi e delle due misure (esempio: sanzioni contro la Russia, l’Iran ecc., e nemmeno un buffetto a Israele, che ha il record mondiale di violazioni delle risoluzioni dell’Onu!), e intendono andare avanti imperterriti con la logica della prepotenza, il dominio dei più forti al di fuori di qualsiasi diritto. Fino a quando? “Make America great again” (fare l’America di nuovo grande): è la base ispiratrice di Donald Trump. Il pericolo viene dal verbo “trumpare”: il neologismo dice che se ogni nazione si ispirasse a quel principio e a ciò che quel principio comporta – deportazione di immigrati, aumento delle spese militari della Nato, addirittura fino al 5% del Pil per ogni Paese europeo, concorrenzialità brada con l’imposizione di dazi ecc. – la guerra diventerebbe rapidamente globale, con grande rischio per l’umanità.

Il governo di destra italiano è fra i primi a… trumpare. Giorgia Meloni, piccola Thatcher in miniatura, dopo avere ricevuto il bacio sulla tempia da Biden, ora si appresta a ottenere quello in fronte da Trump. Una penosa succubanza, che induce a rimpiangere… Andreotti, il quale sosteneva che si può essere amici e alleati degli americani senza stare sull’attenti… È decisivo, nell’anno che inizia, invertire la tendenza alla guerra. Sapendo che la pace non viene dal cielo, ma è necessariamente una costruzione umana. Educarsi – e poi educare – alla solidarietà anziché alla competitività sfrenata e insaziabile, alla convivenza anziché all’esclusione, all’armonia delle esistenze anziché al frastuono dei contrasti, alla comprensione autentica che dobbiamo avere a cuore questo pianeta dato che, se lo distruggiamo, non ne abbiamo un altro di ricambio.

Proprio perché le circostanze sono difficili e rischiose, è necessario dare vita a grandi mobilitazioni popolari per la pace contro la guerra, per il cessate il fuoco immediato a partire dall’Ucraina e dalla Palestina. È l’unico modo perché i guerrafondai siano ridotti all’angolo, insieme alle loro menzogne. Esempio: la Repubblica del 2 gennaio recava questo titolo a tutta pagina 6: “Putin blocca il metano che attraversa l’Ucraina. Zelensky: basta ricatti” (corsivi miei). Il contrario del vero. Tutti sanno che il passaggio del gas è stato interrotto perché Kiev – non Mosca! – si è rifiutata di rinnovare il contratto. Sicché: Zelensky che dice (o gli viene fatto dire) “basta ricatti” è un capolavoro di tartufismo giornalistico. Turlupinare così i lettori, oltre che indecente, significa usare la menzogna, e dunque l’ignoranza, come arma di guerra.

Il presidente della Repubblica, nel suo discorso di fine anno, ha detto fra l’altro: “Mai come adesso la pace grida la sua urgenza”. E ha concluso affermando: “La speranza siamo noi. Il nostro impegno. La nostra libertà. Le nostre scelte”. Una lancia spezzata contro l’indifferenza. Poco prima aveva messo in rilievo la “sconfortante sproporzione” derivante dal fatto che la spesa per armamenti nel mondo ha raggiunto “la cifra record di 2.443 miliardi di dollari, otto volte di più di quanto stanziato alla recente Cop 29, a Baku, per contrastare il mutamento climatico”. In coerenza con le sue parole, sarebbe bello se Mattarella desse l’esempio, fra le tante cose, pronunciandosi a favore della riconversione a fini civili delle fabbriche di armi italiane, a partire da Leonardo che è partecipata e controllata dallo Stato. Per conquistare la pace, occorre passare dalle parole ai fatti. “Le nostre scelte”, appunto. E questo riguarda tutti. Nessuno escluso.

5 Gennaio 2025

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