Il dramma nella notte di Natale

Il dramma di Sila, morta appena nata in una tenda al gelo a Gaza

Oltre 14mila i bambini uccisi identificati, 1.500 ancora sono senza nome, 21mila i dispersi e 25mila quelli diventati orfani. Questa è la guerra a Gaza per i più piccoli

Esteri - di Umberto De Giovannangeli

27 Dicembre 2024 alle 13:00

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AP Photo/Abdel Kareem Hana – Associated Press/LaPresse
AP Photo/Abdel Kareem Hana – Associated Press/LaPresse

È morta nella notte tra il 24 e il 25 dicembre, mentre il mondo festeggiava la nascita di Gesù. Aveva tre settimane, tre settimane! Sila. È morta di freddo, nella zona di Muwasi – un’area desolata di dune e terreni agricoli sulla costa mediterranea di Gaza – fuori il campo profughi di Khan Younis, in ciò che resta della Striscia di Gaza. Si gelava, suo padre, Mahmoud al-Faseeh, l’ha stretta più forte nella coperta in cui l’aveva avvolta ma non è bastato. Ed è lui stesso a raccontare all’agenzia Ap lo strazio di quelle ore passate a battere i denti e ad aspettare il sole del giorno dopo, in una tenda.

La morte di Sila: il racconto del padre

L’inverno nella Striscia non è mite e il freddo arriva addosso a gente sfinita da mesi di privazioni di ogni genere, a cominciare dal cibo degli aiuti umanitari che il più delle volte non è abbastanza e che magari è lì, a un passo, bloccato davanti a qualcuno degli ingressi della Striscia. E Sila era troppo piccola per resistere alla debolezza e al gelo. Al-Jazeera aggiunge dettagli al racconto. Dice che la tenda in cui vive la famiglia di Mahmoud non è sigillata, che il vento entra come vuole e il terreno è gelido. In queste notti le temperature sono scese sotto i 9 gradi. «Ha fatto molto freddo durante la notte e noi adulti non ce la facevamo nemmeno. Non riuscivamo a stare al caldo», ha detto il padre della bambina. «Sila si è svegliata piangendo tre volte», ha aggiunto. Al mattino era priva di sensi. «Era come un pezzo di legno», ha detto suo padre. Inutile la corsa in un ospedale da campo dove i medici hanno cercato, invano, di rianimarla. Aveva le labbra viola, la pelle macchiata, i suoi minuscoli polmoni erano già collassati: la bimba è morta di ipotermia. Ahmed al-Farra, direttore del reparto pediatrico dell’ospedale Nasser di Khan Younis, ha confermato che la bambina è morta per ipotermia. Ha detto che altri due bambini, uno di 3 giorni e l’altro di un mese, erano stati portati in ospedale nelle ultime 48 ore dopo essere morti per ipotermia.

La guerra dei bambini

Testimoniano gli eroi in camice bianco di Medici senza Frontiere che continuano ad operare nell’inferno di Gaza: «All’ospedale Nasser continuano ad arrivare sempre più pazienti, soprattutto donne e bambini. Tra giugno e ottobre solo nel pronto soccorso abbiamo curato più di 10.800 bambini sotto i 5 anni. Si ammalano perché a Gaza con la guerra mancano cibo e medicinali. Perché sono stati sfollati più volte e vivono in condizioni drammatiche. Inverno, freddo, fame e forti piogge mettono ancora più in pericolo le loro vite. Le famiglie vivono in tende sovraffollate o sotto teli di plastica, senza accesso all’acqua potabile o ai servizi igienici». «Non ho più pannolini per mio figlio o vestiti, devo usare un sacchetto di plastica. Viviamo in una tenda in condizioni estreme, i miei figli dormono senza nemmeno un letto», dice Yasmin, madre di Ibrahim, un bambino di 7 mesi in cura a Gaza con Medici senza Frontiere.

Degli oltre 13mila bambini uccisi identificati, altri 1.500 sono ancora senza nome, 21mila i dispersi, il 30% aveva meno di 5 anni. Di questi, circa 780 erano bambini di età inferiore ai 12 mesi. A questa drammatica situazione si aggiungono oltre 25mila bambini rimasti orfani di almeno un genitore, molti dei quali hanno subito lesioni fisiche, spesso permanenti. In un post su X, Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, ha scritto:Ogni ora viene ucciso un bambino”. “Questi non sono numeri. Sono vite interrotte. Uccidere bambini non può essere giustificato. Quelli che sopravvivono sono segnati fisicamente ed emotivamente”, ha commentato l’Unrwa. “Il tempo stringe per questi bambini. Stanno perdendo le loro vite, il loro futuro e soprattutto la loro speranza”.

Le famiglie vivono in tende strappate, circondate da pozze d’acqua dopo le tempeste, mentre i bambini cercano di accendere fuochi usando spazzatura, solo per scaldarsi le mani. I bambini e le donne frugano tra i cumuli di rifiuti alla ricerca di resti di cibo, a mani nude e spesso a piedi nudi, rischiando malattie e ferite da metalli taglienti ed esponendosi alla minaccia di bombe inesplose. Gaza ha ora il più alto numero di bambini amputati al mondo, con il sistema sanitario decimato e poche forniture critiche, tra cui l’anestesia.

L’ambasciatore tedesco in Israele Steffen Seibert, ha affermato che se i resoconti dei tre neonati morti per ipotermia a Gaza “Non ci commuovono, allora non capiamo la nascita in una mangiatoia a Betlemme o la luce di Hanukkah”. Lo riporta il Times of Israel. Questi drammi “dovrebbero spingerci a chiedere la fine della guerra e del terrore di Hamas, rifornimenti invernali per gli abitanti di Gaza e il rilascio completo degli ostaggi”, scrive Steffen Seibert. Nelle ultime 24 ore nella Striscia di Gaza sono rimaste uccise 38 persone, tra cui cinque reporter che lavoravano per il canale televisivo palestinese Al-Quds Today, che portano il totale dei palestinesi uccisi nella Striscia dall’inizio della guerra, nell’ottobre del 2023, a 45.399: lo dichiara il ministero della Salute di Gaza, espressione di Hamas, che aggiorna il totale di feriti a 107.940. A Gaza, la vita non è vita. Parlare di feste, regali, cenoni, fa arrossire. Di vergogna.

27 Dicembre 2024

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