5 anni di abusi e soprusi

Renzi è innocente, ma la politica resta muta: smontata l’inchiesta spinta da Il Fatto Quotidiano

Il leader di Iv e tutti gli altri imputati prosciolti per il presunto finanziamento illecito alla fondazione. Dopo tante accuse, Meloni e i 5s tacciono. In silenzio anche Schlein

Giustizia - di David Romoli

20 Dicembre 2024 alle 14:30

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Photo credits: Sara Minelli/Imagoeconomica
Photo credits: Sara Minelli/Imagoeconomica

Non è un’assoluzione. È molto di più. È un proscioglimento, un “non luogo a procedere” che chiude la vicenda del processo contro Matteo Renzi, Maria Elena Boschi, Luca Lotti, l’imprenditore Marco Carrai, il presidente della Fondazione Open Alberto Bianchi e altri ancora. Il proscioglimento arriva dopo cinque anni e già questa dovrebbe suonare come un’enormità inaccettabile. Non si può dare torto al principale prosciolto quando dice: “Non è stata fatta giustizia oggi. È stata fatta ingiustizia per cinque anni”. Ammesso che sia possibile riparare il danno d’immagine di un’indagine per finanziamento illecito che ha travolto l’intera famiglia dell’ex premier e ha certamente contribuito in maniera rilevante al crollo della sua popolarità.

Non si limita a questo Renzi. È il classico fiume in piena: “Volevano farmi fuori con un’indagine farlocca. Ho vissuto gli ultimi cinque anni da appestato. Ora ripartiamo”. Non sarà facile comunque ma è un fatto che, dopo una vicenda giudiziaria allo stesso tempo clamorosa e scandalosa, preso di mira da una legge ad personam che fa a pugni con ogni concezione del diritto, l’ex premier riesce a essere ancora in campo nonostante i rovesci elettorali. Non punta il dito solo contro il pm Luca Turco, “lo stesso che ha massacrato la mia famiglia”, ma anche contro i partiti che hanno partecipato alla campagna contro di lui: “In un mondo normale oggi Giorgia Meloni mi chiederebbe scusa per come ha cavalcato in modo vergognoso l’aggressione giudiziaria. Vorrei ricevere le scuse del M5s, della parte giustizialista del Pd, dei commentatori che hanno parlato di Open e della Leopolda senza sapere nulla di noi. Non lo faranno”.

In effetti una parte del mondo politico festeggia e si felicita con il leader di Iv. Un’altra si trincera dietro un silenzio tombale e tra i muti, forse anche perché allettata a Bruxelles con febbre alta, c’è anche la chiamata in causa Meloni. Dagli spalti di FdI si pronuncia solo il ministro Crosetto:Renzi è un implacabile nemico di questo governo. Quindi posso salutare a maggior ragione la sua innocenza ritrovata”. Ma se la premier tace e certo non si scuserà, per lei la notizia è ottima. L’ormai conclamato innocente promette di riprendere subito la sua battaglia per la giustizia e dunque appoggerà quasi certamente la riforma Nordio. Ma in ogni caso l’immagine della magistratura, già in stracci, esce malissimo dalla vicenda e ciò inevitabilmente peserà se e quando si arriverà al referendum sulla separazione delle carriere. Meloni stava dalla parte sbagliata ma incassa lo stesso.

Tra i leader della maggioranza i soli a felicitarsi rumorosamente sono Lupi e Salvini, quest’ultimo anche e in buona misura lo fa per interesse personale diretto. La sentenza per il processo Open Arms è attesa per oggi e rischia la condanna a sei anni: “Bene l’assoluzione nonostante un’odissea giudiziaria durata troppi anni. Noi siamo sempre garantisti e ora mi aspetto che Iv voti la riforma della giustizia”. Se oggi sarà condannato si può essere sicuri che sbandiererà il caso Renzi ponendosi sullo stesso piano. Se sarà assolto farà lo stesso: due casi di ingiustizia. Il silenzio di Meloni si può spiegare, tanto più che lo scontro sulla incredibile legge anti Renzi è frontale e violento: “La norma contro di me la ha voluta Meloni. Del cognome sono certo, sul nome ho dubbi”, va giù caustico l’oggetto di detta legge chiamando in causa non per la prima volta soprattutto Arianna Meloni. Molto più increscioso risulta quello di Elly Schlein. I 5S, va da sé, non si lasciano sfuggire una parola ma la loro posizione è sempre e comunque con il potere togato, anche di fronte a casi plateali ed evidenti di errore.

Il caso della segretaria del Pd è molto diverso. Dal suo partito si levano molte voci critiche nei confronti della magistratura o almeno solidali con l’ex segretario: Fassino, Delrio, Simona Malpezzi. La segreteria si fa sentire con un post di Piefrancesco Majorino: “Renzi, Boschi e tutti i coinvolti hanno subito un danno pazzesco da una vicenda che si è rivelata infondata. La politica e l’informazione più coinvolta dovrebbero riconoscerlo”.  Ma la prima a commentare e a “riconoscere” sia l’ingiustizia che il “danno pazzesco” avrebbe dovuto essere proprio la segretaria del Pd. Lei non era in campo all’epoca, non ha nulla di cui scusarsi. Ma è la segretaria dello stesso partito che Renzi guidava quando all’epoca dei fatti scattò l’indagine defunta ieri. La hanno frenata il timore di fare danno alla campagna contro la riforma della giustizia, forse anche quello di creare tensioni con i 5S o con la magistratura. Ma non c’è calcolo che basti a giustificare il silenzio che ieri ha mantenuto per ore.

20 Dicembre 2024

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