Il processo di Palermo
Open Arms, i pm chiedono 6 anni di carcere per Salvini: “Diritti dell’uomo vengono prima della difesa dei confini”
Da una parte chi rivendica che “difendere i confini non è reato”, anche a costo di impedire lo sbarco di 147 “poveri cristi” dopo una traversata nel Mediterraneo, dall’altra i magistrati che rivendicano che “tra i diritti umani e la protezione della sovranità dello Stato sono i diritti umani che nel nostro ordinamento, per fortuna democratico, devono prevalere”.
Sta tutto qui il processo Open Arms che vede imputato Matteo Salvini, leader della Lega e attuale vicepremier del governo Meloni, per quanto avvenne nell’estate del 2019: Salvini rischia fino a 15 anni di reclusione.
Il “sequestro” dei migranti sulla Open Arms
All’epoca, siamo al governo giallo-verde con i 5 Stelle di Conte, Salvini era ministro dell’Interno e padre della battaglia ai migranti e alle Ong, replicata anche in questi anni dall’esecutivo Meloni.
I fatti sono ormai noti: Salvini non concesse lo sbarco a Lampedusa della nave della Ong spagnola con a bordo 147 migranti soccorsi in tre diverse operazioni nel canale di Sicilia. Migranti che rimasero a bordo della nave per 20 giorni, sbarcati solo per effetto del sequestro preventivo della nave disposto dalla Procura di Agrigento: il ministero dell’Interno, guidato allora da Salvini, aveva infatti emanato il divieto di ingresso in acque italiane.
La requisitoria contro Salvini
Nella sua requisitoria la procuratrice aggiunta Marzia Sabella ha parole durissime nei confronti di Salvini: “Non si può invocare la difesa dei confini senza tenere conto della tutela della vita umana in mare”, ha ricordato il magistrato, con la Procura di Palermo che accusa Salvini di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio.
Quindi il sostituto procuratore Geri Ferrara ha evidenziato un fattore chiave, ricordando come “il principio chiave è quello del soccorso in mare, che viene dall’Odissea, da tempi ancestrali, persino in guerra c’è l’obbligo del salvataggio in mare a conferma dell’universalità dei beneficiari”.
Dunque “la persona in mare è da salvare, ed è irrilevante la sua classificazione: migrante, componente di un equipaggio, passeggero. Per il diritto internazionale della convenzione Sar anche un trafficante di essere umani o un terrorista va salvato poi se è il caso la giustizia fa il suo corso”.
Il magistrato ha poi ricordato quanto denunciato dall’Onu, ovvero che “la rotta del Mediterraneo centrale è la più pericolosa del mondo, è dunque prioritaria la tutela della vita dei naufraghi”, ribandendo inoltre come “Libia e Tunisia non possono essere considerati porti sicuri, come si è detto in questo processo” e come da tesi di Salvini e anche del governo Meloni.
Quanto alle responsabilità individuali del leader leghista, Ferrara nella requisitoria ha evidenziato che “quando Salvini diventa ministro dell’Interno le decisioni sulla gestione degli sbarchi e del rilascio dei pos (place of safety, ndr) vengono spostate dal Dipartimento libertà civili e immigrazione all’ufficio di gabinetto del ministro e in particolare è il ministro a decidere. Questo è l’elemento chiave”.
Chiesti 6 anni di carcere
Con questa accuse i magistrati di Palermo hanno quindi chiesto al termine di una requisitoria fiume, terminata intorno alle 17:30 dopo essere iniziata alle 10 del mattino, sei anni carcere per i fatti della nave Open Arms nei confronti di Salvini.
Per l’attuale vicepremier l’accusa è di sequestro di persona a causa del divieto di sbarco imposto ai 147 migranti bloccati a bordo della nave spagnola nell’agosto 2019, quando era ministro dell’Interno nel governo guidato da Giuseppe Conte.
Salvini non si presenta e poi attacca
E Salvini? Il vicepremier ha scelto di non essere presente in aula, rappresentato in tribunale dall’avvocato Giulia Buongiorno, ma non rinuncia a rilanciare la sua versione con un post sui social.
“Oggi a Palermo la pubblica accusa farà le sue richieste al processo che mi vede imputato per sequestro di persona. Rischio fino a quindici anni di carcere per aver mantenuto la parola data agli elettori. Rifarei tutto: la difesa dei confini dai clandestini non è reato. Avanti tutta, senza paura”, il suo pensiero affidato ai social.
La prima reazione dopo la richiesta di condanna è proprio di Salvini, con un video diffuso via social del vicepremier in cui rivendica il suo operato. Il leader della Lega Matteo Salvini affida ai social la sua “arringa difensiva”: ”
“Mi dichiaro colpevole di aver difeso l’Italia”, dice Salvini nel filmato. “Matteo Salvini, nato a Milano il 9 marzo 1973, vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno da giugno 2018 a settembre 2019. Oggi sono a processo e rischio il carcere perché in Parlamento la sinistra ha deciso che difendere i confini italiani è un reato”, è la “testimonianza” del vicepremier.
6 anni di carcere per aver bloccato gli sbarchi e difeso l’Italia e gli Italiani? Follia.
Difendere l’Italia non è un reato e io non mollo, né ora né mai. pic.twitter.com/auWMYHBqsM— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) September 14, 2024
Meloni: “Richiesta di condanna incredibile”
Alla richiesta di condanna nel mondo della politica è scoppiato ovviamente un parapiglia. Durissimo l’intervento della premier Giorgia Meloni, che ha definito “incredibile” che “un Ministro della Repubblica Italiana rischi 6 anni di carcere per aver svolto il proprio lavoro difendendo i confini della Nazione, così come richiesto dal mandato ricevuto dai cittadini”.
È incredibile che un Ministro della Repubblica Italiana rischi 6 anni di carcere per aver svolto il proprio lavoro difendendo i confini della Nazione, così come richiesto dal mandato ricevuto dai cittadini. Trasformare in un crimine il dovere di proteggere i confini italiani…
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) September 14, 2024
Per la presidente del Consiglio “trasformare in un crimine il dovere di proteggere i confini italiani dall’immigrazione illegale è un precedente gravissimo. La mia totale solidarietà al Ministro Salvini”, il messaggio affidato ai social.
Parole che fanno insorgere la segretaria del Pd Elly Schlein, che trova “inopportuno l’intervento della presidente del Consiglio Giorgia Meloni” sulla richiesta di condanna di Salvini. “Pensiamo che il potere esecutivo e quello giudiziario siano separati e autonomi. E’ un principio che si chiama separazioni dei poteri” ha detto a Umbertide. “Quindi – ha sostenuto ancora Schlein – il rispetto istituzionale imporrebbe di non commentare processi aperti. Stupisce che mentre oggi ha trovato il tempo di commentare il processo Salvini, da ieri non abbia ancora proferito una parola sul patteggiamento di Giovanni Toti”.