La rubrica Sottosopra
Così la lotta culturale può battere la logica repressiva
Nuovi reati e aumenti di pene: con la legge 1660 il governo vuole reprimere il dissenso. Se si guarda bene, questo è il comune denominatore di tutte le forze di destra in Europa
Editoriali - di Mario Capanna
Lo Stato è fatto per l’uomo, non l’uomo per lo Stato.
(A. Einstein)
Proprio nel giorno in cui si danno appuntamento a Roma migliaia di persone, per protestare contro il disegno di legge 1660 che mira a reprimere gravemente le forme di manifestazione del pensiero dei cittadini, è bene cercare di capire in profondità la “logica” che ispira e sorregge i provvedimenti restrittivi che si vuole introdurre nel codice penale. Il testo, ora in discussione al Senato (dopo essere stato approvato dalla Camera, a cui probabilmente è destinato a tornare), introduce una ventina di nuovi reati, estende aggravanti e sanzioni, e amplia le pene previste per alcuni reati già esistenti.
In breve, facendo una sintesi parziale: i blocchi stradali saranno puniti con pene fino a due anni di reclusione, un’aggravante è prevista per chi si oppone alla costruzione di grandi opere pubbliche (sottinteso: ponte sullo Stretto di Messina, Tav ecc.), diviene reato anche la protesta pacifica, sì che è punita pure la resistenza passiva (!?), sono previsti 20 anni di pena per chi protesta nei Cpr (Centri di permanenza per il rimpatrio), così pure nelle carceri ecc. Sebbene sia altamente probabile che le norme previste verranno bocciate dalla Corte costituzionale, in quanto palesemente in contrasto con i diritti sanciti dalla nostra Carta, è del tutto evidente che nel frattempo, in caso di approvazione da parte del Parlamento, le conseguenze sarebbero estremamente gravi per un’infinità di persone. Equivale a dire che ogni manifestazione collettiva del pensiero viene ad essere scoraggiata, e nella sostanza impedita, da norme restrittive e iugulanti non previste nemmeno nel codice fascista Rocco.
Opportunamente il presidente dell’associazione Antigone ha definito il ddl 1660 “il più pericoloso attacco alla libertà di protesta nella storia repubblicana”. Sono fra quelli convinti dell’inesistenza di un attuale pericolo fascista nel nostro Paese, ma credo anche che bisogna tenere gli occhi bene aperti sull’eventualità che quel pericolo possa diventare ravvicinato più avanti.
Alcuni segnali inquietano e allarmano. Quella che sta dietro il ddl 1660 è una logica decisamente autoritaria, che vede nel dissenso non un elemento vitale della democrazia – per cui la dialettica culturale, sociale, politica ne costituisce l’arricchimento – ma come una turbativa dannosa che va impedita con durezza e, possibilmente, estirpata.
È, a ben vedere, la visione di fondo che sorreggeva la dittatura mussoliniana: le differenti spinte, che animano la società, o trovano la loro sintesi nel vertice dominante (oggi non necessariamente un dittatore, ma anche un governo formalmente “democratico”) oppure vanno devitalizzate sul nascere, negando loro qualsiasi legittimità e, dunque, ricorrendo a ogni sistema repressivo per sradicarle. Senza dialettica fra le (sue) contraddizioni interne, la democrazia non esiste: eliminare quella significa rendere esangue questa, come apparve evidente durante il ventennio.
Se si guarda bene, è questo il paradigma che connota le forze di destra in avanzamento a livello europeo, nelle forme differenti ma convergenti delle pulsioni razziste, xenofobe e persino neonaziste.
Oltre che dal ministro degli Interni, il “disegno di legge sicurezza” (!) è firmato pure dal ministro di Grazia e Giustizia e da quello della Difesa. È sintomatico che Matteo Piantedosi abbia sentito il bisogno della copertura anche di Crosetto, ovvero il ministro che, oltre ad essere autorevole esponente di Fdi, sovrintende all’aumento delle spese militari, al posto di quelle finalizzate alla scuola, alle università, e ad aumentare i salari, che sono i più bassi d’Europa. Per scalzare la “logica” di Piantedosi (di Meloni e del governo di destra) occorre sì la lotta politica, ma in particolare quella culturale fra i cittadini, senza la quale la prima è insufficiente. Poiché un nuovo mondo è possibile, è fondamentale mostrarne la realizzabilità nei modi di pensare alternativi e nei nostri comportamenti di ogni giorno.