Il capo del sindacato

Landini terrorizza la destra che lo vuole linciare per non far resuscitare il sindacato

I giornali di destra non lo mollano. Lo azzannano tutte le mattine. Lo accusano di fare politica. Lui resta calmo. Parla, spiega, analizza. È una battaglia vera, questa. Tra due Italie. Poi ciascuno decide che Italia preferisce. Quella di Lollobrigida o quella della Cgil?

Editoriali - di Piero Sansonetti

5 Dicembre 2024 alle 12:00 - Ultimo agg. 5 Dicembre 2024 alle 12:29

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Photo Michele Nucci / LaPresse
Photo Michele Nucci / LaPresse

Inizia così il manifesto del Partito comunista, un celebre libretto di poche pagine, scritto da Karl Marx nel 1848: Uno spettro si aggira per l’Europa: Il comunismo. Naturalmente lo citiamo in modo scherzoso. Però l’impressione, leggendo i giornali di destra e scorrendo le dichiarazioni di molti dirigenti dei partiti di governo, accodati a Salvini, è che oggi si stia diffondendo un vero e proprio terrore, nell’opinione pubblica e nell’establishment della destra, per la presenza e l’attività di Maurizio Landini.

Qual è il timore? Semplice: che torni il grande sindacato. Quello che da metà degli anni settanta fino alla fine degli anni ottanta è stato protagonista di primissimo piano della politica italiana. Ha imposto i suoi temi, le sue idee, le sue riforme, il suo modo di vedere i rapporti sociali e anche i rapporti umani. Fu il sindacato, in quegli anni, a combattere su due fronti. La lotta per la difesa della democrazia, insidiata dal terrorismo. E il fronte riformista sul quale ebbe risultati straordinari. Impose riforme importantissime, in parte attraverso le leggi che il Parlamento approvava, soprattutto spinto dal Partito comunista, in parte firmando contratti di valore eccezionale. Non solo aumenti salariali significativi.

Basta pensare alle “150 ore”, ottenute dai metalmeccanici nel 1972 e poi estese a quasi tutte le altre categorie dell’industria. Permettevano agli operai di usare 150 ore all’anno sottraendole al lavoro per dedicarsi all’istruzione. Lo Stato pagava le scuole delle 150 ore, gli imprenditori pagavano il salario di quelle 150 ore e gli operai marciavano verso la fine dell’analfabetismo. Oppure si possono citare i Consigli di fabbrica, che nacquero anche quelli all’inizio degli anni 70, e modificarono in modo radicale la democrazia in fabbrica, i rapporti di potere, le gerarchie aziendali. Poi ci furono le grandi riforme politiche, ottenute con l’alleanza con il Pci, ma anche con il Psi e la sinistra democristiana. Sanità, psichiatria, affitti, patti agrari, aborto, stato di famiglia.

Lo spauracchio della destra: Landini

Questo teme la destra. Che è impegnata in una battaglia politica per cancellare la grande stagione del riformismo, che neanche Berlusconi e Renzi sono riusciti a radere al suolo. E per instaurare un regime politico- sociale, sorretto anche da nuovi modelli culturali, che riportino il paese a una condizione di rafforzamento delle gerarchie e dell’autoritarismo, di riduzione del welfare e dei diritti, di consolidamento del potere del capitale sul lavoro. Il rischio che torni in campo il sindacato è lo spauracchio. E questo rischio viene personificato nella figura del capo del sindacato. Landini.

Un signore di un po’ più di sessant’anni, emiliano, di famiglia povera, che andò a fare l’operaio meccanico, il saldatore, quando aveva 13 anni, che ha vissuto tutta la vita nel sindacato, e in particolare nel sindacato di punta, la Fiom (Flm negli anni settanta), che ha militato con Lama, con Trentin, con Pizzinato, con Cofferati, con Epifani e con Camusso, che ha fatto parte del Pci di Berlinguer, e che ora si impone con la forza anche personale che gli viene da una storia politica formidabile, dalle sue idee chiare e dalla coerenza assoluta.

Landini ha chiamato alla rivolta sociale. Cioè a costruire un movimento che interrompa il ciclo reazionario che il paese ha iniziato, e riporti in campo le grandi riforme. Sociali e di sistema.
Gli si sono scagliati contro. I giornali di destra non lo mollano. Lo azzannano tutte le mattine. Frugano inutilmente alla ricerca di scandali. Schiumano. Lo accusano – pensate un po’ di quale colpa! – di fare politica. Lui resta calmo. Parla, spiega, analizza. È una battaglia vera, questa. Tra due Italie. Poi ciascuno decide che Italia preferisce. Quella di Lollobrigida o quella della Cgil?

5 Dicembre 2024

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