Le piazza di Cgil e Uil
Sciopero generale, la rivolta sociale inizia oggi
Chissà se chi oggi si indigna per la “rivolta sociale” sa che la storia di questa repubblica è tutta una storia di “rivolte sociali” che non hanno minato la democrazia ma l’hanno rafforzata e hanno reso più giusta la società e più saldi i diritti.
Politica - di Redazione Web
Oggi è sciopero generale. Lo hanno dichiarato Cgil e Uil. La Cisl si è chiamata fuori anche polemizzando con gli altri due sindacati. Lo sciopero è la risposta a molti problemi. Innanzitutto a una manovra governativa che i sindacati ritengono non favorisca per niente i lavoratori. E poi anche a una situazione dell’economia molto complicata e che da parecchio tempo avvantaggia i ceti ricchi e danneggia i poveri.
Recentemente il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini ha evocato la “rivolta sociale”. E si è tirato addosso le critiche indignate dei partiti di destra e di molti intellettuali e di diversi giornali. I quali sostengono che se chiami alla “rivolta sociale” stai incitando alla sovversione. In realtà in un paese dove i profitti volano, la produttività cresce – come è stato documentato in un recente studio della Uil basato su dati Eurostat – e i salari crollano (in controtendenza con tutti gli altri grandi paesi europei) non si capirebbe proprio perché non dovrebbe essere legittima una rivolta dei ceti più deboli, e tartassati da anni.
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L’unica iniziativa che potrebbe sostituire la rivolta sociale è la rassegnazione sociale. Cioè un atto di sottomissione da parte dei lavoratori ai ceti ricchi e agli imprenditori. È quello che auspica la destra, la quale ritiene addirittura che sia suo diritto richiederlo. Perché, dice, “noi abbiamo vinto le elezioni e dunque comandiamo noi”. L’idea è quella di una democrazia che si libera dei suoi pilastri (il conflitto, il confronto, la lotta, il diritto) e diventa pura e semplice tecnica elettorale. Cioè una democrazia che non è più una democrazia. E infatti probabilmente la rivolta sociale non basta. Occorre una vera e propria rivolta politica, perché i sindacati, se sono lasciati soli e non trovano un punto di riferimento politico, perdono.
Chissà se chi oggi si indigna per la “rivolta sociale” sa che la storia di questa repubblica è tutta una storia di “rivolte sociali” – dall’occupazione delle terre, all’autunno caldo, alle battaglie dei metalmeccanici negli anni 80 – che non hanno minato la democrazia ma l’hanno rafforzata e hanno reso più giusta la società e più saldi i diritti. E anche di vere e proprie rivolte politiche che hanno prodotto grandiose riforme. Temo di no: temo che non lo sappiano. Molti pensano che la storia sia iniziata con le elezioni del 25 settembre del 2022, giorno primo dell’era meloniana.