Corti o tribunali, capriole inutili...

Salvini e Meloni alla ricerca di stratagemmi per deportare i migranti, non resta che abolire la Costituzione…

Affidare alle Corti d’appello il giudizio sui trattenimenti è insensato, dannoso (perché ingolfa sezioni giuridiche già oberate) e pure inutile: purtroppo in Italia resta in vigore la Costituzione

Editoriali - di Salvatore Curreri

19 Novembre 2024 alle 14:30

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Foto Roberto Monaldo / LaPresse
Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Cambiare l’ordine dei fattori nella (vana) speranza di cambiare il risultato: questo è il vero obiettivo dell’emendamento al decreto legge cosiddetto flussi presentato dalla relatrice Sara Kelany di Fratelli d’Italia con cui propone di trasferire la competenza sulla convalida dei provvedimenti con cui il questore dispone il trattenimento dei richiedenti protezione internazionale (o, in alternativa, la consegna del passaporto o l’obbligo di dimora) dalle sezioni specializzate dei Tribunali distrettuali alle Corte di appello.

Una intemerata sfida alla lingua: perché, con singolare inversione, le Corti di appello non saranno più, giustappunto, d’appello, cioè giudici di secondo grado ma di primo, mentre gli attuali Tribunali, giudici di primo grado, diventerebbero di secondo. Il mondo alla rovescia, ma non rispetto al Vannacci-pensiero, ma in riferimento all’ordinamento giurisdizionale finora conosciuto.
Una intemerata sfida all’aritmetica: perché, si sa, cambiando l’ordine dei fattori, se identici, il prodotto non cambia. E i fattori qui sono non i singoli giudici, come ritiene chi li accusa personalmente di voler remare contro il Governo e gli interessi nazionali senza essersi preso la briga di leggere le loro sentenze o di comprenderne la ragioni tecniche.

Qui i fattori sono le disposizioni giuridiche da applicare, guarda caso dai giudici finora pronunciatisi (tutti comunisti?) sempre interpretate nel senso del persistente contrasto tra fonti interne (decreto legge o interministeriale che sia) e fonti dell’Unione europea; contrasto da risolvere in sede europea (tramite rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia) oppure nazionale (disapplicando direttamente la fonte interna in contrasto con la superiore fonte europea). Pensare che le Corti d’appello, peraltro in composizione non più collegiale (tre giudici) ma monocratica (con il permanente rischio, quindi, di decisioni “personali”), sol perché come tali possano decidere diversamente dai Tribunali è solo frutto di una rozza visione della funzione giurisdizionale per cui ciò che conta nel suo esercizio è chi giudica e non la legge sulla cui base giudica.

Una intemerata sfida al buon andamento della giustizia: perché se un simile emendamento fosse approvato, si andrebbero ad ingolfare ancor di più le Corti di appello. Lo hanno già segnalato i ventisei loro Presidenti al ministro Nordio a proposito della disposizione che attribuisce loro la competenza in appello sulle mancate convalide dei trattenimenti dei migranti e contro le decisioni delle Commissioni territoriali chiamate a valutare le domande di protezione internazionale. Un impatto di circa 30 mila ricorsi in più, pari a circa un terzo del carico complessivo delle Corti d’appello, secondo quanto stimato dal Csm in un parere al ministero della Giustizia approvato pochi giorni fa, da decidere peraltro in via prioritaria.

Attribuire ora loro addirittura la competenza in primo grado su così delicati e, soprattutto, numerosi ricorsi significherebbe compromettere definitivamente il raggiungimento del già faticoso obiettivo, imposto dal Pnrr, di abbattere gli arretrati e ridurre i tempi di giudizio. E significherebbe gettare all’ortiche quel patrimonio di professionalità e di esperienze che le sezioni specializzate in materia di immigrazione e protezione internazionale, proprio in ragione di tale loro natura, hanno costruito in questi anni nel trattare simili delicate problematiche.

Una intemerata sfida, infine, alla Costituzione: perché, in spregio alla tutela effettiva del diritto di difesa (art. 24), si vorrebbe introdurre la regola per cui il ricorso in appello o l’istanza di sospensione del provvedimento di fermo non sospende comunque l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, con il risultato che, qualora i giudici accogliessero il ricorso, per il migrante già espulso (e magari ormai morto) sarebbe una inutile vittoria di Pirro. Io me li immagino i parlamentari della maggioranza e i funzionari del Governo affannarsi in questi giorni intorno ad un tavolo per trovare soluzioni normative che sterilizzino il più possibile l’effetto delle sentenze di questi giorni dei giudici. Ebbene sappiatelo: è tutto inutile; per quanti sforzi facciate, ci sarà sempre la Costituzione sopra di voi.

19 Novembre 2024

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