Il già presidente dello Iai
Parla Stefano Silvestri: “Con Trump Kiev in ginocchio da Putin”
«Il nuovo Presidente americano ha fretta di chiudere il conflitto e verrà incontro alle richieste iniziali di Mosca. Il vecchio continente ha paura, perché la capitolazione dell’Ucraina vorrebbe dire la fine della guerra e l’inizio di un’altra»
Interviste - di Umberto De Giovannangeli
L’America di Trump, l’Europa sotto botta. Gli scenari di guerra e le possibili mosse del presidente eletto. L’Unità ne discute con uno dei più autorevoli analisti italiani di politica estera e geopolitica: Stefano Silvestri, già presidente dello Iai (Istituto affari internazionali) e oggi consigliere scientifico. Il professor Silvestri è stato anche docente sui problemi di sicurezza dell’area mediterranea presso il Bologna Center della Johns Hopkins University e ha lavorato presso l’International Institute for Strategic Studies di Londra.
Professor Silvestri, che America è quella che ha “incoronato” Donald Trump?
È un’America insoddisfatta e spaventata. Insoddisfatta di come sono andate le cose finora, nel senso che non riceve indietro tanto quanto pensa di dover ricevere per il suo impegno internazionale. Allo stesso tempo, è un’America spaventata perché teme di perdere lo status, economico, politico, dominante, che ha sempre avuto da oltre un secolo. La larga parte di quelli che hanno votato Trump sono cittadini americani che in questo secolo si sono impoveriti, non certo arricchiti. Giustamente, dal loro punto di vista e condizione materiale, sono preoccupati, arrabbiati.
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Quanto la forza di Trump è stata accresciuta dalla debolezza dimostrata dalla sua competitor e più in generale dal Partito democratico?
Il Partito democratico è estremamente debole, perché ha puntato su tutti argomenti che non hanno realizzato la presa che loro si aspettavano. Che erano soprattutto argomenti di democrazia, di diritti civili e così via. Argomenti che hanno una grande importanza, ma alla fine è la solita storia, “It’s the economy, stupid!”, è questa la issue che ha fatto vincere Trump. Se tu hai una percezione negativa dell’economia, del tuo status sociale, del tuo lavoro, del tuo futuro, questo domina sulle preoccupazioni dei diritti civili. Mentre Trump è riuscito a mobilitare strati diversi dei più diversi ambienti elettorali americani, l’appello dei Democratici è stato soprattutto un appello – diciamo così – più “colto”, che, infatti, ha avuto più successo nelle grandi città, dove c’è una forte concentrazione di laureati, diplomati ma non necessariamente di lavoratori delle tute blu o di una middle class impoverita o comunque insoddisfatta. È curioso quanto è avvenuto.
Vale a dire, professor Silvestri?
L’elettorato che ha eletto Trump è maggioritario, socialmente, mentre quello democratico è risultato più minoritario anche perché più colto, più urbano. Se i flussi elettorali saranno confermati da analisi più approfondite, anche tra i giovani c’è stata una significativa propensione verso Trump. Non credo che fossero i giovani delle università, che sono distratti da una cultura “woke” incomprensibile al 70% degli americani, oltre che a me.
L’Europa deve temere il “nuovo” Trump?
L’Europa sicuramente si troverà alle prese con un Presidente meno accomandante e meno disponibile al dialogo di quanto è stato Biden e probabilmente quello che sarebbe stata la Harris. Quanto al dover temere Trump, credo che certe previsioni fortemente allarmiste siano esagerate, di certo, però, la propensione di Trump a risolvere rapidamente i problemi tagliando le perdite, potrebbe creare grossi problemi all’Europa. Soprattutto potrebbe aggravare i problemi che l’Europa ha già in se stessa, cioè i conflitti tra europei, le differenze di opinioni tra i governanti europei, la mancanza di capacità di coagulare una volontà comune, un progetto condiviso di identità europea. Tutto questo è già estremamente difficile tra europei e Trump lo può rendere un po’, forse tanto, più evidente.
C’è poi il problema Nato.
Indubbiamente il problema esiste, nel senso che Trump è meno favorevole alla Nato di quanto non fosse Biden. Nello stesso tempo non è che consideri la Nato del tutto inutile. Bisognerebbe vedere le cose con un minimo di distacco da questo punto di vista. Io credo che certamente Trump sarà abbastanza duro sul piano delle richieste di contributi europei ma nel complesso non vorrà andare contro la Nato. Il problema potrebbe sorgere da come si risolve la questione ucraina. È più la questione ucraina il problema della Nato che il resto. Lo è per l’America e ancor più per l’Europa.
Nel suo primo discorso da vincitore, un ispirato Trump ha proclamato: «Fermerò le guerre».
Mi sembra meglio del Cristo. Un Presidente unto dal Signore. Suppongo che si riferisse ai conflitti in cui sono coinvolti, sia pure indirettamente, gli Stati Uniti, un buon numero. Mi auguro abbia ragione. Bisogna vedere come.
Prendiamo uno dei due scenari più inquietanti: l’Ucraina.
Concludere la guerra in Ucraina è possibile se si riesce a fare un accordo con Putin. Il Presidente russo finora ha come posizione negoziale quella di volere un compromesso che s’identifichi con le sue richieste iniziali, quando ha attaccato l’Ucraina. È chiaro che se qualcuno accettasse questo tipo di posizione, ciò sancirebbe la capitolazione dell’Ucraina. Il che potrebbe porre fine ad una guerra e aprirne un’altra. Questa è una ipotesi. Altrimenti bisogna arrivare ad un compromesso. Qui occorrerà vedere chi tra Putin e Trump ha le carte migliori per imporre un compromesso. Tutto dipende dalla fretta che ha Trump e dalla capacità di resistenza, che purtroppo credo sia notevole, che ha Putin. Se riuscisse a imporre un compromesso decente, credo che si potrebbe arrivare, non dico alla pace, ma ad un armistizio tipo coreano.
E sul Medio Oriente?
In passato Trump aveva puntato su un accordo tra Israele e Arabia Saudita. Il problema è che a questo punto l’Arabia Saudita, in primis il principe ereditario Mohammad bin Salman, ha bisogno di un cambiamento della politica israeliana, altrimenti non può reggere un accordo con Netanyahu. L’altra alternativa, per Trump, potrebbe essere quella di unirsi alla crociata di Netanyahu contro l’Iran, ma questo non mi pare che vada nella direzione, declamata da Trump, di porre fine alle guerre. Significherebbe farne un’altra. Sono curioso di vedere cosa accadrà, anche perché Netanyahu è uno che chiede molti soldi agli Stati Uniti. Non credo che Trump abbia alcuna propensione ad occuparsi dei palestinesi. La sua idea originaria, che era pure una buona idea, era quella di inserire Israele nel contesto mediorientale, renderlo un Paese più mediorientale, più accettato all’interno della regione in cui vive. Ma per far questo anche Israele dovrebbe cooperare e al momento non mi pare che ne abbia intenzione.
Per tornare all’America di Trump. A molti ha colpito l’incensazione fatta al tycoon da Elon Musk. Cosa significa a suo avviso?
Posso capire che Trump lo veda come una persona molto simile a lui e anche di maggiore successo nel campo degli affari. Che ci sia sintonia tra i due non mi meraviglia. A questo c’è da aggiungere che Musk ha portato molto, non soltanto in termini di donazioni in soldi, alla campagna di Trump. Gli ha portato la nuova economia, l’economia dello spazio, l’economia del cyber, l’economia di internet, addirittura l’economia alternativa dell’elettrico. Questa non è poca roba. Perché poi Musk abbia scelto Trump? Beh, perché Musk è uno abbastanza privo di scrupoli, uno che vuole affermare le sue posizioni e Trump è il tipo di complice che gli può essere utile. I due si sposano bene.
Professor Silvestri, i progressisti che cosa dovrebbero apprendere da questa “lezione americana”?
Dovrebbero acquisire la nozione che se vuoi guadagnare un consenso pari almeno alla metà più uno dell’elettorato, devi scendere a patti con le preoccupazioni dell’elettorato stesso. Non puoi pensare di “educare” l’elettorato ai tuoi principi. Certo, li puoi proporre ma devi anche fornire delle risposte a quelle preoccupazioni. Se, ad esempio, una parte dell’elettorato è preoccupato dell’immigrazione clandestina, per quanto io concordi sul fatto che quella dell’immigrazione clandestina in termini di “invasione” sia una bufala assoluta, tuttavia devi capire qual è la preoccupazione, nel momento in cui si diminuiscono i finanziamenti per la sanità pubblica, si parla di diminuire le pensioni o comunque di non aumentarle come dovrebbero. È chiaro che tutto quello che sembra andare a favore degli immigrati clandestini, della loro accettazione e presa in cura, viene vissuto come una depauperazione delle proprie aspirazioni. Questo lo devi capire e fartene carico. E devi riuscire a ipotizzare, e praticare, politiche che lo facciano. Si guardi a quello che hanno fatto i laburisti in Gran Bretagna. Non dico che quella sia la politica giusta, ma dico che devi tenere conto di quello che ti dice l’elettorato. Non puoi pensare che l’elettorato tenga in conto soltanto quello che gli dici tu.