Politica estera

Cosa farà Trump in Medio Oriente: la guerra a Gaza e in Libano, l’alleanza con Israele, l’Iran e l’Arabia Saudita

Aveva detto: "Metterò fine al caos ed eviterò la Terza guerra mondiale". Nel primo mandato il ritiro dall'accordo sul nucleare di Teheran, il riconoscimento di Gerusalemme capitale, gli accordi di Abramo, il piano Kushner

Esteri - di Redazione Web

6 Novembre 2024 alle 13:50

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Republican presidential candidate former President Donald Trump meets with Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu, right, at Mar-a-Lago, Friday, July 26, 2024, in Palm Beach, Fla. (AP Photo/Alex Brandon)
Republican presidential candidate former President Donald Trump meets with Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu, right, at Mar-a-Lago, Friday, July 26, 2024, in Palm Beach, Fla. (AP Photo/Alex Brandon)

A Donald Trump è dedicato un insediamento israeliano nei territori occupati in Cisgiordania: porta il suo nome, “Trump Hegihts”, ed è stato inaugurato alla presenza del primo ministro Benjamin Netanyahu e del ministro estremista della Sicurezza Itamar Ben-Gvir. Non era mai successo a nessun presidente statunitense. Quando era alla Casa Bianca, il candidato repubblicano appena rieletto, aveva dichiarato legali tutte le colonie israeliane nei territori occupati, illegali invece secondo il diritto internazionale. È uno dei fatti, più che indizi, che possono dire molto su quale sarà la postura degli Stati Uniti verso il Medio Oriente e in particolare verso la guerra esplosa dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023.

“Metterò fine alla guerra in Ucraina. Metterò fine al caos in Medio Oriente ed eviterò la Terza guerra mondiale”, aveva parlato così dal palco del Madison Square Garden. Donald Trump, a differenza di Joe Biden, è notoriamente vicino al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu – proprio ieri sera, mentre il trionfo di Trump prendeva forma, il primo ministro dello Stato Ebraico ha sollevato il ministro della Difesa Yoav Gallant sostituendolo con l’attuale ministro degli Esteri Israel Katz. “Lavoreremo sulle nostre relazioni bilaterali strategiche e su una forte partnership transatlantica”, si è congratulato Netanyahu. “Un vero e caro amico di Israele e un campione di pace e cooperazione nella nostra regione”, ha detto il presidente Herzog.

Le colonie israeliane in Cisgiordania e Gerusalemme capitale

Era il novembre 2019 quando Trump cancellò l’Hansell Memorandum, un parere legale del dipartimento di stato su cui dal 1978 era basata la politica sugli insediamenti israeliani nei territori conquistati nella guerra del 1967. “Dopo aver esaminato attentamente tutti gli argomenti di questo dibattito giuridico, abbiamo concluso che l’insediamento delle colonie di civili in Cisgiordania non è di per sé contrario al diritto internazionale“, aveva annunciato il segretario di stato Mike Pompeo. La dichiarazione Usa, aveva commentato l’ufficio del primo ministro israeliano, che riflette “una verità storica: che il popolo ebraico non è colonialista straniero in Giudea e Samaria. Infatti noi ci chiamiamo ebrei perché siamo il popolo della Giudea”.

Reazioni furiose da parte dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Ancora più eco mediatica aveva suscitato il riconoscimento, nel dicembre 2017, di Gerusalemme come capitale di Israele: una mossa clamorosa considerato lo status della città santa, e per tre religioni monoteiste, divisa a metà tra l’ovest sotto il controllo di Israele e l’est che dovrebbe appartenere ai palestinesi ma che dalla Guerra dei Giorni è occupato in larga parte dallo Stato israeliano. Il Presidente diede istruzioni di trasferire l’ambasciata statunitense da Tel Aviv. L’Assemblea delle Nazioni Unite aveva criticato con una risoluzione la decisione.

L’Iran e gli Accordi di Abramo ai tempi di Trump

Altra decisione clamorosa fu il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare iraniano: nessuna chance che quell’intesa venga recuperata, resuscitata, resterà seppellita. E fu proprio sotto la presidenza Trump che in un’operazione a Baghdad, in Iraq, venne ucciso Qassem Suleimani, il generale capo delle forze Al Quds, l’unità delle Guardie della Rivoluzione responsabili delle politiche dell’Iran all’estero, deus ex machina del cosiddetto “Asse della Resistenza“. Sempre durante il suo mandato vennero negoziati gli accordi di “normalizzazione” dei rapporti tra Israele e diversi Stati arabi: gli Accordi di Abramo, firmati da Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco e Sudan.

La guerra a Gaza e in Libano, Trump: “Vincere velocemente”

Lo scorso agosto Trump aveva osservato che Netanyahu “sa quello che sta facendo” e promesso che avrebbe dato a Israele “il sostegno di cui ha bisogno per vincere, ma voglio che vinca velocemente“. Aveva criticato le richieste di cessate il fuoco di Kamala Harris, sua sfidante, perché avrebbero dato ad Hamas “il tempo per riorganizzarsi”. Quel “velocemente” può essere comunque un indizio significativo. “L’interesse di Trump per il Medio Oriente è piuttosto scarso – ha scritto l’esperto Ugo Tramballi su ISPI – soprattutto da quando gli Stati Uniti sono il primo produttore mondiale di petrolio (l’anno scorso 21,91 milioni di barili al giorno). Per il presidente repubblicano la regione ha un valore soprattutto economico”.

Gli interessi geopolitici degli USA, in quest’epoca, guardano infatti più all’Asia e all’Indopacifico che al Medio Oriente o all’Europa, la sfida aperta e a tutto campo – già nella  prima amministrazione del tycoon – era con la Cina. In Medio Oriente l’attenzione è soprattutto per l’Arabia Saudita, alleato ormai di ferro, che nel 2017 Trump scelse per il suo primo viaggio all’estero da Presidente: soltanto l’anno scorso il Regno ha speso 75,8 miliardi di dollari in armi. E poi il petrolio e gli investimenti in infrastrutture e soft power.

Che cosa aspettarsi da Trump in Medioriente, Gaza e Israele

Non è escluso insomma che il presidente americano chieda a Netanyahu di porre fine alla guerra a Gaza e in Libano. E anche di favorire la nascita di uno Stato palestinese, se non altro affinché l’Arabia Saudita riconosca lo Stato Ebraico. Già nel gennaio 2020 il Presidente aveva infatti presentato un documento di 181 pagine contenente un piano – affidato a Jared Kushner, genero del presidente americano – per risolvere il conflitto israelopalestinesi. Prevedeva: Gerusalemme “capitale indivisa” dello Stato Ebraico, gran parte degli insediamenti in Cisgiordania parte di Israele, Gerusalemme Est capitale di uno Stato palestinese “demilitarizzato” e “contiguo” con un’ambasciata americana e un tunnel che collegherà la Cisgiordania alla Striscia di Gaza. Non se ne fece niente, com’è noto. I sionisti vorrebbero carta bianca in Cisgiordania.

6 Novembre 2024

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