Entrambi i poli devono vedersela con una spina nel fianco
Elezioni in Liguria, posta in gioco nazionale: cosa rischiano Schlein e Meloni dalla sfida Orlando-Bucci
Se la regione resterà alla destra nel Pd si aprirà un processo ai veti concessi a Conte. Una vittoria della sinistra potrebbe tirare la volata all’Umbria e il 3 a 0 alle regionali sarebbe un terremoto per la maggioranza
Politica - di David Romoli
Bucci, sindaco candidato del centrodestra in Liguria, ironizza: “Il mio slogan elettorale? Vota Bucci così non senti Ranucci”. Nel centrodestra sono furibondi con la Rai per la scelta di mandare in onda Report con un servizio sulla Liguria domenica sera, a urne ancora aperte e la più furibonda di tutti è Giorgia Meloni. Il candidato però, dotato di una leggerezza che di solito a destra è la grande assente, però la prende se non a ridere almeno a sorridere e lo stesso fa con la sua malattia e implicitamente con le grevi battute dell’ex pentastellato e oggi candidato della lista Uniti per la Costituzione: “Che se ne parlasse era inevitabile ma ora sono sano e non ho nessun problema”.
Il sindaco Bucci, con la medaglia della ricostruzione del Ponte Morando appuntata sul petto, ha fatto un mezzo miracolo: un mese fa ai piani alti del Pd davano la vittoria a un passo, dopo il disastro della caduta di Toti e del suo patteggiamento al processo e consideravano probabile il 3 a 0 nelle tornate regionali di quest’anno (Emilia e Umbria le altre due). Ora la paura del 2 a 1, con la vittoria solo nel baluardo dell’Emilia, è esplicita. Entrambi i poli devono vedersela con una spina nel fianco. Per la sinistra è la lista di Morra, data per ora raso terra ma la scelta non proprio oculata di licenziare il genovese padre fondatore del Movimento Grillo a poche ore dall’apertura delle urne potrebbe portare al grillino doc qualche voto. Più probabilmente però eventuali contraccolpi negativi della cacciata di fatto dell’Elevato garante si tradurrebbero in astensioni e in una situazione di testa a testa potrebbe essere un guaio.
A destra la spina ha le fattezze di Maria Antonietta Cello candidata civica sostenuta dai dissidenti leghisti capitanati dall’ex ministro Roberto Castelli. Dovrebbero volare bassi anche loro ma una certa suspence c’è perché i leghisti della prima ora sono davvero inviperiti con Salvini, che però ha saputo sfruttare bene l’aura del martire regalatagli dal processo Open Arms. Gli ultimi sondaggi a livello nazionale vedono proprio la sua Lega crescere più di ogni altro partito. Poi c’è Renzi, e quello è uno spinone che non è capitato ma che Giuseppe Conte si è andato a cercare, convinto che la presenza dell’ex premier bastasse da sola a portare via più voti di quanti ne sommerebbe Iv al suo massimo in una regione nella quale il partito di Renzi pesa pochissimo. L’incognita è l’effetto che la decisione imposta da Conte di sbattere letteralmente fuori Renzi potrebbe avere sull’elettorato moderato e incerto, anche perché Calenda c’è ma quasi non si vede. Non a caso ha deciso, come anche Riccardo Magi di +Europa, di non partecipare al comizione del Campo di ieri.
Ma se nonostante il vantaggio iniziale garantito dalla rovinosa caduta di Toti la Liguria resterà alla destra, nel Pd si aprirà un vero e proprio processo, sotto traccia come sempre in quel partito, al diritto di veto sin qui concesso al capo dei 5S e al rallentamento che impone alla nascita di un vero e definito polo alternativo a quello di Giorgia Meloni. La sfida di FI è proprio sfruttare la debolezza della coalizione avversaria sul versante centrista e Tajani, nel comizio conclusivo, lo dice chiaramente: “La coalizione di centrosinistra si è spostata a sinistra, il candidato Orlando è un estremista di sinistra. Noi non dobbiamo prenderci voti tra noi: sarebbe inutile. Ognuno di noi deve allargare nell’area a cui è più vicino. Quella degli azzurri è il bacino degli elettori del Pd, magari ex socialisti o ex democristiani” in cerca di una nuova casa. Il Pd, poi, corre un rischio mettendo in campo un dirigente nazionale di prima grandezza ed ex ministro come Orlando. La vittoria non sarebbe solo sua, come fu per Alessandra Todde in Sardegna, ma dell’intero partito. Anche la sconfitta però.
Anche la destra si gioca molto. In Italia tutte le prove finiscono per acquistare, di solito indebitamente, valenza nazionale. Ma la Liguria ce l’ha davvero, anche se non ha torto Salvini quando denuncia il singolare silenzio che è calato su questa prova elettorale. Comunque glielo avrebbe assegnato la premier ieri, con un comizio tutto centrato sul governo nazionale dimenticando del tutto la regione in cui si vota. Per una volta Salvini è stato più efficace, più puntuale e persino più sobrio di lei. La Liguria, se conquistata dalla sinistra potrebbe tirare la volata all’Umbria e l’eventuale 3 a 0 sarebbe per la maggioranza un terremoto. Ieri tutti i leader hanno esaltato le differenze che, in una coalizione “politica e non elettorale”, è una ricchezza. La batosta nei prossimi mesi renderebbe quelle differenze centrifughe e se le regionali dei prossimi mesi saranno per il centrodestra una batosta o una vittoria dipende soprattutto dal voto di domani.