La Marina militare li porterà in Italia
Perché sono stati liberati i migranti che della sceneggiata d’Albania, la sentenza
Il Tribunale di Roma rispetta la sentenza della Corte di giustizia europea e non convalida il fermo dei naufraghi deportati. Caduta la procedura accelerata, cade il trattenimento
Cronaca - di Angela Nocioni
Le dodici cavie umane dell’esperimento Meloni sono libere. Impossibile rinchiudere come clandestini in una cella di un Centro per il rimpatrio i dodici prigionieri della sceneggiata d’Albania.
Al loro arrivo oggi in un porto pugliese su un mezzo della Marina militare andranno, da liberi, in un centro per richiedenti asilo.
In base al rigetto deciso ieri dal Tribunale di Roma non c’è più un titolo per tenerli in stato di fermo. Perché non è stato convalidato il trattenimento, come impone la Corte europea di giustizia che il 4 ottobre ha stracciato la lista italiana dei finti Paesi sicuri e, di conseguenza, la procedura accelerata per rimbalzare migranti indietro. (E’ la Corte europea di giustizia che ha stracciato la lista italiana dei Paesi sicuri, non un tribunale italiano. Giorgia Meloni finge di non saperlo). Sarà impossibile anche fermare quei migranti una seconda volta, utilizzando il decreto 145 dell’11 ottobre, per sottoporre poi il fermo a un giudice di pace invece che a un Tribunale. I dodici, provenienti dal Bangladesh e dall’Egitto, resteranno in Italia quali richiedenti asilo fino a quando non diventerà definitiva la decisione di rigetto della loro domanda. Hanno 14 giorni di tempo per impugnare il provvedimento.
Quindi la nostra Marina militare, dopo aver caricato il 13 ottobre nottetempo sugli 81 metri della nave Libra i naufraghi ed averli deportati da poche miglia a sud ovest di Lampedusa (quante esattamente?) fino al porto albanese di Shengjin, è stata spedita a riprenderli dalle celle in cui erano tenuti sequestrati e deve farli scendere ora a terra in Italia da liberi. Nonostante con la velocità di un fulmine ieri mattina il governo, tramite le commissioni territoriali, avesse già rifiutato la protezione internazionale e notificato l’espulsione. Prima ancora che iniziasse l’udienza di convalida del trattenimento dei richiedenti asilo presso la Sezione specializzata per l’immigrazione del Tribunale di Roma. Una saetta. Una forzatura necessaria ad allestire la scena perché Giorgia Meloni potesse fare la parte della premier “cattura migranti”, senza lasciare tutta la scena a Salvini.
E così ieri mattina, mentre la superiore civiltà palermitana lasciava Matteo Salvini solo, in una desolata piazza Politeama vuota a difendersi dall’accusa di sequestro di persona nel processo Open Arms (i ministri della Lega c’erano a Palermo, per forza o per amore gli è toccato esserci, di militanti in trasferta a sostegno del capo invece neanche l’ombra) Giorgia Meloni brigava per intestare al suo governo un’accusa di sequestro di persona con deportazione in Albania. Perché tutta la penosa sceneggiata serve alla presidente del Consiglio non solo a poter imputare alle “toghe rosse” il fallimento della sua campagna d’Albania, ma soprattutto a non fare a Salvini il regalo di poter urlare in solitudine: i giudici comunisti mi perseguitano ma io non mollo. E no! La guerra ai naufraghi è un bottino di voti che Fratelli d’Italia non può lasciare alla Lega, non tutto perlomeno. E quindi da Beirut la presidente del Consiglio, pur di non perdere il treno degli slogan a caccia di consenso, arriva a dire addirittura: “Non credo sia competenza della magistratura definire quali sono Paesi sicuri e quali no. E’ competenza del governo quindi credo che il governo debba chiarire meglio cosa si intende per paese sicuro”.
A parte il Consiglio dei ministri di lunedì prossimo annunciato dalla premier “per approvare delle norme che servono a superare quest’ostacolo”, sulla impossibilità di riattivare sul suolo italiano un fermo che possa rimettere quei dodici migranti in cella, la sentenza del tribunale di Roma chiara: “L’insussistenza del presupposto necessario per la procedura di frontiera e per il trattenimento determina l’assenza di un titolo di permanenza del richiedente protezione nelle strutture di cui all’art. 4, comma 1, del Protocollo e all’art. 3, comma 4, della Legge di ratifica. Il giudizio di convalida dei trattenimenti è uno strumento di garanzia, necessaria per principio costituzionale, dello status libertatis, che deve, quindi, essere riacquisito in caso di non convalida. Le prescrizioni del Protocollo, fra cui l’art. 4, comma 3, e l’art. 6, comma 5, secondo i quali, rispettivamente, «Nel caso in cui venga meno, per qualsiasi causa, il titolo della permanenza nelle strutture, la Parte italiana trasferisce immediatamente i migranti fuori dal territorio albanese» e «Le competenti autorità italiane adottano le misure necessarie al fine di assicurare la permanenza dei migranti all’interno delle Aree, impedendo la loro uscita non autorizzata nel territorio della Repubblica d’Albania, sia durante il perfezionamento delle procedure amministrative che al termine delle stesse, indipendentemente dall’esito finale», comportano che in caso di non convalida del trattenimento e di mancanza del titolo di permanenza nelle strutture albanesi, come nel presente caso, lo status libertatis può essere riacquisito soltanto per il tramite delle Autorità italiane e fuori del territorio dello Stato albanese, delineandosi di conseguenza, in assenza di alternative giuridicamente ammissibili, il diritto del richiedente protezione a riacquisire lo stato di libertà personale mediante conduzione in Italia”.
Quindi, una volta caduto il presupposto della procedura accelerata che è la provenienza da paese sicuro (presupposto demolito dalla Corte di giustizia europea, non dal Tribunale di Roma che aveva l’obbligo di rispettare il dettato della Corte) cade tutto. La procedura per l’esame delle domande dei dodici migranti deve essere comunque una procedura ordinaria. E i dodici sequestrati devono essere liberati. Rimane un elemento da chiarire, e i mezzi militari sotto Lampedusa la notte del trasbordo dei naufraghi sulla Libra, anche se viaggiano col sistema Ais spento e quindi non sono tracciabili, conoscono la risposta a questa domanda: dove esattamente sono stati prelevati dalle imbarcazioni i migranti caricati poi sulla Libra? Nelle nostre acque territoriali o proprio a cavallo con quelle internazionali in Sar italiana? C’è qualcuno della Marina italiana che si vergogna di coprire una deportazione e, per amor di patria, risponde?