La proposta del Pontefice
Patrimoniale per i super ricchi, se serve Papa Francesco per dire una cosa di sinistra
Senza distruggere le capacità di spese dei ricchi si potrebbe fare una buona redistribuzione. Possibile che ci sia solo il papa a chiedere una cosa così semplice, e che in nessun modo colpirebbe l’industria né tantomeno i principi liberali?
Editoriali - di Piero Sansonetti
Il Papa ha proposto una tassa patrimoniale. O comunque un significativo aumento delle tasse per i più ricchi. Strappando, per una mattina almeno, lo scettro dei partiti di sinistra che – salvo un piccolo accenno di Enrico Letta un paio di anni fa, subito ritirato – non hanno mai avuto il coraggio di dire questa cosa che pure è così semplice e così logica. Ha detto il Papa: “Quella piccolissima percentuale di ricchi e miliardari che detengono tanta parte della ricchezza globale accetti di mettere in comune le proprie risorse, pagando più tasse, per venire incontro ai poveri, che non possono aspettare, e al ceto medio che stenta ormai anche a pagare l’affitto”.
L’alternativa a questa cultura dello scarto, spiega papa Francesco incontrando i Movimenti Popolari in un convegno ideato dal Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale, è la violenza: prima verbale, poi fisica, poi la “guerra di tutti contro tutti”. “Se la gente non ha un salario adeguato la logica dello scarto si farà strada, con la violenza della desolazione. Sfortunatamente spesso sono i più ricchi quelli che si oppongono alla giustizia sociale e all’ecologia integrale per pura avarizia, che viene nascosta ma è avarizia pura. Fanno pressioni sui governi. Il Diavolo entra sempre dalle tasche: è un detto spagnolo”. Invece, ha aggiunto, “dovrebbero esserci più tasse per i milionari. È vero, chi ha di più dovrebbe aprirsi alla condivisione. Se questa piccolissima percentuale di miliardari fosse propensa a condividere – non cedere, ma condividere – in modo fraterno, sarebbe bene per tutti. Chiedo ai privilegiati del mondo di compiere questo passo”.
Voi immaginatevi se un discorso del genere lo avesse pronunciato un esponente del centrosinistra in Parlamento o in televisione. Cosa gli avrebbero tirato appresso! “Comunista, guevarista, madurista, forse anche putinista e amico di Hamas…”. Il Papa ha toccato un punto molto serio della politica, ma sempre nascosto. Anche dalla sinistra. Non è possibile nessuna riforma seria se non si mette mano agli eccessi delle differenze abissali dei redditi. Leggete solo queste poche cifre fornite da un serissimo istituto di ricerca americano (Il Boston Consulting Group). In Italia ci sono 455mila ricchi che possiedono più di un milione di ricchezza finanziaria. Poi ci sono altre 2300 persone che posseggono addirittura più di 100 milioni di ricchezza finanziaria. Questa ricchezza è tassata al 26 per cento, mentre un lavoratore benestante che guadagna 5 o 6000 euro al mese paga di tasse quasi la metà del suo reddito dal lavoro lordo. Voi immaginate che se solamente si decidesse di equiparare la quota di tasse che pagano i ricchi per la ricchezza finanziaria (né da impresa né da lavoro) a quelle da lavoro o da impresa, quindi raddoppiando l’aliquota per la ricchezza finanziaria dei milionari, cosa succederebbe.
Solo con l’aumento delle tasse dei super-ricchi lo Stato incasserebbe una sessantina di miliardi. E ai più poveri dei super-ricchi resterebbero circa 50 milioni, o forse 75, coi quali si potrebbero anche permettere qualche lusso. Se poi si tassassero anche i milionari semplici, cioè quelli che hanno una ricchezza finanziaria compresa tra un milione e cento milioni, a occhio si potrebbero raggranellare un altro centinaio di miliardi. Forse di più. Capite bene che senza distruggere le capacità di spese dei ricchi si potrebbe fare una buona redistribuzione. Possibile che ci sia solo il papa a chiedere una cosa così semplice, e che in nessun modo colpirebbe l’industria né tantomeno i principi liberali?